Vietnam, Laos e Cambogia, i tre Paesi che in epoca coloniale venivano racchiusi sotto la denominazione di Indocina francese, sono stati tra quelli che fino ad ora hanno registrato il numero minore di casi legati alla pandemia da Covid-19. Secondo i dati ufficiali aggiornati al 3 maggio, la Cambogia ha finora registrato 14.520 casi positivi e 103 morti su 17 milioni di abitanti, il Vietnam 2.962 casi e 35 morti su 98 milioni di abitanti, il Laos 933 casi e nessun morto su 7.4 milioni di abitanti.
Tuttavia, negli ultimi giorni questi tre Paesi sono stati vittime di una nuova ondata che preoccupa le istituzioni. L’aumento più importante ha riguardato la Cambogia, l’unico dei tre a non essere più uno Stato socialista. I casi registrati dalle autorità di Phnom Penh hanno iniziato ad impennarsi già nel corso di marzo, passando dagli 820 di inizio mese ai 2.440 del 31 marzo, ma è ad aprile che si sono verificati i contagi più numerosi, superando quota 10.000 il 26 aprile, fino agli oltre 14.000 di oggi.
Approfittando della sua posizione geografica isolata e senza sbocchi sul mare, di una popolazione numericamente contenuta e delle politiche applicate dal governo del Partito Rivoluzionario del Popolo Lao, il Laos era rimasto praticamente “immune” alla pandemia, registrando solamente 60 casi complessivi fino al 20 aprile. Tuttavia, nell’arco di una settimana, la situazione è precipitata, segnando un aumento del 1.500% dei casi positivi, sebbene in numeri assoluti si parli sempre di cifre assai contenute rispetto a quelle della maggioranza dei Paesi del mondo, tanto che il Laos figura al 195° nella classifica dei Paesi più contagiati. Già il 23 aprile, comunque, il governo del Laos ha chiuso i confini nazionali e ha annunciato un blocco di due settimane nella capitale Vientiane.
L’aumento improvviso dei casi positivi in Laos e Cambogia, da attribuirsi anche alla diffusione nel continente asiatico della cosiddetta variante indiana, che sembra trasmettersi con maggiore facilità, ha immediatamente allarmato le autorità vietnamite. Il 20 aprile, il Comitato del Popolo della provincia di Kiên Giang, al confine con la Cambogia, ha ordinato alle forze di polizia di lavorare a stretto contatto con le guardie di frontiera per impedire alle persone di attraversare il confine illegalmente. "Il compito è impegnativo, soprattutto perché la regione meridionale è entrata nella stagione delle piogge, ma tutti i membri sono consapevoli che è cruciale e nessuno si è scoraggiato", aveva dichiarato in quell’occasione il tenente Nguyễn Sự Long.
In totale, il Vietnam condivide un confine di 1.137 chilometri con la Cambogia, e non sono rari i casi di attraversamenti illegali del confine. Inoltre, la marina è stata mobilitata per pattugliare l’area circostante l’isola di Phú Quốc, appartenente al Vietnam ma molto vicina alle coste cambogiane e distante pochissimi chilometri dall’isola di Koh Seh, che invece è sotto il controllo di Phnom Penh. Per questa ragione, il comando della regione navale 5 della Marina popolare del Vietnam, incaricato di proteggere le coste sud-occidentali e di controllare il Golfo di Thailandia, ha inviato più navi a pattugliare aree chiave, utilizzando radar per rilevare eventuali imbarcazioni provenienti dalla Cambogia.
Parimenti, le forze nel Vietnam settentrionale e centrale hanno rafforzato i controlli lungo il confine tra Vietnam e Laos, che si estende per 2.161 chilometri attraverso 10 province. Il capitano Hoàng Kim Bác della provincia di Quảng Trị ha ricordato che in questa stagione i livelli dell'acqua nei fiumi delle regioni centrali e settentrionali sono bassi, rendendoli percorsi ideali per gli attraversamenti illegali della frontiera. Il 23 e 24 aprile, nove persone sono state sorprese a fare irruzione in Vietnam in questa stessa area.
Il 29 aprile, le autorità della provincia settentrionale di Hà Nam hanno dichiarato la positività di un uomo vietnamita (paziente 2.899) tornato dal Giappone il 7 aprile, e che aveva regolarmente trascorso 14 giorni di quarantena al suo arrivo nella città di Đà Nẵng. Il 22 aprile, il ventisettenne è tornato a casa nella provincia di Hà Nam, ma il 24 aprile ha iniziato a mostrare sintomi come tosse, febbre e mal di gola. A seguito del risultato positivo del test, è stato messo in quarantena presso l’ospedale di Hà Nam. Successivamente, il padre (paziente 2.901), la madre (2.903), la moglie (2.908) e il figlio (2.909) dell’uomo sono risultati positivi. In seguito a questi risultati, le autorità provinciali hanno decretato la chiusura di tutti i servizi non essenziali. Nei giorni seguenti, il Comitato del Popolo della provincia ha decretato la chiusura di tutte le scuole fino al 9 maggio.
