L’abilità politica internazionale maggiore di Erdogan è consistita nel colmare i vuoti politici lasciati liberi soprattutto dagli Stati Uniti e dagli ectoplasmatici europei. Allo scopo si è opportunisticamente unito alla Russia in funzione antiamericana per estromettere gli USA dal Medio Oriente, onde spartirlo in zone di influenza, accantonando i contrasti di una innaturale alleanza[1] tra contraenti dagli opposti interessi.
L’espansionismo turco ha saputo assecondare l’oscillazione divergente americana per allargare il proprio raggio d’influenza dall’Africa settentrionale, alla Penisola Arabica, passando per il Mediterraneo, il Mar Rosso, l’Oceano Indiano e il Golfo Persico.
Incurante, è passato puntualmente sopra chi ha trovato sul suo cammino: ha molti nemici, in primis Francia, Grecia, Cipro, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, e pochi alleati, tra i quali emergono il ricchissimo Qatar e la lontana Cina.
Or che l’America inizia a oscillare in senso convergente, Erdogan, non avendo molto altro da spremere dalla proiezione della Russia, ha pensato di assecondare ancora una volta il verso della politica degli Stati Uniti.
Prima dell’implosione dell’URSS, la Turchia aveva nella frontiera caucasica in comune con l’orso sovietico la sua principale ragion d’essere nella NATO. Venendo a mancare il contatto diretto, Erdogan, per farsi perdonare il flirt con Putin e per ricevere una polizza assicurativa sulla propria sopravvivenza politica, ha pensato di proporsi come nuova quint’essenza della NATO, offrendo in pegno agli americani le non sue immense coste sabbiose delle spiagge russe del Mar Nero e le scogliere della Crimea, la cui annessione russa non ha mai riconosciuto.
Innanzitutto ha idealmente abraso la Convenzione di Montreux del 1936, che regola il passaggio delle navi civili e militari attraverso i congestionati Stretti del Bosforo e dei Dardanelli, di cui la Turchia è guardiana. Per rendere credibile la cosa, ha rispolverato il progetto di creare un secondo Canale artificiale nella Tracia orientale[2], sottratto alla disciplina della Convenzione di Montreux, dal quale un giorno ignoto solo le flotte americane passerebbero liberamente senza restrizioni, ma non quelle russe.
Nell’epoca in cui i cinesi sognano ad occhi aperti di costruire opere ciclopiche e appena vedono un istmo, progettano di tagliarlo, un Canale lungo quarantacinque chilometri non è uno sforzo impossibile.
Forse in quale Cancelleria se la ridono a leggere dei folli progetti di Erdogan, perché intanto la Convenzione di Montreux non viene denunciata. In più il nuovo Canale, del quale è stato appena iniziato qualche lavoro, sarà attivo tra anni e anni, se tutto va bene.
Oltretutto, una flotta che si isola nel quasi chiuso Mar Nero, è intrappolata.
In altri termini, Erdogan sta bluffando con il duo (sperabilmente non comico) Biden&Blinken. Forse pure alla Casa Bianca non lo prendono troppo sul serio, perché gli Stati Uniti per contrastare temporaneamente la postura marittima della Russia nel Mar Nero non abbisognano del non indispensabile consenso della Turchia, quanto piuttosto di intendersi con l’Ucraina, appena minacciata in questo aprile dal Ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, di possibile distruzione.[3]
Si aggiunga che la posizione commerciale e militare di Erdogan è dissociativa.
Infatti la Convenzione di Montreux recita: “In tempo di pace, le navi mercantili godranno di completa libertà di passaggio e di navigazione negli Stretti, di giorno e di notte, quali che siano la bandiera e il carico, senza alcuna formalità, salve le disposizioni dell’articolo 3 seguente. Nessuna tassa o diritto diversi da quelli la cui esazione è prevista dall’allegato I alla presente Convenzione sarà prelevata dalle autorità turche su dette navi quando esse transitano senza fare scalo in un porto degli Stretti. … In tempo di guerra, se la Turchia non è belligerante le navi mercantili, quale che siano la bandiera e il carico, godranno della libertà di passaggio e di navigazione negli Stretti … In tempo di guerra, se la Turchia è belligerante, le navi mercantili che non appartengono ad un paese in guerra con la Turchia, godranno della libertà di passaggio e di navigazione attraverso gli Stretti, a condizione di non prestare alcuna assistenza al nemico.”
All’attuale regime militare e commerciale di diritto internazionale degli Stretti, tendenzialmente aperto e libero per tutti, Erdogan ne vorrebbe giustapporre in concorrenza sul Canale uno nazionale, a pagamento e chiudibile secondo il piacimento dei turchi.
Il possibile retropensiero di bloccare i traffici sugli Stretti naturali del Bosforo e dei Dardanelli, per mantenere agibile solo il Canale artificiale, darebbe luogo a scontri inimmaginabili tra Turchia e gli altri Stati rivieraschi del Mar Nero, ad iniziare dalla Russia, che non accetterebbe di essere soffocata e confinata nel Mar Nero.
Non accidentalmente mancano i finanziatori internazionali disposti ad investire nell’opera.
In ogni caso, non è il Mar Nero il principale punto di frizione tra Russia e America.
In base a una regola non scritta i due rispettivi eserciti non si sono mai combattuti direttamente, ma alternativamente per procura, in quanto la presenza militare sul campo dell’uno esclude quella dell’altro. Questa regola vale ancor più sui mari.
Bisogna allora volgere lo sguardo alla piattaforma continentale europea.
Se a Washington lasciano correre che la Turchia si sveni per il Canale, a Mosca fingono di sopportare la giravolta di Erdogan e il suo progetto di secare la Tracia. Ma non reagirebbero parimenti per quel che riguarda i passaggi di campo tra aree.
Una diplomazia attenta e che non si fa cogliere di sorpresa, non solo conosce in anticipo gli sviluppi del futuro prossimo, ma getta anche le basi del tempo successivo, non disdegnando il cinismo per indurre segretamente in errore.
Allora si prospetterebbero tre soluzioni: a) che un vaso di ferro più piccolo tentenni e crepi quello di coccio; b) che ciò possa essere fatto dal un vaso di ferro più grande; c) che i due vasi di ferro si accordino sulle contropartite e tentennino in modo convergente, ma non per urtarsi.
Lasciando da parte quali siano le soluzioni meno probabili, è più interessante focalizzare l’attenzione su dove e quando andrebbero a cadere i frutti più pregiati.
L’Italia si preparerebbe per tempo a raccoglierli in silenzio, memore del fatto che quando ha fatto comunella, dopo aver versato sangue o sudore, è ritornata con le pive nel sacco.
Tanto, gli altri non hanno mai avvisato dei loro affari più succosi, e quando lo hanno fatto, è stato per mettere l’Italia davanti al fatto compiuto. Di che si scandalizzerebbero ipocritamente?
L’attesa vigile e riflessiva serve a cogliere e a propiziare le occasioni buone.
[1] Daniele Perra, Turchia e Russia: alleati o nemici? in www.osservatorioglobalizzazione.it
[2] Giuseppe Galliano, Le cose turche di Erdogan sul Canale di Istanbul, in www.startmag.it
[3] https://www.unian.info/politics/donbas-ukraine-could-be-destroyed-in-case-of-escalation-lavrov-claims-11374168.html
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