I PFAS, anche conosciuti come aicidi perfluoroacrilici, sono acidi particolarmente potenti e resistenti, tanto da essere difficilmente soggetti ai maggiori processi naturali di degradazione. Sostanze nocive molto impiegate nelle industrie e che non muoiono in esse, anzi: arrivano nel sangue di chi vive nei dintorni. Proteste, battaglie, ingente inquinamento e rischi per la salute palesati da esperti e attivisti, ma solo ora – forse – gli abitanti di Spinetta Marengo (Alessandria) potranno essere maggiormente tutelati. Il “conto” però i cittadini l’hanno già pagato: il loro sangue è contaminato e a darne prova è stata un’indagine del Policlinico universitario CHU (Centre hospitalier universitaire) e dell’Università di Liegi, finora tenuta segreta. I soggetti esaminati, tutti residenti nell’area abitativa a ridosso della multinazionale belga Solvay (azienda leader mondiale per la produzione di sostanze chimiche) hanno alti livelli di PFAS nel sangue. Sostanze perfluoroalchiliche dimostrate essere tossiche per la salute umana ma anche per l’ambiente, a cui ormai da troppo tempo i cittadini sono esposti, nonostante continui atti di dissenso.
È dagli anni Ottanta che è stato notato un possibile impatto negativo dello stabilimento sul territorio e sulla salute, ma per molto tempo le informazioni sulla reale dannosità di certe sostanze sono state celate. Nel tempo esami e studi hanno dato prova scientifica della dannosità del sito, acquistato “solo” nel 2002 da Solvay che si è concentrata nella produzione di prodotti fluorurati. Dalle verifiche sono seguite azioni concrete, fino a un lungo processo contro la multinazionale belga ma anche contro Ausimont, l’azienda chimica proprietaria dello stabilimento prima del 2002. L’iter processuale ha avuto inizio nel 2009, ed è terminato solo a fine 2019 per dimostrare come le società fossero colpevoli di avvelenamento doloso e omessa bonifica. Solo tre soggetti sono stati condannati per il reato di disastro ambientale colposo, una metamorfosi del reato che per quanto grave è riuscito ad alleggerire le accuse e le conseguenze ben più serie mosse contro Ausimont e Solvay. Eppure era già stato dimostrato come diversi veleni dello stabilimento trovati nelle acque di Spinetta fossero causa di un incremento di tumori nell’area.
Lo studio appena pubblicato conferma ora un ulteriore danno alla salute degli abitanti dell’area. Specialmente per ciò che concerne un particolare tipo di PFAS, il PFOA, sono stati riscontrati valori preoccupanti nelle oltre 50 persone prese in esame. Anche rispetto alla vicina Alessandria, i soggetti più esposti al PFOA sono risultati coloro che vivono a Spinetta Marengo. Nello specifico, per PFOA si intende un particolare tipo di PFAS a catena lunga, ormai meno impiegato nell’industria ma che è stato utilizzato per diverso tempo come impermeabilizzante. I valori attestano un’esposizione di addirittura dieci volte maggiore per i lavoratori dell’azienda rispetto agli abitanti di Alessandria. Ad oggi l’utilizzo del PFOA è vietato ma questo non muta in alcun modo la situazione di chi è stato per tempo esposto alla sostanza nociva. Anche da alcune verifiche svolte nel 2020, era stata trovata una particolare presenza di PFOA nell’aria, nonostante la produzione fosse ufficialmente cessata nel 2013.
E gli attuali risultati delle analisi del sangue parlano chiaro: per i 50 soggetti cui 31 vivono subito vicino alla fabbrica e 21 oltre 3 chilometri da Alessandria, sottoposti anch’essi alle analisi per avere un termine di paragone, essere ulteriormente esposti agli acidi perfluoroacrilici è particolarmente pericoloso, motivo per cui i ricercatori sottolineano l’importanza di “Eliminare specifiche fonti di esposizione”. Nonostante Slovay non abbia fornito gli standard analitici per effettuare le indagini nella maniera più compita possibile, gli studiosi sono riusciti a risalire ai PFAS attualmente prodotti: C6O4 e Adv 7800.
“Tutti elementi che dimostrano come una delle armi di Solvay di incolpare inquinanti antecedenti sia ormai spuntata. L’inquinamento riscontrato è presente esclusivamente nel gruppo di Spinetta, ed è dovuto sia al PFOA che all’ADV, prodotto solo da Solvay. Possiamo quindi affermare con una certa sicurezza che la causa di esposizione maggiore sia l’attuale attività di Solvay» ha spiegato la portavoce del Comitato Stop Solvay, Viola Cereda, sostenuta da comprovati risultati scientifici. Dopo il confronto con il team di ricercatori belga, dal Comitato si aspettano ora un’importante manovra da parte degli organi competenti, che parta da un controllo maggiore fatto di monitoraggio, screening e attente analisi e arrivi a una salvaguardia certa dell’ambiente e della salute dei cittadini. Viene da sé che la messa in sicurezza dell’area non avverrà fino a quando Solvay continuerà a inquinare senza reali limitazioni.
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