Nella serata del 29 aprile, il Ministero della Sanità ha confermato sei nuovi casi di contagio all’interno del Paese, ponendo ufficialmente fine ad oltre un mese di tempo senza contagi interni alla comunità. Oltre ai cinque casi sopra citati, se n'è aggiunto un altro (paziente 2.910) da parte di un uomo che, dopo essere entrato in contatto con il paziente 2.899, si è recato in visita ad Hồ Chí Minh City, la città più popolosa del Paese, che aveva trascorso ben 75 giorni senza casi positivi.
Il 30 aprile, festa nazionale in quanto giornata della liberazione e della riunificazione nazionale, in ricordo della liberazione di Sài Gòn il 30 aprile 1975 [1], le autorità hanno confermato altri tre casi positivi da parte di persone che avevano avuto contatti con il paziente 2.899. Uno di questi casi (paziente 2.911) è stato registrato nella capitale, Hà Nội, le cui autorità cittadine, dopo 73 giorni senza casi locali, hanno immediatamente provveduto alla chiusura dei servizi essenziali. Nel pomeriggio della stessa giornata, anche le autorità di Hồ Chí Minh City hanno emesso un provvedimento di questo tipo, come annunciato dal sindaco Nguyễn Thành Phong.
Nella stessa giornata, il Vietnam ha registrato anche i primi casi della cosiddetta variante indiana, alla quale sono risultati positivi quattro lavoratori indiani appena giunti nel Paese ed un vietnamita entrato in contatto con uno di questi. L’uomo vietnamita lavorava infatti alla reception di un hotel della provincia di Yên Bái, dove i quattro indiani si trovavano in quarantena. In precedenza il Vietnam aveva già registrato casi relativi alla variante britannica e a quella sudafricana.
Il ministro della Sanità, Nguyễn Thanh Long, si è detto "profondamente preoccupato per il rischio che i casi importati causino la quarta ondata nel Paese". Long ha suggerito che le città e le province in tutto il Vietnam interrompano i servizi non essenziali, ma ha lasciato la decisione finale alle autorità locali sulla base della valutazione della situazione epidemiologica. Il ministero ha inoltre raccomandato la sospensione di eventi affollati come festival, strade pedonali e mercati notturni. Al 3 maggio, hanno applicato queste misure le città di Hà Nội e di Hồ Chí Minh City, oltre alle province di Hà Nam, Tuyên Quang, Yên Bái, Nam Định e Hải Phòng. La provincia di Hà Nam è considerata l’epicentro di questa nuova ondata, con diciotto casi positivi registrati.
Nel frattempo, il Vietnam sta proseguendo a lavorare sulla produzione dei propri vaccini contro il Covid-19. Il 28 aprile, il Comitato permanente dell'Assemblea nazionale ha approvato lo stanziamento di 12 trilioni di đồng (520,44 milioni di dollari) per la produzione e l’acquisto dei vaccini. Inoltre, il governo ha anche chiesto l'approvazione dell’Assemblea Nazionale per sbloccare i soldi inutilizzati provenienti dal fondo per la prevenzione delle pandemie per il 2020, stanziato lo scorso anno dal Ministero della Sanità. La commissione per le finanze e il bilancio ha affermato che la proposta del governo è ragionevole dato lo sviluppo complicato e imprevedibile della pandemia Covid-19. Tuttavia, poiché la legge sul bilancio dello Stato non consente il trasferimento automatico di tale somma da un anno all'altro, dovrà essere l’Assemblea Nazionale ad approvare il provvedimento.
Il Vietnam sta inoltre implementando la propria collaborazione con il vicino Laos nella lotta contro la pandemia. Il ministro della Sanità, Nguyễn Thanh Long, ed il suo omologo laotiano, Bounfeng Phoummalaysith, si sono incontrati virtualmente per stipulare un piano di assistenza nei confronti della piccola repubblica senza sbocchi sul mare. Il rappresentante del governo di Vientiane ha dichiarato che quindici delle diciotto province del Laos hanno registrato almeno un caso positivo, e che il Paese non dispone di sufficienti risorse per fronteggiare l’emergenza. Phoummalaysith ha chiesto la Vietnam la fornitura di dieci macchinari per effettuare test RT-PCR istantanei, con una capacità di 40.000 campioni al giorno. Il Vietnam, inoltre, fornirà al Laos 200 ventilatori e due milioni di mascherine, mentre esperti vietnamiti andranno in Laos per costruire ospedali da campo ed aumentare il numero di posti in terapia intensiva. Il governo del Partito Comunista del Vietnam si è dunque dimostrato ancora una volta pronto a venire in soccorso di un Paese amico in difficoltà, oltre a mostrare consapevolezza del fatto che combattere l’epidemia in Laos è anche un modo per evitare che questa prenda piede anche in Vietnam.
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