INTERVISTA a Vittorio Cuculo: il suo nuovo album, l'attuale stato del JAZZ e l'importanza delle collaborazioni artistiche

lug 2, 2021 0 comments

Intervista di Salvatore Santoru a Vittorio Cuculo

1- Dal 18 maggio è disponibile il tuo nuovo album: “Ensemble”. Quanto ti ritieni soddisfatto di quest’ultima fatica e quali obiettivi speri di raggiungere con esso?

Lo ritengo un bellissimo progetto e mi piacerebbe che fosse accolto nei vari festival, poterlo suonare il più possibile con tutto l’organico dei musicisti. È stato abbastanza impegnativo registrarlo, ma siamo molto soddisfatti del risultato.


Quando bisogna confrontarsi ed organizzarsi per dare modo a una ventina di musicisti di esprimersi (un quartetto, più i componenti della filarmonica, più un vibrafonista, una cantante, un arrangiatore che porta il suo contributo anche come chitarrista) le energie fisiche e mentali che si mettono in movimento sono tante e il rischio di essere dispersivi è forte.


Alla fine, però, prevale appunto quella dimensione del “Noi” e tutto, come per magia, si incastra nel modo giusto. Per me la musica, il jazz, rappresentano tutto, sono la vita, e quindi quando suono cerco di trasmettere le mie esperienze, i miei percorsi interiori, il mio modo di essere.


2- L’album vede la partecipazione di alcuni importanti musicisti jazz, tra cui il noto batterista Gegè Munari. Com’è stato lavorare con Munari e con gli altri artisti che hanno collaborato?


La collaborazione con Gegè Munari “The Legend” era già avviata nel mio esordio discografico, “Between”, uscito per Alfa music. Quando ebbi la fortuna di conoscerlo ero intimorito dall’ importanza della sua figura e dalla sua significativa autorevolezza nel mondo jazzistico. Ho subito notato il suo sorriso e la sua grande vitalità, mi disse e mi dice sempre che la cosa più importante nella musica è divertirsi e star bene: fu un momento che mi toccò l'anima e il cuore. Vedere una grande figura come quella di Gegè, che ha suonato con tutti i più importanti jazzisti del mondo, aver sempre la voglia e l'entusiasmo di suonare e di divertirsi con altri musicisti, mi ha davvero emozionato e profondamente colpito, trasmettendomi il desiderio di far sempre del mio meglio. In questo lavoro discografico, avvalersi della presenza di meravigliosi amici e brillanti colleghi come Danilo Blaiotta, Enrico Mianulli e di importantissimi arrangiatori come Roberto Spadoni, Mario Corvini, Massimo Valentini e Riccardo Nebbiosi, è stata per me una splendida esperienza. E come ho avuto modo di scrivere sulla copertina, “Ensemble” è una parola che evoca subito un insieme strumentale e quindi l’abbiamo usata in questo senso, ma è stata usata anche e soprattutto per sottolineare la dimensione comunitaria del lavoro, che si avvale dell’apporto creativo di tante mani, dall’orchestra al quartetto, alla voce di Lucia Filaci.


3- Le collaborazioni non musicali di “Ensemble” vedono la partecipazione di altri grandi nomi del jazz, in quanto autori delle note di copertina, come Paolo Fresu, Eugenio Rubei e Stefano Di Battista. Quanto reputi fondamentale la collaborazione musicale, magari anche con artisti legati a generazioni differenti o con un background musicale e culturale variegato?


Lo ritengo molto importante. Avere al proprio fianco personalità artistiche di una certa levatura, sentire il loro incoraggiamento, con la loro presenza fisica, musicale e strumentale, o semplicemente con il loro apprezzamento, rappresenta una spinta motivazionale non indifferente, spinge a migliorarsi nel proprio cammino di crescita e a perfezionare il proprio modo di stare nella musica.


4- “Ensemble” è il tuo secondo CD. Quali sono le differenze e le affinità più importanti con il tuo primo lavoro, “Between”?


