Nelle scorse ore, è stato votato in Tunisia un referendum che legittima la nascita di una nuova Costituzione, incentrata sulla figura del suo presidente, Kais Saied, protagonista del “golpe silenzioso” che un anno fa ha avviato il Paese verso l’autoritarismo. Il 25 luglio 2021, infatti, Saied ha sollevato il primo ministro Hichem Mechichi dal suo incarico e congelato il Parlamento, promettendo al popolo una serie di “riforme rapide”. A un anno di distanza sono arrivati i primi risultati: secondo l’exit poll di Sigma Conseil, una società di sondaggi tunisina, il 92,3% degli elettori ha sostenuto la nuova Costituzione. Tuttavia, a presentarsi alle urne è stato soltanto il 25-30% degli aventi diritto (circa 9 milioni di cittadini), con l’opposizione che ha scelto di boicottare il voto. Vista l’assenza di un quorum, la nuova Costituzione – che cancella la struttura parlamentare del Paese a favore di un regime in cui il presidente ha ampi poteri – verrà comunque adottata.
I partiti e i cittadini che si oppongono al presidente Kais Saied temono la svolta autoritaria del Paese, sulla scia del regime di Zine el-Abidine Ben Ali, fuggito all’estero sotto la pressione delle piazze il 14 gennaio 2011, nel pieno della Primavera Araba. La nuova Costituzione permetterà a Saied, che nell’ultimo anno ha concentrato su di sé il potere di governare e legiferare e preso il controllo della magistratura, di dimettere in modo arbitrario l’esecutivo, primo ministro compreso. Il governo, inoltre, non necessiterà della fiducia dei parlamentari (seguendo l’impianto del presidenzialismo), che potranno comunque aprire una crisi e costringere i ministri a dimettersi, a patto della maggioranza dei due terzi. Ad ogni modo, sia la magistratura sia il Parlamento saranno subordinati all’esecutivo e al presidente. «I loro poteri e le loro competenze di organi di controllo sono stati indeboliti o rimossi del tutto. Le garanzie per la separazione dei poteri e l’indipendenza della magistratura sono state annullate», ha dichiarato il direttore del programma Medio Oriente e Nord Africa presso la Commissione internazionale dei giuristi Said Benarbia. A questo si aggiungono poi i dubbi sulla tenuta dello stato di diritto, con la violenza contro i manifestanti anti-referendum e i processi ai membri dell’opposizione a fare da monito. Inoltre, secondo la nuova Costituzione, la polizia sarà subordinata e responsabile esclusivamente nei confronti del presidente, minando i principi di giustizia e di certezza del diritto.
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