Di Marco Fulvio Barozzi
All’inizio del 1797, John Robinson era un uomo che godeva di una solida e duratura reputazione nelle istituzioni scientifiche britanniche. Figlio di un mercante di Glasgow, era nato nel 1739 e aveva ricevuto un’educazione vasta e di buon livello. Si laureò all’università di Glasgow nel 1756. In seguito divenne il tutore del figlio dell’ammiraglio inglese Sir Charles Knowles, e ricevette dal governo l’incarico di partecipare al collaudo sul mare del nuovo cronometro del grande orologiaio John Harrison. Si recò poi in Russia come segretario privato di Knowles. Mentre era in Russia fu chiamato a ricoprire la cattedra di matematica nella scuola imperiale dei nobili cadetti. Tornò in Scozia e nel 1773 diventò professore di filosofia naturale all’Università di Edimburgo, dove insegnò idrodinamica, astronomia, ottica, elettricità e magnetismo. La sua abilità è dimostrata dal fatto che fu chiamato a scrivere gli articoli dell’Encyclopaedia Britannica riguardanti la navigazione, il telescopio, l’ottica, le opere idrauliche, la resistenza ai fluidi, l’elettricità, il magnetismo, la musica, ecc. Aveva anche inventato la sirena d’allarme e anticipato la legge di Coulomb studiando in termini quantitativi la forza tra cariche elettriche in rapporto alle loro distanze reciproche. Quando fu organizzata la Royal Society a Edimburgo con decreto reale del 1783, Robinson fu eletto Segretario Generale, carica che continuò a mantenere fino a pochi anni prima della morte. La sua reputazione non era confinata alla sola Gran Bretagna. Nel 1790 fu insignito della più alta onorificenza dal College of New Jersey dell’Università americana di Princeton. Personaggio assai versatile, era anche un abile musicista polistrumentista e un discreto poeta.
Ebbene, prima della fine dell’anno la sua reputazione professionale fu messa in ombra da un libro sensazionale che vendette molto di più di tutto ciò che aveva scritto in precedenza e la cui eco continua a farsi sentire molto tempo dopo che la sua opera scientifica è stata dimenticata. Il titolo del libro era Proofs of a Conspiracy against all the Religions and Governments of Europe, che lanciò presso il pubblico di lingua inglese la teoria che un vasto complotto, ordito da una cellula massonica coperta, nota come gli Illuminati, stava cercando di sovvertire tutte le istituzioni del mondo civilizzato trasformandole in strumenti di un empio piano segreto: la tirannia delle masse sotto l’invisibile controllo di superiori sconosciuti e l’instaurazione di una nuova era di “oscurità sopra ogni cosa”.
La prima edizione del Proofs of a Conspiracy andò esaurita in pochi giorni, e in un anno fu ripubblicata molte volte, non solo a Edimburgo, ma anche a Londra, Dublino e New York. Robinson aveva toccato un nervo scoperto, offrendo una risposta alle grandi domande di quel periodo: che cosa aveva causato la Rivoluzione Francese e che cosa aveva guidato il suo sanguinoso e tumultuoso avanzamento? Dal suo punto di osservazione di Edimburgo, egli aveva, con milioni di altri, seguito i resoconti di una Francia che aveva distrutto la sua monarchia, spogliato la sua chiesa e trasformato la sua popolazione oppressa e brutalizzata nella più temibile forza militare che l’Europa avesse mai visto. Ora, poi, sotto l’astro nascente del giovane generale Napoleone Bonaparte, tentava di esportare la carneficina e la distruzione nelle monarchie confinanti, non ultima la stessa Gran Bretagna. Robinson credeva tuttavia di essere il solo ad aver identificato la mano celata responsabile di questa eruzione apparentemente insensata di guerra e terrore che sembrava in grado di seppellire il mondo.
Molti avevano individuato le radici della Rivoluzione nelle idee dell’Illuminismo, come quelle di Voltaire, Diderot e Condorcet, che avevano esaltato la ragione e il progresso a scapito dell’autorità e della tradizione; nessuno tuttavia di questi filosofi in gran parte aristocratici aveva caldeggiato una rivoluzione delle masse, e infatti molti di essi avevano concluso la loro vita sotto la lama della ghigliottina. Nei primi anni dell’ultimo decennio del secolo era stato possibile credere che gli avvocati e i giornalisti affamati di potere del Club dei Giacobini avessero montato il popolino di Parigi nella loro distruttiva frenesia per i loro interessi, ma, a partire dal 1794, Danton, Robespierre e il resto dei capi giacobini avevano seguito le loro vittime sotto la lama del boia. Come potevano essere stati i burattinai se i loro fili erano stati tagliati così brutalmente? Ciò che Robinson proponeva nelle pagine meticolosamente redatte del suo libro era che tutti questi agenti della rivoluzione erano stati pedine di un gioco più grande di loro, le cui ambizioni stavano solo cominciando a rendersi visibili.
