Shōjo-Rivoluzione, i 50 anni di Lady Oscar

giu 8, 2022 0 comments


Di Nino Giordano

“Grande festa alla corte di Francia, c’è nel regno una bimba in più”: così iniziava la sigla di Lady Oscar, cartone animato giapponese che arrivò su Italia 1 il primo marzo 1982. Mai più ingannevole fu una sigla nel presentare un anime. Il titolo si rifaceva a quello internazionale con il quale era uscito anche il film dal vivo di Jacques Demy, e le note da minuetto dei Cavalieri del Re lasciavano intendere una storia allegra e gioiosa. Ovviamente, per chi c’era, fin dalla prima scena (una madre che dà alla luce l’ennesima bambina e un padre che decide di crescerla come un maschio) si capisce che non siamo per niente nel fantastico mondo della corte di Francia, ma nelle psicosi di un generale che, in pieno ancien régime, cerca un erede e non riesce ad averlo, quindi sacrifica un’innocente bambina in nome della carriera militare. Quasi un horror. Andrà peggiorando, sappiatelo.

Oscar cresce come un maschio: viene addestrata per diventare un ufficiale dell’esercito francese e, nel giro di qualche tempo, anche guardia personale della futura regina di Francia, Maria Antonietta. Oscar è consapevole, ma già alla fine del primo episodio, adolescente, chiede all’amico fidato André perché da grandi si debbano compiere delle scelte e non si possa continuare a giocare spensieratamente come da bambini.

Questo in Giappone avveniva il 10 ottobre 1979. No, non sono 50 anni. Quindi? Di cosa stiamo parlando? Come fa Lady Oscar a compiere 50 anni se ne sono passati solo 44? La soluzione è molto semplice: il cartone animato che è uscito in tv deriva da un fumetto nato dalla mente di Riyoko Ikeda che iniziò la sua pubblicazione il 21 maggio 1972 sulla rivista Margaret, pubblicata da Shueisha.


Margaret era al tempo una rivista per ragazze su cui comparivano manga abbastanza semplici. Le storie erano molto basiche e gli autori erano perlopiù maschi. Uno dei manga più famosi era Hela Supergirl di Shotaro Ishinomori (autore anche dei Cyborg 009) ma di sicuro non attraeva il pubblico delle ragazzine, anche se gli editor dell’epoca si intestardivano sul fatto che a queste piacessero solo i manga semplici con storie brevi o ambientate tra i banchi di scuola. E questo per qualche anno è stato uno status inamovibile, anche se nel 1968 Chikako Urano proprio sulle pagine di Margaret presentò Attack N.1, un manga con una storia articolata che poi si tradurrà nel capostipite degli anime shōjo (per ragazze) sportivi, e che da noi è stato un grandissimo successo col titolo Mimì e la nazionale di pallavolo. Poi è arrivato il Gruppo 24. E qui comincia un nuovo capitolo della storia dei manga.

Il gruppo 24 più una!

Il cosiddetto Gruppo 24 era un collettivo di autrici tutte accomunate dall’anno di nascita 24 dell’era Showa che nel calendario occidentale corrisponde al 1949. Le esponenti più famose sono Keiko Takemiya e Moto Hagio. Queste autrici, intenzionate a dare al manga shōjo la dignità che meritava, rivoluzionarono tutto: le ambientazioni non erano più il Giappone classico o contemporaneo ma si svolgevano in lontani paesi europei o in mondi fantasy, i temi erano diversi dalle consuete storie d’amore o da commedie come Lo specchio magico o la già citata Hela Supergirl, perché l’attenzione era focalizzata sull’identità, sull’amore omosessuale, sui problemi della crescita, sul significato dell’essere vivi. La rivoluzione avveniva anche tramite la rappresentazione grafica: la tipica gabbia dei manga veniva completamente stravolta in favore di una rappresentazione delle emozioni quasi cinematografica, i personaggi rompevano i bordi delle vignette, i loro occhi esprimevano sentimenti che si alternavano di continuo. 

Per anni, la stessa Riyoko Ikeda è stata considerata parte del gruppo; in realtà, la futura autrice di Lady Oscar era solo un’amica stretta di Moto Hagio, ed era inoltre leggermente più grande rispetto alle ragazze del Gruppo 24 perché nata nell’anno 22 (1947. Ironia della sorte, dell’anno 24 è invece la sorella della Ikeda, che a quanto se ne sa è totalmente disinteressata ai manga). In ogni caso, la biografia della Ikeda è avvincente come quella delle sue eroine: nata da una coppia che osteggiata dalle famiglie di provenienza (la madre discendente di un samurai, quindi nobile, il padre reduce di guerra e figlio di un biciclettaio, quindi del ceto medio) è la prima di quattro figli. Il suo sogno all’inizio è fare la musicista, ma in seguito all’incontro con la letteratura russa decide di diventare una romanziera (le influenze dei russi si sentiranno specialmente ne La finestra di Orfeo del 1975); si ritrova infine a fare la mangaka dopo aver fatto la cameriera per pagarsi gli studi, dato che i genitori le tagliano i fondi quando lei decide di entrare nella sezione giovanile del Partito Comunista giapponese.

