Il Trittico Portinari è un’opera che stupì Firenze quando il 28 maggio 1483 arrivò via Arno e venne scaricata da 16 uomini a porta San Frediano. Veniva da Bruges dove era stato dipinto da Hugo van der Goes. Era un’opera di grandi dimensioni, un trittico di 2,50 metri, con la scena della Natività al centro.
Nei pannelli laterali si vedono inginocchiati i committenti Tommaso Portinari con i figli Angelo e Pigello da una parte, e la moglie Maria con la figlia Margherita dall’altra. Dietro di loro, i santi che portano i loro nomi. È un dipinto, come nella tradizione fiamminga, fatto di mille dettagli, dipinti con un’esattezza lenticolare.
Tra tutti questi dettagli ce n’è uno che può passare e inosservato perché dipinto in secondo piano, nel pannello di sinistra, e perché è immerso nel paesaggio. Eppure quel dettaglio vale tutta l’opera. L’artista ha voluto rappresentare in quell’angolo secondario dell’opera, un antefatto minimo della notte di Betlemme.
Possiamo immaginare che fosse il pomeriggio del giorno prima, quando Giuseppe e Maria stavano affrontando gli ultimi faticosi metri del lungo cammino da Nazareth a Betlemme, per assolvere agli obblighi previsti dal censimento voluto dal governatore Quirinio.
Naturalmente nessuno ha raccontato questo momento della vicenda, così l’artista ha dovuto calarsi nella situazione mettendo in moto la sua immaginazione e il suo cuore. Hugo così ha pensato alla fatica di quell’ultimo miglio per una donna al nono mese di gravidanza dopo giorni di cammino.
Maria è scesa dall’asino che Giuseppe si era procurato per renderle meno duro il viaggio: infatti a quel punto, i sobbalzi devono essere stati insopportabili per una donna costretta a quel lungo e disagiato viaggio. Maria procede a fatica, scendendo il ponticello. E Giuseppe la sorregge sotto il braccio e le rivolge uno sguardo premuroso, pieno d’amore e anche di preoccupazione.
L’asino segue, con il magro bagaglio della coppia. È un risvolto secondario, di importanza minima, ma del tutto verosimile: le cose erano andate davvero così… È un dettaglio che ci riporta anche all’intensità della relazione tra Maria e il suo sposo, al profondo rispetto reciproco che li legava. Insomma è tutto credibile, è tutto vero. L’artista immagina, ma non inventa. Resta umilmente nel solco dei fatti, e noi con lui.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/53832/hugo-van-der-goes-trittico-portinari
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