La Rivoluzione Francese, come tutti i convulsi eventi che l’avevano preceduta e seguita, era stata piena di complotti, nutriti dal proliferare di club e associazioni della più varia natura, dalla velocità degli eventi, dalla scarsitã di informazioni disponibili. In Gran Bretagna, nemici della rivoluzione come Edmund Burke avevano sostenuto sin dall’inizio che “già alleanze e corrispondenze della natura più straordinaria sì stanno formando in diversi paesi” e dal 1797 in molti ritenevano – e con buona ragione – che società segrete irlandesi stavano complottando con Napoleone per rovesciare il governo britannico e invadere il continente. Il potere della rivelazione di Robinson consisteva nel fatto che essa identificava nella rumorosa confusione di complotti un solo protagonista, una sola ideologia e un unico complotto generale che cristallizzava il caos in una epica lotta tra il bene e il male, il cui esito avrebbe definito il futuro della politica mondiale.
Il vasto complotto di Robinson richiedeva un’importante figura di riferimento, un ruolo per il quale Adam Weishaupt, fondatore dell’ordine bavarese degli Illuminati, sembra oggi essere un candidato poco promettente.
Adam Weishaupt era nato nel 1748 a Ingolstadt e aveva studiato dai Gesuiti. La sua nomina a Professore di Legge Naturale e Canonica all’Università di Ingolstadt nel 1775, al posto di uno dei gesuiti recentemente banditi (1773) dal papa Clemente XIV, provocò una grande rabbia da parte del clero. Weishaupt, le cui idee erano cosmopolite, e che conosceva e condannava le superstizioni e il bigottismo dei preti, fondò un partito loro contrario all’Università. Non era ancora un massone; fu iniziato in una loggia di Monaco nel 1777.
I motivi che portarono Weishaupt a considerare l’idea di una organizzazione segreta erano svariati. In parte erano dovuti al suo genuino interesse per le cause del liberalismo e del progresso, nate in gran parte per le vicende personali che aveva vissuto di fronte all’intolleranza e al bigottismo. Ma c’era anche una certa sete di potere, che si manifestava in un carattere dispotico e non facile. Inoltre la nascita dell’Ordine si mescolava con interessi personali, soprattutto per il controllo dei ruoli chiave all’Università. Non estranea a queste motivazioni è la solo apparente contraddizione tra gli ideali perseguiti e l’ammissione di aver mutuato, almeno inizialmente, l’organizzazione degli odiati gesuiti, compreso il vincolo per ogni adepto di spiare i propri sottoposti e di riferirne ai superiori.
Ossessivo e poco incline al compromesso, litigioso, Weishaupt aveva all’inizio trovato difficoltà nell’attrarre membri nella sua società segreta, dove essi avrebbero dovuto adottare pseudonimi mistici scelti da lui, salire la scala assai lunga dei suoi gradi iniziatici e svolgere ruoli subalterni nella sua grandiosa ma nebulosa missione per la riforma del mondo. Per sua fortuna potè contare sul carisma e le capacità organizzative del Barone Adolf von Knigge, suo collaboratore e entusiasta adepto dal 1780.
I rituali degli Illuminati erano di natura razionalistica e non occulta. Lo stato di massone non era richiesto per l’iniziazione all’Ordine perché solo i gradi dal quattordicesimo al sedicesimo del sistema di Weishaupt e Knigge corrispondevano praticamente ai tre gradi della massoneria simbolica.
L’Ordine diventò popolare e comprendeva non meno di duecento adepti registrati, tra i quali quasi sicuramente Johann Wolfgang Goethe. Le sue logge si trovavano in Francia, Belgio, Olanda, Danimarca, Svezia, Polonia, Ungheria e Italia. Knigge, che era uno dei suoi membri più attivi e l’inventore di alcuni dei suoi Gradi, era un uomo religioso, e non avrebbe mai aderito se il suo programma fosse stato, come si disse, di abolire il Cristianesimo. Non si può tuttavia negare che, in qualche suo aspetto e membro, furono commessi abusi e irregolarità, che naturalmente andarono ad alimentare la propaganda contraria, che vi aggiunse accuse palesemente esagerate o addirittura false.
Gli editti di soppressione dell’Elettore di Baviera, Duca Carlo Teodoro, del 1784 e 1785 furono reiterati nell’agosto 1787 e l’ordine cominciò a declinare, al punto che all’alba del nuiovo secolo aveva cessato di esistere.
