Il Governo studia un “piano acqua” per far fronte alla grave siccità che si sta abbattendo in maniera sempre più pesante sull’Italia.
All’orizzonte non si vede per ora quella che dovrebbe essere la migliore soluzione: la pioggia, che secondo le previsioni non si presenterà almeno per i prossimi 10 giorni. Quindi, gli sforzi di esecutivo e amministrazioni vanno nella direzione di tamponare un problema che rischia di diventare sempre più drammatico e strutturale. Al punto che non possiamo escludere che la cosiddetta “nuova normalità” possa arrivare a includere rubinetti chiusi e poca acqua corrente razionata e disponibile per i cittadini solo qualche ora al giorno.
Le cause: falle negli acquedotti, temperature in aumento e precipitazioni scarse
Acquedotti e rete idrica sono vetusti e danneggiati, a causa della scarsa o mancata manutenzione si perdono migliaia di metri cubi d’acqua al giorno, per la precisione quasi 40 litri ogni 100 immessi vengono dispersi. Come se non bastasse le temperature sono in aumento e le precipitazioni sono sempre più rare ed estreme: una siccità prolungata rischia di far perdere al suolo la capacità di assorbimento dell’acqua piovana, aggravando il problema del dissesto idrogeologico ed esponendo il paese al rischio di frane e smottamenti in caso di forti nubifragi.
La conta dei danni: raccolta agricola dimezzata e il rischio sulla produzione energetica
Nel breve periodo, l’emergenza idrica sta piagando le coltivazioni, Confagricoltura ha previsto un calo dei raccolti fino al 50%, con perdite economiche stimate in due miliardi di euro, quindi si temono ricadute sul comparto alimentare, già immerso in una crisi aggravata anche dalla guerra russo-ucraina.
La siccità preoccupa anche per le conseguenze sulla produzione di energia: le centrali idroelettriche sono a rischio stop se non si trova acqua per gli impianti di raffreddamento, per la verità Enel ha già spento temporaneamente le turbine dell’impianto di Isola Serafini di San Nazzaro in provincia di Piacenza, altre centrali lungo il Po hanno già rallentato la produzione.
Ristori e autobotti: i piani del Governo
In questo contesto il Governo cerca di tamponare il problema, il decreto annunciato entro fine mese conterrà ristori per le aziende agricole e un piano per l’approvvigionamento idrico con le autobotti o con i prelievi dai laghi.
Gli aiuti richiesti e negati
In effetti una richiesta di solidarietà da parte dell’Autorità di bacino del Po al gestore delle acque del lago di Garda è arrivata, ma i sindaci dei Comuni che si affacciano sul lago hanno risposto un secco “no”: le acque potrebbero non bastare per tutti.
Anche il lago Maggiore vive una crisi: la società di navigazione locale ha chiuso il traffico alle imbarcazioni perché il livello è troppo basso e ha subito un calo di un metro negli ultimi tre giorni.
I provvedimenti dei Comuni
Intanto vari Comuni tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Lazio hanno emanato ordinanze contro lo spreco: i provvedimenti vanno dal divieto di irrigare gli orti e riempire piscine al razionamento fino allo stop al servizio di erogazione di acqua corrente nelle ore notturne.
Diversi territori vengono già riforniti dalle autobotti, col rischio di esaurire anche i bacini più in salute. Il Piemonte, che con 145 Comuni che stanno già razionando l’acqua è una delle regioni più in crisi, ha chiesto aiuto alla Valle d’Aosta, che rifiuta, anche qui col timore di prosciugare i propri bacini e compromettere il servizio interno.
Il Presidente lombardo Fontana: “Situazione gestibile solo per i prossimi 10 giorni”
Gli allarmi dei Presidenti di regione si fanno sempre più gravi: quello della Lombardia Attilio Fontana ha annunciato che la situazione sarà gestibile solo per i prossimi 10 o 15 giorni, ma tra la bergamasca e il varesotto già molti centri urbani hanno i rubinetti a secco.
Il maggiore fiume italiano si è ridotto alla portata di un torrente, in alcuni territori il livello del Po è quasi a zero e il sale del mare avanza sul delta, con gravi conseguenze sui campi coltivati fino a 25 chilometri dalla foce.
Insomma il Governo cerca di mettere una pezza a un problema che difficilmente potrà essere risolto con ristori o autobotti che spostano l’acqua da un bacino all’altro. Regioni e amministrazioni locali chiedono prestiti d’acqua agli omologhi del nord, che la negano, come nel caso del lago di Garda e della val d’Aosta.
Già negli anni scorsi alcuni esperti mettevano in guardia sul rischio che anche l’Italia sarebbe potuta incorrere in una “guerra per l’acqua”, che troppo spesso piaga i paesi poveri e desertici in Africa e Asia, allora li definivano allarmi “da complottisti”, oggi questa espressione inizia a comparire anche nei titoli della stampa maggioritaria: quando diventa difficile anche farsi una doccia finalmente qualcuno si accorge che abbiamo un problema, un problema grave e che arriva dal passato.
FONTE:https://www.byoblu.com/2022/06/21/crisi-idrica-i-primi-segnali-di-una-guerra-dellacqua/
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