Alessandro Profumo passa, a pieni voti, il giudizio dell’assemblea di Leonardo. L’amministratore delegato dell’ex Finmeccanica ha infatti incassato il sostegno di una maggioranza quasi unanime e ha visto respingere la mozione per un’azione di responsabilità nei suoi confronti presentata dal fondo Bluebell Partners, microazionista guidato dal finanziere Giuseppe Bivona. Una quota di soci rappresentanti oltre il 99,3% del capitale del colosso italiano dell’aerospazio e della Difesa ha respinto la richiesta del gruppo di Bivona di mettere sotto accusa Profumo e di discuterne la permanenza ai vertici dell’azienda per il suo coinvolgimento nel caso Mps, per le vicende relative al triennio 2012-2015.
Il nodo sul processo a Profumo
Profumo nell’ottobre scorso ha ricevuto, in primo grado, una condanna a 6 anni di prigione e a una multa di 2,5 milioni di euro nel caso Mps, ma sono state sino ad ora smentite le voci che ritenevano possibili ripercussioni a cascata sul posizionamento internazionale del gruppo da lui diretto e sulle sue prospettive finanziarie per queste vicende di carattere giudiziario.
La sentenza su Profumo non è passata in giudicato, il processo presenta diversi coni d’ombra che, letti in sinergia con diverse ambiguità coinvolgenti il tribunale di Milano che ha analizzato il caso e con un complesso problema di eccessiva esposizione mediatica per le partecipate pubbliche e gli affari giudiziari dei loro dirigenti rendono necessari ulteriori approfondimenti. E inoltre nessuna delle imputazioni di cui Profumo è stato chiamato a rispondere riguardano in alcun modo il suo impegno in Leonardo.
Il Tesoro blinda Profumo
Non a caso il ministero dell’Economia, impegnato nel sostegno al premier Mario Draghi nella definizione delle prossime tornate di nomine pubbliche, ha votato contro riservandosi, come di prassi in questi casi, di valutare l’evoluzione in futuro del procedimento in corso e blindando la leadership di Profumo.
Nell’assemblea del gruppo di Palazzo Montegrappa, Bivona ha subito, ricorda Affari Italiani, la seconda sconfitta in poche settimane sul caso Profumo: “A inizio aprile, dopo aver scritto al presidente del Consiglio Mario Draghi e al ministro dell’Economia Daniele Franco chiedendo che l’azionista pubblico votasse nell’assemblea Mps a favore dell’azione contro l’ex presidente Profumo e l’ex amministratore delegato Fabrizio Viola, il Tesoro, titolare del 64% del capitale, si era espresso in termini contrari”. Un copione simile a quanto accaduto in Leonardo, ove Via XX Settembre è presente con oltre il 30% delle quote come primo azionista.
I fronti aperti per Leonardo
Ogni cittadino ha diritto a un giusto processo, ad affrontare accuse nell’opportuna sede legale, a non dover essere costretto a vedere le problematiche processuali interferire con le carriere professionali e le occupazioni su cui l’ombra del sospetto non ricade: questo basilare principio di precauzione e di garantismo basterebbe a non ritenere sufficiente l’idea secondo cui il “danno di immagine” che Profumo apporterebbe a Leonardo sarebbe una causa per giustificarne le dimissioni o l’uscita dal gruppo. Non possiamo non notare che la crescita dell’offensiva mediatica e della pressione verso Profumo sia coincisa con l’avvio di una fase dall’elevato valore strategico per il gruppo da lui diretto, oramai proiettato ai vertici delle filiere globali della difesa.
Leonardo è oggi protagonista dei progetti per il caccia Tempest; si propone come prime contractor nei programmi della corsa spaziale italiana e nel progetto lunare Artemis; ha visto un rafforzamento sul fronte di Ia, data analyitics e potenza di calcolo con il varo del supercomputer davinci-1 basato a Genova; è, a suo modo, “sbarcata” al governo dopo la nomina del suo ex direttore della ricerca Roberto Cingolani a ministro della Transizione Ecologica nella squadra di Mario Draghi; ultimamente ha rafforzato ulteriormente la sua proiezione rilevando per oltre 600 milioni di euro il 25% di Hensoldt, società tedesca leader nel campo dei sensori per applicazioni in ambito difesa e sicurezza, con un portafoglio in forte crescita nella cyber security, gestione dei dati e robotica.
La sfida americana
Ha subito uno stop, invece, la campagna di espansione oltre Atlantico. A marzo Leonardo ha annunciato lo stop allo sbarco in borsa tramite Ipo (Initial public offering) della controllata statunitense Drs, che prevedeva il collocamento di una quota di minoranza, compreso tra il 22 e il 25,3% del capitale sociale del gruppo con sede a Parsipanny, New Jersey, da tempo strategico fornitore dell’ecosistema della Difesa Usa.
Ebbene, proprio in quella circostanza si assistette, negli Usa, a una recrudescenza delle critiche verso l’ex Finmeccanica da parte di figure e media appartenenti alla galassia liberalconservatrice vicina all’ex presidente Donald Trump. L’Epoch Times ha lanciato accuse che vorrebbero gli impianti campani di Leonardo impegnati a produrre tecnologie strategiche potenzialmente trasferibili a Russia e Cina, mentre il New York Post ha dato spazio alle accuse di Bivona arrivando a intervistare il finanziere autodefinitosi “attivista”. La campagna del micro-azionista è stata utilizzata come chiave di volta per provare a mettere in difficoltà Profumo, le cui attività in Leonardo, azienda saldamente incardinata nel complesso euro-atlantico della Difesa, infastidiscono alcuni settori del complesso militare-industriale statunitensi, colpiti da un inserimento che per i rapporti di forza di partenza ricorda quello compiuto dall’Eni di Enrico Mattei nel mondo petrolifero dominato dalle major anglo-americane tra gli Anni Cinquanta e Sessanta.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO:
https://it.insideover.com/difesa/profumo-blindato-dallassemblea-ora-leonardo-si-rafforza.html
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