Nel 1785 Weishaupt fu privato della cattedra e esiliato dal paese con una pensione. Rifiutò la pensione e si trasferì a Regensburg e poi trovò definitivamente asilo presso Ernesto II, duca di Sassonia-Gotha-Altenburg. Weishaupt fu in seguito nominato professore all’Università di Gottinga, dove rimase fino alla morte avvenuta nel novembre 1830. Negli ultimi anni non fece altro che produrre una serie di cupe memorie auto-giustificative delle sue vicende.
C’era conque molto nella vicenda degli Illuminati che offriva, almeno a Robinson, l’idea di uno schema molto più vasto e sinistro. Il senso messianico di Weishaupt della propria missione e le strutture stravaganti dell’Ordine suggerivano un’organizzazione molto più vasta di quella che era venuta alla luce, e la sua scoperta aveva generato un’ossessione davvero sproporzionata rispetto al pericolo che rappresentava. Era diventata una calamita per le profonde ansietà della chiesa e della monarchia riguardo al programma di ragione e progresso che era stato seminato in tutta Europa dall’avanguardia illuminista di filosofi e scienziati. L’ossessione per gli Illuminati aveva generato centinaia di sermoni, polemiche, opuscoli e fogli scandalistici, tutti in competizione per elencare le più terribili accuse di empietà. Erano queste le principali fonti di anni di ricerca da parte di Robinson per costruire le prove del complotto che ora presentava. Robinson ammise tranquillamente di avere solo una scarsa conoscenza del tedesco e di aver ricavato tutte le sue informazioni da altri scrittori. Sfortunatamente non si preoccupò neppure di fornire riferimenti alle sue fonti.
Robinson non negava che lo scopo dichiarato dall’Ordine era quello di insegnare alle persone ad essere felici facendo loro del bene e di fare ciò attraverso l’illuminazione della mente, liberandola dal dominio della superstizione e del pregiudizio. Lo scozzese si rifiutava però di accettarlo come il vero obiettivo. Dove Weishaupt e il Barone Knigge promuovevano la libertà dal dominio della chiesa sulla filosofia, Robinson vedeva un appello per la distruzione della chiesa. Dove Weishaupt e Knigge volevano la libertà dagli eccessi dell’oppressione statale, Robinson vedeva la distruzione dello stato. Dove Weishaupt e Knigge volevano istruire le donne e trattarle come uguali, Robinson vedeva la distruzione dell’ordine giusto e naturale della società.
All’osservatore neutrale, Weishaupt e gli Illuminati potevano aver offerto una metafora eloquente delle forze che stavano ridisegnando l’Europa, ma per Robinson essi ne erano diventati la causa vera e propria: il centro, perciò inaccessibile, della rete di eventi che aveva distrutto il vecchio mondo.
Robinson potrebbe essere stato uno spettatore lontano della paura irrazionale per gli Illuminati, ma non era certo un osservatore spassionato. Mentre Proofs of a Conspiracy giunse a sorpresa (e non senza certi imbarazzi) tra i suoi amici e i colleghi scientifici, c’erano molti motivi per i quali gli Illuminati gli sì erano presentati in quel modo. La sua scoperta risolveva sospetti di lunga durata e conflitti sia nella sua vita privata sia in quella professionale, e in particolare sì adattava perfettamente alle sue curiose avventure nella massoneria.
Nel 1797, il carattere di Robinson era andato incontro a una certa depressione, assai distante dal gioviale e conviviale temperamento della sua giovinezza. Nel 1785 aveva iniziato a soffrire di una sindrome misteriosa, un grave e doloroso spasmo dell’inguine; sembrava emanasse da sotto i testicoli, ma la sua precisa origine aveva confuso i più abili dottori di Edimburgo e Londra. Scosso dal dolore e frequentemente costretto a letto, alla fine del decennio era una figura ritirata e isolata; faceva uso frequente di oppio, una condizione che secondo alcuni dei suoi conoscenti lo rendeva vulnerabile alla malinconia, alla confusione e alla paranoia. Man mano che le vicende sanguinose della rivoluzione in Francia turbavano la Gran Bretagna, il panico era particolarmente intenso in Scozia, dove ministri e giudici montavano voci costanti di quinte colonne e cellule giacobine segrete. Tormentato, confuso dai farmaci, assalito da notizie terrificanti dal mondo esterno, Robinson era in possesso di tutti i fili oscuri per tessere la trama del complotto che lo stava consumando.