Nel 1967 Riyoko Ikeda esordisce su Shojo Friend con Bara-Yashiki no shojo (“La ragazza della casa delle rose”). Il tratto è ancora acerbo e si rifà a quello di Osamu Tezuka, il dio dei manga e vero padre del manga moderno. Le influenze tezukiane saranno ben chiare anche nelle prime pagine di Versailles no Bara, quel “Le rose di Versailles” che in Occidente diverrà Lady Oscar, nonché nello stesso personaggio principale del manga (come non ricondurre la figura di Oscar a quella della Principessa Zaffiro?). In ogni caso, grazie a Versailles no Bara Ikeda non solo riuscirà a farsi una carriera fumettistica invidiabile, ma nel 2008 otterrà in Francia la Legione d’onore per il contributo che lei, una giapponese, ha reso alla diffusione nel mondo della stessa cultura francese.

Le rose di Versailles: rivoluzionare il manga per ragazze

L’idea per un manga ambientato alla corte di Francia venne a Ryoko Ikeda dopo aver letto la biografia di Maria Antonietta di Stefan Zweig che narrava la vita dell’ultima sovrana di Francia non più nella chiave spietata e complottista con cui l’avevano dipinta tutti i precedenti biografi e storici, bensì con un occhio rivolto alla sfortuna e all’ingenuità di una ragazzina il cui destino ha voluto che diventasse una regina troppo acerba.
Quando Ikeda propose una storia ambientata alla corte di Versailles alla redazione di Margaret, composta da uomini che del mondo femminile sapevano poco e niente, l’idea venne sulle prime bocciata; “le ragazze non capirebbero una storia ambientata in un posto così lontano geograficamente e nel tempo”: queste furono le parole che nel 1972 Ikeda si sentì rivolgere. Fu solo la sua testardaggine e furbizia a far sì che il manga vedesse la luce: l’accordo era che se la serie non avesse avuto successo dopo i primi capitoli sarebbe stata interrotta.

Il primo capitolo inizia tra le atmosfere fiabesche della corte di Maria Teresa d’Austria: presenta una sbarazzina Maria Antonietta al centro di numerose gag, e rende chiaro sin dalle prime pagine chi sono i protagonisti della storia i cui destini saranno destinati a intrecciarsi a Versailles, cioè la stessa Maria Antonietta, il conte Fersen (che per diversi storici fu suo amante anche nella vita reale), e solo in seconda battuta un personaggio di finzione di nome Oscar Françoise De Jarjayes. Anche il titolo Versailles no Bara che è traducibile tanto con “La rosa di Versailles” quanto con “Le rose di Versailles” non è centrato su Oscar ma sulle donne che gravitano a corte, dalla Contessa Du Barry passando per la Polignac, Jeanne e Rosalie: tutte accomunate dal destino delle rose, nate fiere e sgargianti, che fioriscono nobili e appassiscono in bellezza (come recita la sigla originale del cartone animato).

Non varrebbe neanche la pena scriverne, ma il resto è storia: fin da subito le lettrici di Margaret impazziscono per la serie e, come è prevedibile, il personaggio favorito da chiunque diventa immediatamente Oscar. Nata donna, cresciuta come un maschio, ispirata nelle fattezze a Björn Andrésen (il Tadzio della Morte a Venezia di Visconti), il tumulto interiore delle lettrici prendeva voce grazie a lei. Ikeda ne approfitta per rendere le atmosfere del fumetto sempre meno giocose, si concentra su un personaggio di finzione quale Oscar senza mettere mai da parte Maria Antonietta e il suo stile si evolve, si allontana dal canone tezukiano per trovare una nuova strada. Dopo di lei, tante autrici avranno la strada spianata per esprimersi e sognare migliaia di ragazze. L’influenza di Ikeda ha un’onda lunghissima: negli anni, su Margaret arrivano Jenny la tennistaHilary e altre storie travagliate.

Certo, la rivoluzione shōjo avrà un esito ben diverso da quello narrato nelle pagine di Versailles no Bara: ma in entrambi i casi, il prezzo da pagare è il sangue di Oscar, che nella serie di Ikeda muore durante la presa della Bastiglia del 14 luglio 1789, dopo che ha abbandonato la regina per schierarsi dalla parte dei rivoluzionari. Maria Antonietta invece, come sappiamo, sarà destinata alla ghigliottina (piccola nota a margine: dal punto di vista storico, a Ikeda si possono attribuire solo due sviste; l’uniforme di Oscar è quella dell’epoca napoleonica, ma i tempi erano stretti e i materiali da consultare scarseggiavano. Il secondo errore è che a un certo punto i personaggi vanno all’Opera di Parigi, che a quell’epoca non c’era ancora. Niente di grave. Abbiamo visto di peggio).

Inutile dirlo, Versailles no Bara diventa la serie più letta di Margaret, e grazie a Lady Oscar si prende l’abitudine di raccogliere i manga in tankobon (volumetti). Gli episodi apparsi su rivista vennero raccolti in 10 volumi. L’unico problema della serializzazione è che dopo la morte di Oscar gli editor chiesero alla Ikeda di sbrigarsi a raccontare le ultime vicissitudini di Maria Antonietta. Niente paura: arriveranno anni dopo Le storie gotiche, nelle quali Oscar e Andrè si ritroveranno invischiati in macabri horror, Eroica, biografia di Napoleone nella quale conosceremo i destini di Bernard, Alain, Rosalie, Berubara Kids, parodie con i personaggi bambini, ma soprattutto negli ultimi anni la Ikeda è tornata ad approfondire i personaggi di Versailles no Bara con dei Gaiden (storie extra) che non hanno perso neanche un petalo della bellezza della storia di Oscar.

FONTE E ARTICOLO COMPLETO: https://not.neroeditions.com/shojo-rivoluzione/

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