Le forze russe si ritirano da Kiev. Dovrebbe essere la notizia del giorno, dal momento che da un mese i media hanno bombardato di notizie sui combattimenti nella capitale ucraina, ma è riportata senza nessuna enfasi, come se tutto continuasse come prima.
Il problema è che ai fautori della guerra infinita, che dovrebbe nel lungo periodo logorare Mosca e farla collassare, la notizia non piace, perché apre nuove prospettive per una risoluzione di un conflitto che vogliono resti aperto.
Il fatto che il ritiro sia stato ordinato il giorno precedente un nuovo summit tra ucraini e russi in Turchia dimostra che Putin intende dare agio al negoziato.
Per parte sua Zelensky, che al di là delle pose eroiche deve obbedire alla Nato, si è detto pronto a concessioni sulla neutralità, ma non a cedere territori. Dichiarazione d’obbligo, ma è chiaro che il problema ora non è più sulla neutralità ma proprio sullo status delle regioni orientali, che la Russia intende tenere sotto il suo controllo, cosa che sembra inevitabile.
Così è da vedere se la posa di Zelensky è una chiusura preventiva o una ovvietà che andrà declinata nei negoziati. L’idea di Sergio Romano, di fare dell’Ucraina una Svizzera d’Oriente è intelligente, dal momento che preserverebbe autonomie regionali e neutralità, ma non c’è molto spazio per l’intelligenza in questa guerra.
Come denota il rifiuto di Zelensky di lasciare Mariupol ai russi, ritardando un esito inevitabile, dato che la città è circondata e i suoi difensori impossibilitati a ricevere ausilio, così che il diniego servirà solo a incrementare le vittime e la distruzione. Il martirio di Mariupol si venderà bene sui media in chiave anti-russa, segnando un punto a favore della campagna mediatica anti-russa, ma a spese di tanti poveretti. Tant’è.
Alla campagna mediatica va ascritto anche la vendita del ritiro russo come una grande vittoria della resistenza. Anche se non vera, perché i russi si stanno semplicemente riposizionando (non avendo mai avuto intenzione di prendere Kiev), tale narrativa può aiutare a intavolare trattative serie, ché ambedue i contendenti potranno rivendicare una vittoria.
Quella russa sarebbe innegabile, secondo l’ex analista della Cia Larry Johnson, che su Economic Times descrive uno scenario opposto da quello ufficiale. Anzitutto fa notare che i russi nelle prime 24 h hanno distrutto tutte le capacità aeree dell’Ucraina, stabilendo una no fly zone sull’area interessata agli scontri.
E “in tre settimane hanno preso un territorio più grande del Regno Unito. Hanno quindi proceduto a effettuare attacchi mirati a città chiave e installazioni militari”, mentre gli Stati Uniti hanno trovato maggiore difficoltà a conquistare un territorio paragonabile nella campagna irachena, contro un nemico “di gran lunga inferiore e meno efficace”,
Non solo, i russi hanno “diviso e frammentato l’esercito ucraino”, rendendolo incapace di portare attacchi di rilievo contro l’invasore. Come dimostrerebbe, peraltro, anche la massiva colonna militare che ha stazionato per settimane nei pressi di Kiev.
Mentre la narrativa ufficiale ha parlato di russi impantanati, Johnson fa notare che la colonna è stata immobile per tutto quel tempo, in bella vista e a portata di tiro, senza subire alcun attacco, né da terra, né missilistico, né di artiglieria, a dimostrazione che l’esercito ucraino era stato enormemente depotenziato.
Non si tratta di evidenziare le magnifiche sorti e progressive dell’esercito russo, che non interessa a nessuno, solo far notare una narrazione in controtendenza che, se vera, ha conseguenze.
Se la campagna russa è stata una disfatta, come sostiene la narrativa ufficiale, allora continuare a martellare i russi sperando nel loro logoramento ha una sua logica militare (ma comporterà immani costi umani, che andrebbero evitati attraverso un negoziato).
Se invece è stata efficace, come sostiene l’ex analista della Cia, nonostante il fatto che contro l’aggressore sia stato scatenato tutto il potenziale della guerra ibrida (dalle sanzioni “infernali” agli attacchi haker a tutto campo all’invio di mercenari ben addestrati), allora sperare di vincere alla lunga, soprattutto dopo che i russi si saranno attestati nell’ex Novorossia, appare miope anche dal punto di vista militare.
Servirebbe solo a perpetuare inutilmente una crisi bellica a rischio escalation globale, che certo sta impoverendo la Russia (che però ha dimostrato, come peraltro già in epoche passato, di reggere l’urto), ma anche tutto il mondo (così Biden: occorre “prepararsi alla scarsità di cibo“). Mentre l’Europa rischia sempre più di sparire dal novero delle entità geopolitiche di rilievo per diventare del tutto ancillare a Washington.
Alla prospettiva della guerra infinita qualcuno contrappone l’ipotesi Corea, cioè la Russia si attesta a Oriente, dividendo il Paese in due parti, con un conflitto che si trascina un po’ per poi congelarsi, quando le condizioni lo permetteranno, in un armistizio. Tale via ha creato una pace de facto (con picchi di nervosismo) per settant’anni nella penisola coreana. Potrebbe funzionare.
Peraltro, come la guerra coreana ha dato inizio a un nuovo ordine del mondo, così potrebbe accadere per la guerra ucraina, con un fine-guerra che segnerebbe il definitivo svaporamento del sogno unipolare Usa (un incubo per le moltitudini), che invece una nuova guerra infinita, stavolta contro la Russia, continuerebbe ad auto-alimentarsi.
Di ieri va registrato come le parole durissime di Biden contro Putin, del quale ha prospettato il defenestramento (corrette poi dal Dipartimento di Stato e dalla stessa Casa Bianca) hanno suscitato accese critiche in Occidente (vedi Politico). Su tutti l’influente Richard Haas, il quale ha ammonito che ormai il danno è fatto e che le correzioni successive non persuaderanno il Cremlino sul fatto che Washington non persegua il regime-change.
Al di là delle considerazioni sul tema, non si può non notare una coincidenza temporale: il ritiro dei russi giunge dopo subito dopo l’arrivo di Biden in Europa, come se ci fosse una qualche segreta e inconfessabile intesa tra i leader delle due sponde dell’Oceano.
In altra nota abbiamo accennato come, in passato, sia accaduto che l’inasprimento dei toni di Biden contro Putin sia coinciso con qualche manovra distensiva (un modo per coprirsi le spalle dai falchi, come faceva anche Trump). Non sappiamo se sia successo anche in questa occasione, ci limitiamo a registrare la coincidenza.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/55267/ucraina-lipotesi-corea-o-la-guerra-infinita
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