Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) si è trovato sotto scacco nell’anno della pandemia da Sars-Cov2. L’Italia ha fatto i conti con un SSN “in ritirata” che non è stato assolutamente in grado di fornire una risposta adeguata al sorgere dell’emergenza sanitaria. Come è potuto succedere? Con la pubblicazione del nuovo annuario statistico del SSN del ministero della Salute relativo al 2019 è possibile valutare com’è cambiato in un decennio il volto del sistema sanitario e in che condizioni si è presentato di fronte al Covid-19, confrontandolo con l’annuario statistico del 2010. Ne esce un quadro sconcertante fatto di numeri che fa comprendere quanto il SSN sia stato eroso nel giro di poco tempo, sotto la scure delle privatizzazioni e dei tagli lineari.
La maggior parte dei tagli avvenuti sono stati a carico di strutture pubbliche: nel 2010 il settore pubblico contava il 46,4% delle strutture totali mentre nel 2019 le strutture pubbliche erano scese al 41,3% del totale. In dieci anni, il SSN ha subito una enorme emorragia di strutture e personale medico mostrando tutta la propria sofferenza.
Nel giro di 10 anni, il numero degli ospedali è sceso di ben 173 unità, pari al 15% in meno che risulta dall’annuario statistico del 2010. Calano anche le strutture per l’assistenza specialistica ambulatoriale: da 9.635 strutture nel 2010 a 8.798 nel 2019. L’assistenza Territoriale Residenziale registra un taglio ancor più marcato arrivando a contare 7.683 strutture nel 2019, a fronte di 9.635 strutture presenti nel 2010.
Meno ospedali significa avere meno posti letto. Tra il 2010 e il 2019, tra pubblico e privato, sono stati tagliati 43.471 posti letto tra degenze ordinarie, day hospital e day surgery. I Consultori sono stati tagliati dai 2.550 del 2010 ai i 2.277 del 2019. Dato preoccupante, in controtendenza, è la crescita dei Centri di Salute Mentale: 1.464 nel 2010; 1.671 nel 2019.
Oltre alle strutture, anche il personale sanitario ha visto grandi tagli nel corso di questi ultimi dieci anni. In questo periodo il personale si è ridotto del 6,5% ovvero di quasi 46.000 posti di lavoro. Tra questi, nello specifico, si registra un passivo di 5.132 medici, 7.374 infermieri, 3.450 medici di famiglia, 592 medici di continuità assistenziale e 310 pediatri.
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