“Between”, il mio esordio discografico, uscito per Alfa music nel 2020, fu concepito come punto di partenza di un progetto più ampio, che voleva essere incontro tra generazioni (l’età anagrafica dei componenti, il Vittorio Cuculo 4et feat. Gegè Munari, è assai varia), generi e stili musicali diversi (brani originali, standard e brani di cantautori come Luigi Tenco), un lavoro fortemente caratterizzato dal desiderio di comunicare. E così, sempre in linea con questo spirito di empatia e di incontro, il cammino del Vittorio Cuculo 4et feat. Gegè Munari approda oggi a questa nuova tappa, un lavoro discografico che vede il quartetto dialogare con un’orchestra di sassofoni, secondo un susseguirsi variegato di brani che mettono in evidenza una precisa scelta musicale. In questo nuovo lavoro discografico è stato significativo il prezioso apporto dato dalla figura di Gegè Munari, storico e intramontabile batterista, con il suo impareggiabile drumming, unitamente al sound di Danilo Blaiotta (pianoforte)ed Enrico Mianulli (contrabbasso), mixato con i sax della Filarmonica Sabina Foronovana, la voce di Lucia Filaci. Anche “Ensemble” è caratterizzato da uno spirito empatico e rappresenta un’idea di incontro, volendo mettere in risalto la dimensione del “Noi”: la musica unisce, la musica si fa insieme. E mai, come oggi, questo è così importante.  “Ensemble” è anche l’idea che il senso di appartenenza ad un organismo più grande (in questo caso il jazz), vada recuperato e rinvigorito, dandogli acqua e linfa, così come si usa fare con una pianta, per farla crescere bella e robusta. 


5- Come consideri l’attuale stato della musica jazz, specialmente nell’ambito italiano?


In Italia, negli ultimi anni, sono diversi i talenti che sono riusciti a emergere. È bello vedere tante realtà e tanti talenti presenti, perché questo vuol dire che il jazz è vivo. Sono sempre piacevolmente colpito dall’alto livello di tanti musicisti, coetanei e non. Proprio per questa vitalità che caratterizza il jazz italiano, vorrei che si dessero più mezzi e sostegno economico a quanti operano nel settore. Viva la musica, viva la magia del jazz!


6- Hai avuto modo di condividere il palco con importanti artisti jazz di caratura nazionale ed internazionale. Quali pensi essere stati i live più interessanti o, comunque, quelli che hanno inciso nell’ambito della tua crescita artistica e/o personale?


Nel 2014, con una grande emozione che non dimenticherò facilmente, ho preso parte al “Concertone” del primo maggio a Roma in piazza S. Giovanni, insieme ad un gruppo di giovani sassofonisti, con la partecipazione del grandissimo Stefano Di Battista, diretti dal M° Santoloci.  Nel 2018, altra grandissima emozione, con un mio primo quartetto ha suonato il progetto Be Bop mood in Russia, al Delta Jazz Festival, esibendomi nel teatro dell’opera di Astrakhan. E poi il recentissimo intervento con il Vittorio Cuculo Quartet feat. Gegè Munari tenuto lo scorso 30 Aprile per la Casa del Jazz, nella sala Petrassi del Parco della Musica di Roma, in occasione dell’ International Jazz Day.


7- Come hai vissuto l’emergenza legata al Coronavirus e quanto essa ha influito sulla tua attività artistica e, a tuo parere, sull’intero mondo della musica e dell’arte in generale?


La pandemia ha colpito tutti, fisicamente, economicamente e psicologicamente. Un evento così disastroso non può che lasciare il segno. Per quanto mi riguarda, ho riflettuto sulle esperienze fatte, ho studiato, ho chiuso il percorso degli studi accademici. Non ho difficoltà ad ammettere di aver sofferto la situazione, perché per un musicista il contatto con gli altri e il pubblico è vitale. Ho quindi sperimentato come sia importante stare uniti, fare gioco di squadra, puntare sulla relazione umana. Questo è fondamentale ed è l’insegnamento che mi pare di poter cogliere.


8- Hai progetti per il futuro, magari altre collaborazioni o un nuovo album?


Intanto ho un sogno che mi piacerebbe realizzare, ossia che questo lavoro discografico possa avere un riscontro positivo anche in termini di accoglienza nei festival, nelle sale da concerto o all’aperto,  magari riuscendo ad organizzare un piccolo tour. Sulla bontà del progetto, nelle note di copertina, si sono espresse figure capitali del jazz del calibro di Paolo Fresu, Stefano Di Battista e Eugenio Rubei (li ringrazio tanto per il loro incoraggiamento e sostegno). 

Progetti per il futuro ne ho, avrei già in mente un’idea da sviluppare per un prossimo progetto. Ci devo lavorare in termini di ideazione, ma il seme è già presente.


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