La politica aveva gettato una lunga ombra anche sulla sua vita professionale. Le scienze della natura erano alle prese con un’altra rivoluzione francese, condotta da Antoine Lavoisier. Negli anni ’80, Lavoisier aveva ribaltato la chimica del secolo precedente con la scoperta dell’ossigeno, da cui era stato in grado di stabilire nuove teorie della combustione e a iniziare il processo di ridurre tutte le sostanze materiali a un insieme di elementi fondamentali. La rivoluzione di Lavoisier aveva spaccato la chimica inglese: alcuni avevano riconosciuto che i suoi esperimenti tecnicamente brillanti avevano trasformato la scienza della materia, ma per altri la sua terminologia nuova e straniera era, come il sistema metrico francese, un arrogante tentativo di spazzare via il sapere accumulato con il tempo e di eliminare il ruolo di Dio. La vecchia chimica, con le sue misteriose forme d’energia e i suoi linguaggi di essenze e principi, aveva difeso l’idea di una forza vitale e del misterioso soffio del divino; nel freddo nuovo mondo di Lavoisier, al contrario, la materia era ridotta a mattoni inerti manipolati dalle forze misurabili della pressione e della temperatura. Dio era stato gettato fuori dall’edificio della scienza e, proprio in quegli anni, un altro francese, Laplace, lo escludeva dalle possibili ipotesi per la sua meccanica celeste.
Robinson non accettò mai le teorie francesi, e prima del 1797 aveva inserito la nuova chimica all’interno del suo complotto degli Illuminati. Per lui, Lavoisier, assieme al più eminente chimico sperimentale inglese, Joseph Priestley, era un membro dell’Ordine, che agiva in concerto con logge massoniche infiltrate per diffondere la dottrina del materialismo che avrebbe permeato il nuovo ordine mondiale ateista. I famosi salotti di Madame Lavoisier, dove si incontravano i principali filosofi continentali, erano ora smascherati da Robinson come luoghi di riti sacrileghi dove l’ospite, vestita negli abiti cerimoniali di una occulta sacerdotessa, bruciava ritualmente i testi della vecchia chimica. Per quanto questa immagine possa sembrare poco plausibile, era uno degli elementi che Robinson aveva assemblato come prove nel suo libro, assieme, ad esempio, al pamphlet anonimo tedesco che sosteneva che, nel salotto del grande filosofo Barone d’Holbach, si sezionavano i cervelli di bambini vivi comprati da genitori poveri nel tentativo di isolare la loro forza vitale.
Gli Illuminati si erano infiltrati nella vita professionale di Robinson, ma il suo legame più personale con il loro complotto derivava dalla stessa massoneria. Iniziato a Liegi nel 1770, era stato un membro del Rito Scozzese per decenni senza mai considerare le logge come più di “un pretesto per passare un’ora o due in un forte di decente convivialità, non del tutto privo di qualche occupazione razionale”. La sua carriera l’aveva tuttavia portato all’estero, dove era stato colpito dalla scoperta che non tutti gli ordini massonici erano così innocenti. Durante i suoi viaggi si era incontrato con altri massoni e aveva visiti delle logge in Francia, Belgio, Germania e Russia. Ciò che vide lo turbò: paragonate a quelle scozzesi, le logge continentali erano “scuole di empietà e licenziosità”. I loro membri sembravano bruciati da “zelo e fanatismo”, le loro idee religiose “molto disturbate dagli umori mistici di Jacob Boehme e Swedenborg, dalle dottrine fanatiche e fraudolente dei moderni Rosacroce, da Maghi, mesmeristi, Esorcisti, ecc.” Ora, trent’anni più tardi, ricordando l’occultismo e il libero pensiero ai quali era stato brevemente ma indelebilmente esposto, non aveva dubbi sulla fonte della distruzione che aveva colpito il Continente.
Sebbene Proofs of a Conspiracy fosse diventato un successo, il complotto degli Illuminati non colpì mai l’immaginario della classe politica britannica come fece nell’Europa continentale. Una volta passata la crisi della Rivoluzione Francese, alcuni conservatori l’avrebbero attribuito al superiore senso comune britannico, ma in verità la Gran Bretagna aveva allora minacce e cospirazioni più serie da affrontare. Rights of Man di Tom Paine, un’opera di gran lunga più incendiaria e radicale di qualsiasi “testo segreto” degli Illuminati bavaresi, aveva venduto più di duecentomila copie nella sua edizione economica da sei penny, un numero che superava di molto ciò che fino a quel momento era stato considerato il numero totale dei possibili acquirenti di libri. Con la flotta inglese scossa da ammutinamenti e il governo impegnato a contrastare proteste e moti di rivolta, non era sorprendente che le gesta di una loggia bavarese da tempo smantellata sembrassero meno di una minaccia urgente.
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