Le crisi, che siano collettive o personali, mettono alla prova il nostro senso critico e la nostra capacità di analisi. Distratti dall’eccezionalità dell’evento che ci sta capitando, spesso, tralasciamo delle questioni importanti, delegando ad altri decisioni che influiranno sulla nostra vita. Oggi l’imperversare della pandemia e dei disagi ad essa connessi, distolgono la nostra attenzione da temi che invece andrebbero urgentemente e collettivamente discussi poiché riguardano da vicino le sorti di ognuno di noi.
È per questo che vi propongo di dare uno sguardo al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il PNRR si colloca all’interno del programma Next Generation EU, un pacchetto di 750 miliardi di euro erogato dall’Unione Europea in risposta alla crisi causata dalla pandemia.
Sebbene gli obiettivi siano tutti volti al risollevamento dall’attuale situazione, c’è qualcosa in materia di clima e di energia che non convince gli esperti. Secondo il parere del gruppo di Energia per l’Italia, infatti, il piano è carente nella definizione di provvedimenti che portino a una reale transizione ecologica e alla sua annessa transizione energetica. L’aumento di energia rinnovabile previsto dal PNRR è totalmente inadeguato a fronteggiare la crisi che sta per travolgerci se non corriamo immediatamente ai ripari.
L’urgenza e la severità dell’attuale condizione climatica non permettono un approccio moderato al problema. Necessitiamo di una transizione ecologica che si basi sul concetto di ecologia integrale. Tale approccio deve coinvolgere la sfera economica, sociale, ambientale e culturale. Non è possibile concepire ad oggi una rivoluzione che escluda uno solo di questi aspetti. Perché la disastrosa situazione ambientale cambi, è necessaria una variazione in campo economico, accompagnata dalla creazione di una cultura e di una società ecologica. In tal senso, l’istruzione e la ricerca costituiscono delle priorità assolute per il Paese. L’Italia deve colmare la lacuna che la vede spendere per la ricerca solo 150 euro annui per cittadino, contro i 250 e i 400 di Francia e Germania. Deve investire nell’istruzione e nella creazione di una cultura più inclusiva ed equa.
Attualmente, ogni giorno sono centinaia gli appelli a salvare il Pianeta. Ma quello che ci piacerebbe vedere è un po’ più di praticità, ripulita dai meccanismi poco oleati della burocrazia. Per esempio vorremmo venissero prese in considerazione iniziative e proposte non ancora contestualizzate entro start up e non perfettamente funzionanti, ma che potrebbero risultare incisive in ambito energetico. Sto parlando di piccole realtà che studiano soluzioni energetiche alternative (soprattutto in campo eolico) e che, non avendo alle spalle strutture economiche salde, fanno fatica ad emergere per i vizi burocratici del Paese. È una triste realtà quella che lega la possibilità di parola alla capacità economica di qualsivoglia ente o impresa. Questo processo, che purtroppo condanna a morte tutte quelle proposte con scarse capacità economiche, ma potenzialmente risolutive, va cambiato se vogliamo rispettare il principio di democrazia che anima la nostra Repubblica.
Naturalmente aprire il mercato a compagnie sconosciute e competitive in termini di idee può spaventare i veterani del settore.
Chi produce o sostiene una qualsiasi cosa, anche immateriale come le idee, e che abbia larga diffusione, tende, anche se in buona fede, a non gradire novità che possano rivelarsi migliori di quella e svalutarla.
Esemplare, nel campo dei beni di consumo quotidiano, è la resistenza – vittoriosa da decenni – dei produttori di creme da barba e di rasoi di sicurezza alla diffusione dei rasoi elettrici, quantunque essi siano meno irritanti per la pelle e più economici nel lungo periodo.
Un esempio paradossalmente contrario, e perciò sospettabile di pastette, è il forzato continuo rinnovo del parco auto privato, che col pretesto dell’inquinamento atmosferico è stato imposto in solo 8 dei 28 Paesi UE, fra cui l’Italia (in barba allo spirito dell’Articolo 25, comma 2, della sua Costituzione ed alla lettera dell’articolo 24 del Codice del Consumo), ad esclusivo beneficio delle Case automobilistiche.
