Una mossa strategica che sa di avvertimento: la scelta russa di tagliare il gas a Polonia e Bulgaria mostra quanto il Cremlino sia disposto ad andare fino in fondo nella guerra economica con i Paesi del blocco euroatlantico e la scelta di colpire Sofia e Varsavia non è casuale.
Partiamo dai fatti. Gazprom ha interrotto le forniture di gas a Bulgaria e Polonia perchè non hanno pagato in rubli i contratti stipulati e che dalle scorse settimane Mosca vuole veder eseguiti nella sua valuta. Polonia e Bulgaria sono i primi paesi ad avere il loro gas tagliato dal principale fornitore europeo da quando Mosca ha iniziato l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio. In precedenza Estonia, Lettonia e Lituania avevano annunciato unilateralmente lo stop agli acquisti di gas da Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto ai paesi che definisce “ostili” di accettare uno schema in base al quale aprirebbero conti presso Gazprombank e pagherebbero le importazioni di gas russo in euro o dollari che verrebbero convertiti in rubli. “I pagamenti per il gas fornito dal 1 aprile devono essere effettuati in rubli utilizzando i nuovi dettagli di pagamento, di cui le controparti sono state informate in modo tempestivo”, ha detto Gazprom.
Il messaggio segna un doppio avvertimento. Ovvero il fatto che Mosca è pronta a portare a uno step successivo la guerra economica con l’Occidente e la trasversalità della risposta. A essere colpiti sono infatti due Paesi ritenuti negli ultimi anni all’opposto dello spettro nel posizionamento dell’Est Europa verso la Russia. Da un lato la Polonia è ostile alla Russia e mira, in queste settimane, a vederla sconfitta sul campo in Ucraina. Dall’altro, invece, la Bulgaria non è affatto ritenuta pregiudizievolmente antirussa. Anzi, Sofia stava pensando sia ai Paesi dell’Europa balcanica e meridionale sia a Mosca quando negli scorsi anni ha avviato la sua strategia per diventare un hub regionale del gas. A dicembre 2020 ad esempio è stata completata la realizzazione del gasdotto Balkan Stream, il complemento esteuropeo dell’infrastruttura Turkish Stream con cui Ankara e la Russia hanno plasmato una nuova direttrice di accesso per il gas al mercato europeo, a cui si è sommato l’avvio dei lavori all’Interconnector Bulgaria-Serbia (Ibs) sostenuto dall’Unione Europea per portare nell’Europa centrale il gas azero proveniente dal Mar Caspio e al gas naturale liquefatto stoccato in Grecia. Dunque, una strategia di bilanciamento ora rotta dalla rappresaglia di Mosca.
Cosa può accadere ora? Sicuramente l’esplosione di una profonda conflittualità strategica a partire dagli accordi economici. Una svolta che le contromosse di Sofia hanno inaugurato. Il premier della Bulgaria, Kiril Petkov, ha annunciatio “una revisione di tutti gli accordi” energetici con la Russia, compresi quelli di transito del gas nel territorio del Paese balcanico. Secondo quanto riferisce l’emittente radiofonica “Bnr”, Petkov ha precisato che il governo è preparato allo scenario di un’interruzione delle forniture da parte russa. “Il governo bulgaro è preparato a questo scenario. Non ci sarà in alcun modo una riduzione delle forniture di gas ai consumatori”, ha detto il primo ministro aggiungendo che l’interruzione decisa da Gazprom “è una violazione” dell’accordo in vigore. “Ed è un ricatto utilizzare un piano extracontrattuale di pagamento in rubli”, ha osservato Petkov aggiungendo che “la Bulgaria sta rivedendo anche tutti gli accordi con Gazprom, compreso l’accordo sul transito attraverso la Bulgaria, perchè l’estorsione unilaterale è inaccettabile”. La Bulgaria potrebbe dunque fare da apripista ad analoghe manovre da parte europea.
Specie se l’Ue deciderà di centralizzare gli approvvigionamenti gasieri e rafforzare l’embargo energetico, questo significherà dare una mossa a un’eventuale estensione dell’embargo stesso all’oro blu. Opzione nucleare a cui Mosca e Bruxelles non sono, ad oggi, ritenute pronte. Mentre sul fronte russo da un lato includere sia la Bulgaria che la Polonia impone all’Occidente di pensare che Mosca non fa differenze tra i Paesi ritenuti rivali, dall’altro per la natura strategica del Paese in questione è ovviamente la Polonia l’obiettivo prioritario. Mentre Varsavia incassava a Ramstein l’endorsement Usa alla sua strategia volta a contrastare la Russia sul campo, Mosca provava a contrastarla economicamente usando il gas naturale come arma. L’estensione ai due Paesi di Ue e Nato delle mosse ostili di Gazprom segnala che la guerra senza limiti ha raggiunto anche il temuto fronte energetico. E scavallate le colonne d’Ercole dell’embargo ora la Russia potrebbe spingersi oltre e arrivare, passo dopo passo, a chiedere analoghi pagamenti anche al resto dell’Ue. Con conseguenze potenzialmente catastrofiche per entrambe le parti in causa e le loro economie.
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