“Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto in Parlamento a favore della proposta della Commissione europea che prevede la possibilità di finanziare gas e nucleare come fonti di energia pulite”: Antonio Tajani è raggiante dopo che l’Europarlamento ha approvato la Tassonomia verde per la transizione energetica su cui il Partito Popolare Europeo ha messo sempre una grande ipoteca.
La vittoria dei Popolari sulla tassonomia
Trattandosi di una risoluzione di obiezione (per bocciare il provvedimento proposto dalla Commissione) presentata dalle sinistre europee era necessaria la maggioranza assoluta del Parlamento europeo, ossia 353 voti.
L’obiezione ha visto però esprimersi a favore solo 278 deputati, 328 hanno votato contro e 33 si sono astenuti. A favore della proposta di tassonomia si sono schierate le frange dei liberali di Renew Europe centrati sui macroniani francesi, in trincea a difesa dell’inclusione del nucleare, il Partito Popolare Europeo che ha già dato battaglia sull’auto elettrica, larga parte dei gruppi sovranisti e i conservatori polacchi di Diritto e Giustizia, che guidano il governo più antirusso dell’Ue.Tra i partiti italiani Forza Italia, Lega e Fdi hanno votato a favore della tassonomia. Pd e M5s si sono espressi invece contro, così come buona parte delle sinistre europee.
“Ha vinto la linea di Forza Italia e del Partito popolare europeo”, ha dichiarato Tajani. “È un peccato che la sinistra abbia deciso di non sostenere il progresso, inseguendo un ambientalismo ideologico che rischia di provocare un grave danno alla nostra economia”, ha aggiunto Tajani, spiegando che “nel momento in cui c’è un’inflazione che crea enormi problemi ai cittadini italiani ed europei servono azioni coraggiose e quella di oggi è stata una scelta coraggiosa che va nella giusta direzione”.
L’Ucraina approva
Sull’applicazione futura della tassonomia “verde” per la transizione energetica europea, approvata oggi dall’Europarlamento, è arrivato nelle scorse ore un appoggio esterno inatteso: quello dell’Ucraina. German Galushchenko, Ministro dell’Energia nel governo di Volodymyr Zelensky, ha scritto infatti una documento sintetico e inviato una lettera alla presidente della Commissione Problemi economici dell’Europarlamento, Irene Tinagli del Partito Democratico, spiegando che per Kiev la concretizzazione della proposta di tassonomia per la transizione è strategica in vista di un possibile ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Questo nonostante la proposta contenga esplicitamente il gas naturale, “cassaforte” con cui la Russia finanzia l’invasione del Paese.
Non è così strano come possa sembrare, anche se questa lettera contraddice le precedenti dichiarazioni del presidente Zelensky che chiedevano all’Ue di smettere di finanziare la guerra in Ucraina acquistando combustibili fossili russi, compresi gas e petrolio. Come sottolineato in precedenza, il conto pagato dall’Ue per finanziare la macchina bellica russa è ammontato, sino ad ora, in oltre 500 milioni di euro al giorno in acquisti energetici. Del resto, situazione paradossale, nonostante il conflitto tra i due Paesi la Russia non ha mai cessato completamente il flusso di gas attraverso il Paese invaso. Dai due punti di entrata di Velke Kapusany e Sudzha il gas russo in Ucraina fluisce con oltre 78 milioni di metri cubi al giorno. Ma l’Ucraina, in vista del possibile ingresso futuro nell’Ue e di necessità di finanziamento copiose per la ricostruzione, non può entrare in una partita in salita per la transizione che la vedrebbe soccombere.
La produzione di materie prime energetiche ucraine si limita, essenzialmente, al carbone e a poco gas nel Donbass conteso; la partita europea per la diversificazione delle fonti russe di energia può coinvolgere anche Kiev che ha recentemente integrato il suo mercato elettrico con quello europeo. Inoltre, la proposta di Ursula von der Leyen contiene anche, su iniziativa francese, il nucleare come risorsa “verde” utile alla transizione, fattispecie che può aiutare l’Ucraina che dispone di diverse centrali.
L’ambientalismo pragmatico di Kiev
“L’Ucraina condivide gli obiettivi del Green Deal europeo, tuttavia deve ammettere che il gas potrebbe ancora essere necessario come combustibile di transizione”, si legge nel documento redatto da Galushchenko, che prosegue evidenziando come “l’inclusione del gas nella tassonomia sia un elemento importante del sicurezza energetica in Europa” a cui, a suo avviso, anche la disponibilità ucraina di energia nucleare può contribuire.
Pure in un contesto che vedeva Kiev intenta a sviluppare, prima della guerra, una crescente capacità di generazione fotovoltaica e eolica (8,6 GW di potenza, con obiettivo di raddoppio al 2030), l’Ucraina ritiene che solo il nucleare e una transizione pragmatica fondata sul gas possano aiutare a conformare il Paese agli obiettivi di decarbonizzazione. “L’Ucraina”, ha scritto il ministro, “ritiene che un’energia nucleare sicura, priva di emissioni di carbonio e affidabile potrebbe essere una delle opzioni più efficaci che gli Stati membri dell’Ue scelgono per porre fine alla loro dipendenza dal gas russo e frenare i prezzi elevati dell’elettricità in Europa”, a cui l’Ucraina vuole contribuire con 14 GW di potenza installata nelle sue centrali..
In quest’ottica, l’Ucraina si trova a sostegno di uno strano e eterogeneo asse interno al Parlamento europeo che ha fermato oggi i tentativi dei progressisti di dirottare la tassonomia su un binario morto. Contrarie invece le formazioni Verdi e della Sinistra radicale, ma soprattutto il Partito Socialista Europeo di cui fanno parte diverse formazioni che hanno, a vario titolo, denunciato con forza l’invasione russa e promosso azioni di contrasto a Mosca in sostegno a Kiev. Schierati contro anche il Partito Socialdemocratico Finlandese della premier Sanna Marin e l’omologo svedese della collega Magdalena Andersson, recentemente rivoltesi proprio al caso ucraino per chiedere l’ingresso dei propri Paesi nella Nato. Sull’energia, dunque Kiev si inserisce trasversalmente a un dibattito che spacca l’Europa portando la sua caratteristica chiave: quella di un Paese in via di sviluppo a basso reddito, con chiare criticità e punti di forza che vanno sfruttati al massimo.
L’Ue resta lontana
La realtà dei fatti dice che l’Ucraina non può permettersi utopie e accelerazioni nel suo percorso energetico. E anche se invasa e sotto assedio, sa che il rischio di breve periodo di un rimbalzo dell’export gasiero russo verso l’Europa vale l’obiettivo di medio-lungo termine di sostenere, in caso di ingresso nell’Ue, un processo che altrimenti sarebbe troppo accelerato per la sua fragilissima economia.
A contare è il dato politico: Kiev entra a gamba tesa nel dibattito, aggiungendo inoltre di voler condividere la sua capacità di stoccaggio gas e di pressare Paesi come la Germania circa la loro contrarietà alla tassonomia. Parla dunque a pieno titolo da membro dell’Ue pur senza esserlo: ma questo può, in prospettiva, ingannarla circa un avvicinamento che ad oggi nessuno a Bruxelles vuole, concretamente, concretizzare in tempi brevi.
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