Di Linda Della Lena
L’industria cinematografica ci ha da sempre fatto viaggiare con l’immaginazione, i film di fantascienza ci hanno proiettati verso un futuro che sembra lontanissimo dal nostro tempo. Eppure, quel futuro fantascientifico potrebbe non essere così lontano. No, non stiamo parlando di macchine volanti e teletrasporto (perlomeno non ancora), bensì di armi, nuove tecnologie in fase di sviluppo che presto saranno usate dagli eserciti di tutto il mondo.
La Marina degli Stati Uniti, ad esempio, è a lavoro su un’arma laser in grado di emettere degli impulsi brevi e potenti in grado di polverizzare piccoli bersagli, la Tactical Ultrashort Pulsed Laser. Anche l’esercito italiano sta studiando questo tipo di armi laser, che, secondo lo studio Future Operating Environment Post 2035, cambieranno gli equilibri di forza globali, insieme ad altri fattori.
“Il 2035 è lo spartiacque tra l’attuale livello tecnologico e il futuro che modificherà la dimensione spaziale e temporale del combattimento” afferma il colonnello Paolo Sandri, responsabile dell’ufficio innovazione dell’esercito italiano.
Ma le armi laser non sono le uniche armi in fase di sviluppo, in termini di tecnologia stanno trovando ampio spazio pure ricerche e test su robot e intelligenze artificiali. Circa una ventina di partner tra aziende, centri di ricerca e università, stanno sviluppando i cosiddetti RAS, ovvero sistemi robotici e autonomi. “Lavoriamo su tecnologie per la protezione del personale, per la mobilità e per la situational awareness (consapevolezza della situazione in cui ci si trova, ndr)”, spiega Sandri: “Per esempio, piccoli Ugv (unmanned ground vehicle, mezzi terrestri a guida autonoma, ndr) dotati di sensori per esplorare il territorio e inviare segnali direttamente all’operatore”.
Per non parlare degli sciami di droni, tanti piccoli droni programmati per emulare lo sciamare di api e formiche. “Potremo usare micro-droni per fare le sentinelle, con funzioni di riconoscimento facciale e acustico”, osserva Sandri.
Questa prima fase di raccolta dati, affidata ai dispositivi sopra elencati, si completerà con la fase due, ovvero la fase di analisi di questi dati, che sarà affidata a sistemi di intelligenza artificiale, o AI. Gli AI, una volta elaborati i dati, saranno anche in grado di prendere decisioni automatiche. “Ma non per un’arma. Non è etico. Le scelte critiche finali spettano sempre all’uomo”, dice Sandri.
La questione più spinosa è riassunta tutta in queste parole, cosa sarà definito etico in una possibile guerra? Chi traccerà la linea sottile che segnerà il confine tra usi ammessi, e altri, come quelli letali, vietati? Ma soprattutto, chi garantisce che tutte le nazioni rispetteranno i principi etici?
A tal proposito, il Parlamento Europeo si è espresso con una risoluzione mirata a sollecitare l’Unione a stilare un regolamento comune che disciplini l’uso delle intelligenze artificiali, nello specifico, i parlamentari hanno votato a favore del divieto dei sistemi d’arma autonomi e dei cosiddetti “robot killer”. “La decisione di selezionare un bersaglio e di effettuare un’azione legale usando un sistema di arma autonoma deve essere sempre fatta da un essere umano, che esercita un pieno controllo e giudizio”, è la posizione dell’Europarlamento, che spinge perché la Commissione faccia riconoscere questo standard anche dalle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti, tuttavia, sembrano pensarla molto diversamente dagli europei, e a tal proposito spingono proprio nella direzione contraria, sostenendo la tesi per cui un’intelligenza artificiale commetterebbe meno errori di un essere umano.
Un altro nodo importante, che tuttavia non è un’ arma ma che potrebbe essere molto più pericoloso, viene dalla costante ricerca di nuove tecnologie in merito a sistemi di spionaggio digitale. l’Unione Europea, in merito, ha redatto una lista di prodotti informatici che, in mano a regimi autoritari, potrebbero essere utilizzati per spiare i propri cittadini e reprimere il dissenso, violando in questo modo i diritti umani.
Ancora, la stampa 3D rappresenta anch’essa una grave minaccia. Utilizzata dagli eserciti per riparazioni veloci, se finisse in mano a gruppi terroristici potrebbe essere usata per produrre autonomamente armi sofisticate in poco tempo, rischio già più che concreto secondo uno studio dello Stockholm international peace research institute.
Le nuove guerre, grazie all’uso massiccio di queste tecnologie, potrebbero non limitarsi più solo alla dimensione dello spazio terrestre, ma potrebbero essere combattute anche in quello che gli esperti definiscono Cyberspazio. “Il confronto su spazio e cyberspazio non avviene in campo aperto, ma la tensione resta sotto soglia – commenta Sandri -. L’orizzonte sarà quello delle operazioni multidominio”, ossia che si sviluppano contemporaneamente su più fronti (terra, acqua, aria, spazio, cyber).
Insomma, uno scenario tutt’altro che incoraggiante che si sta delineando con velocità crescente. Ciò che pensavamo fosse possibile solo grazie ad effetti speciali Hollywoodiani, presto rivoluzionerà il modo di risolvere conflitti e non solo. A cercare di imporre un blocco internazionale all’uso di armi guidate dall’intelligenza artificiale è la campagna internazionale per lo stop ai robot killer, che ha già trovato appoggio da 30 Paesi e varie ONG, un appoggio che già sta creando i primi ostacoli di natura politica, ma che non ferma le ricerche, che solo in Italia godono di un budget di circa 50 milioni di euro.
Fonti: Wired, security
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