Per l’Europa e la Polonia, quella in corso al confine con la Bielorussia non è una crisi migratoria dovuta alla disperazione di migliaia di persone, ma un atto di guerra ibrida.
La scelta delle parole indica che la percezione che Bruxelles (sponda Nato e Ue) e Varsavia vogliono dare alla tensioni lungo la frontiera orientale è diversa rispetto alle altre crisi dei migranti che hanno coinvolto l’Europa. Non un esodo di persone disposte a tutto, ma un Paese, la Bielorussia, che utilizza questo flusso per colpire un vicino nel profondo, cercando di destabilizzarlo. Con la regia occulta, questa l’accusa del premier polacco, di Vladimir Putin.
La scelta della narrazione è chiaramente molto importante e dimostra che essa può essere cambiata anche a seconda dell’interlocutore. Non c’è un motivo pratico, ad esempio, per negare che altri Paesi, che a loro volta gestiscono i flussi, pongano in essere un atto di guerra ibrida nel momento in cui decidono di far partire le carovane di migranti o lasciano che le imbarcazioni a rischio di naufragio abbandonino le coste nella disperata ricerca di un approdo. Eppure questa volta, nei confronti della Bielorussia, si è applicata immediatamente la definizione di “guerra ibrida”.
Una scelta che chiaramente implica anche un cambio di passo nelle azioni dell’Unione europea e della Nato, perché parlare di un atto bellico da parte di un Paese terzo comporta in ogni caso la levata di scudi generale da parte delle organizzazioni di cui fa parte la Polonia. E questo aiuta non solo Varsavia nel sostenere la propria importanza rispetto a Ue e Alleanza Atlantica, ma anche alle due organizzazioni per ribadire la loro avversione sia verso Aleksandr Lukashenko che verso il suo presunto mandante, ovvero Putin.
Ma è possibile parlare di guerra ibrida nei confronti di una crisi migratoria? Ed è possibile farlo proprio per quanto sta avvenendo lungo il confine tra Bielorussia e Polonia? Sicuramente lo sfruttamento del fenomeno migratorio inteso come elemento umano (i migranti) che come elemento di “guerra dell’informazione” è una potenziale arma di guerra ibrida. Se con essa intendiamo un modo di condurre un conflitto basato sulla combinazione di mezzi convenzionali e non convenzionali, information warfare e cyber warfare, e con l’intenzione di fare pressione sulle autorità di uno Stato in via diretta o indiretta, indubbiamente i flussi migratori possono servire a questo scopo. L’utilizzo simultaneo di tattiche psicologiche, economiche, di pressione politica, di destabilizzazione e di mezzi militari è in effetti aderente a quanto avviene tra Bielorussia e Polonia. E la crisi migratoria, particolarmente difficile da accettare nell’opinione pubblica dei Paesi baltici, della Polonia e di tutto il gruppo Visegrad, è uno strumento coercitivo che può impattare sulla sicurezza di un sistema regionale.
Naturalmente questo può essere applicato, teoricamente, a qualsiasi tipo di crisi migratoria aperta a causa di uno Stato di transito che volutamente evita di sigillare i propri confini. In questo caso, cioè quello di Lukashenko, è più facile da parte dei comandi Nato teorizzare questo tipo di conflitto perché la Bielorussia è un avversario esterno all’Alleanza. Ed è ancora più facile dirottare l’accusa nei confronti della Russia, che da anni teorizza questo tipo di conflitto tra i suoi strateghi.
Cosa ben diversa è utilizzare invece questo impianto accusatorio nei confronti di Paesi partner in altre aree del mondo. Tuttavia è abbastanza chiaro che come strumento di pressione, disordine e per Paesi non in grado di condurre guerre convenzionali o lineari perché più deboli, i flussi migratori incontrollati possono essere un’arma. Un tipo di guerra diverso, nuovo, che nasce dalla comprensione del mondo di oggi: il metodo bellico cambia in base alle condizioni dell’essere umano e degli attori che combattono. Ma l’importante è comprendere che chiunque può utilizzare queste tattiche. Non sono modi di fare la guerra necessariamente tipici di un solo attore statale e non statale, ma vanno dalle superpotenze alle potenze medie e piccole. Il campo di battaglia oggi è anche quello ibrido.
FONTE: https://it.insideover.com/guerra/perche-tra-bielorussia-e-polonia-si-parla-di-guerra-ibrida.html
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