Nonostante l’Europa continui a criticare il presidente turco Erdogan per il mancato rispetto dei diritti civili e il premier italiano lo abbia definito nientemeno che «un dittatore» poche settimane fa, l’Unione si appresta a siglare un nuovo patto con la Turchia. La base è la consueta: soldi in cambio di frontiere chiuse ai migranti.
Nelle scorse settimane hanno avuto luogo numerosi incontri tra le autorità turche e i rappresentanti dell’UE. Bruxelles e Ankara, in particolare, hanno ripreso degli accordi risalenti al 2016, nei quali la Turchia si impegnava a bloccare i flussi migratori attraverso i suoi confini, trattenendo i migranti che cercavano di raggiungere la Grecia. In cambio, il paese doveva ricevere fondi da usare per l’accoglienza dei rifugiati all’interno dei confini nazionali. L’UE prometteva inoltre l’accelerazione del processo di adesione della Turchia all’unione e la liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, nonché degli aiuti economici.
In cambio della salvaguardia del confine greco-turco, l’Unione Europea avrebbe garantito fondi pari a 6 miliardi di euro, di cui la Turchia dice di aver visto poco più della metà. Già allora l’accordo era stato duramente criticato dalle associazioni di difesa dei diritti umani tra cui l’UNHCR. La Turchia, innanzitutto, non ha adottato la Convenzione di Ginevra del 1951, che definisce i diritti dei rifugiati, il che fa sospettare della qualità dell’accoglienza in territorio turco. Numerosi sono stati poi i sospetti che l’accordo fosse in violazione della legge internazionale.
Nonostante queste premesse poco promettenti, l’accordo era stato siglato, riportando anche un discreto successo, tra il 2016 e il 2019, nella limitazione dei flussi verso l’Europa. A motivare la ripresa delle negoziazioni è stata la recente decisione del presidente turco Erdoğan di riaprire i confini. Anche in questo caso, si trattava di un capriccio di natura politica, legato ad un episodio di scontro con la Nato in territorio siriano. Un gioco di affronti che ha portato l’UE a fare un passo indietro.
Oggi che i flussi migratori non sono certo ai livelli del 2016, l’ipocrisia dell’Unione Europea fa pensare. Da una parte, l’unione denuncia appassionatamente l’autoritarismo turco per via delle sue numerose violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali sia a danno della minoranza curda che dell’opposizione ideologica interna al paese. Dall’altra, se si tratta di proteggere i confini da migranti e rifugiati, l’UE è ben disposta a perdonare queste mancanze e addirittura di promettere fondi e collaborazioni.
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