Il maggiore rischio per la vita sulla Terra è il Riscaldamento Globale ed i conseguenti Cambiamenti Climatici (rischio molto più grave della pandemia, che ne è solo un probabile effetto), causato dalla crescita delle parti per milione di CO2 nell’atmosfera, avvenuta con lo sviluppo industriale umano, per l’intenso uso delle fonti di energia fossili (carbone, petrolio, metano) fatto negli ultimi circa due secoli.
È quindi vitale, nel vero senso, che ogni prodotto – compresi i generatori di energia verde – abbia costi energetici quanto possibile bassi. Nello sceglierli si dovrebbe perciò tenere conto dei loro EROEI (Energy Return On Energy Invested).
Una delle fonti rinnovabili oggi più utilizzate per produrre energia senza emettere CO2 è l’eolico, il cui EROEI varia da 5 a 80 , dipendendo esso molto da quanto è ventoso il luogo di utilizzo . Di conseguenza, per inciso, il settore è stato infiltrato dalla criminalità organizzata, che è riuscita a lucrare sugli incentivi statali installando impianti anche dove di vento ce n’è poco.
Il costo energetico dei prodotti industriali è proporzionale alla loro massa (peso); massa non dichiarata da nessun produttore di grandi torri eoliche, a riprova che quello è il loro tallone di Achille energetico (vedasi, ad esempio, il sito della General Electric, che è uno dei più importanti).
Alla massa della torre va aggiunta quella, all’incirca uguale, del plinto di fondazione in cemento armato, materiale anch’esso molto energivoro.
Non sembra quindi quello il modo più efficiente per sfruttare la maggiore riserva di energia esistente sul Pianeta: i venti di alta quota.
Non per caso, nel 2011, le organizzazioni che si occupavano di AWE erano oltre 40 e sei anni dopo erano cresciute ad oltre 60; a riprova dell’attrattiva di una tecnologia che, riducendo del 90%, a parità di potenza, non solo i costi economici delle torri eoliche, ma anche quelli energetici, ne riduce di altrettanto i tempi di ritorno degli investimenti; vantaggio importante, in un’ottica climatica, poiché la permanenza in atmosfera della CO2 è stimata fra i 50 e i 200 anni.
Un esempio, fra i tanti, del blocco che impedisce alle nuove idee – tecniche e non – di farsi almeno conoscere e giudicare da possibili investitori è quello del Progetto KGM1.
Esso si basa su concetti differenti dalla moltitudine dei progetti AWE. Concetti basati sulla semplicità e su un sistema “lineare” che lavora a quota costante e senza mai fermare il generatore, utilizza aquiloni (di tipo Kite) di normale produzione ed è concepito da un parapendiista e volovelista, Marco Ghivarello, che quei venti li incontra di persona, da molti anni, ogni fine settimana.
Ebbene, le 200 pagine contenenti calcoli, registrazioni di prove ed un accurato Business Plan, oltre alla tesi di Laurea Magistrale fatta sul KGM1 e un primo prototipo validatore delle traiettorie non sono riuscite a farsi almeno esaminare, ultimamente, né dalla sola Società petrolifera italiana, la ERG di Genova , che da diversi anni ha meritoriamente assunto la produzione di elettricità da Eolico come suo scopo principale, né dalla Solar Impulse Foundation, realizzatrice di un giro del mondo su un aereo ad energia solare, che ha rinverdito i trascorsi meriti esplorativi ed ambientali della Famiglia Piccard.
Tale Foundation – notare – propone ben 1.000 soluzioni , redditizie ed utili al bene del Pianeta, ma le potenzialità del KGM1 non ha voluto nemmeno esaminarle. Servirebbe un TRL6, cioè un prototipo perfettamente funzionante, ovvero una “Mission Impossible”, per chi, come Marco, non ha i denari necessari a portare in produzione iniziative milionarie, ma potenzialmente utili per l’umanità e aventi una scalabilità mondiale.
Flavia Negozio e Leonardo Libero
* L’articolo è stato redatto grazie al prezioso contributo di Leonardo Libero, classe 1927. Leonardo è un appassionato eroe contemporaneo, combattente per il pianeta e per la libertà, nonché uno tra i primi giornalisti e divulgatori scientifici.
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