Quale fu l’eredità dell’esperienza napoleonica? Quali principi educativi e formativi hanno consentito ad un istituto, nato più di duecento anni fa, di essere ancora attivo?
Il breve, ma intenso periodo della cosiddetta epopea napoleonica, ha modificato e influenzato le istituzioni italiane anche dopo. Per molti storici questo periodo è stato visto come la genesi della formazione della coscienza nazionale, che di lì a qualche decennio avrebbe portato alla nascita dello stato unitario.
Ciò che si vuole evidenziare è come dall’idealismo giacobino sia nato un istituto con fini pratici a carattere educativo, militare e sociale. L’istituto fondato con decreto dal vice Presidente Melzi nel gennaio 1802, voluto fortemente dal generale Teulié divenne l’emblema delle novità portate in Italia dal vento rivoluzionario dell’armata napoleonica.
L’opera di Pietro Teulié si inserisce in un dibattito storico che per lungo tempo la storiografia italiana ha tralasciato, preferendo narrare solo le gesta “nazionali” legate ai Savoia – dagli anni ottanta del ‘900, la storiografia ha ripreso ad indagare il periodo napoleonico quale fondante per lo spirito nazionale – .
L’avvocato Teulié fu un passionale uomo del suo tempo, affiliato alla «Società dei Raggi», cercò di portare avanti la causa dell’autonomia dei territori italiani nei confronti della tutela militare francese. La componente militare italiana, nata da esperienze di volontari giacobini, viveva in un ambiente diviso tra chi sosteneva la totale tutela francese, e chi predicava l’indipendenza.
Una volta in campo l’esercito italico diede prova del suo valore, utilizzato come ausilio della Grande Armée, fece emergere la preparazione e la caparbietà dei soldati italiani che, come Teulié, non fecero mancare il loro apporto nelle campagne napoleoniche.
La rivoluzione aveva attribuito al soldato un nuovo ruolo, quello di cittadino difensore degli interessi comuni e preparato sulle tecnologie della guerra. L’educazione militare diventava un momento fondamentale sia come elevazione culturale, che come elevazione sociale.
Per creare un esercito efficiente si rese necessaria l‘istituzione di strutture formative che avrebbero dovuto garantire ai quadri una adeguata formazione tecnica, tattica, logistica.
Gli istituti di formazione militare creati in Italia ebbero un rapporto privilegiato con la pratica sul campo. Ciò che veniva premiato era innanzitutto il merito e le capacità del singolo. Tra le scuole più importanti senza dubbio vi fu quella di Modena, istituita nel 1797, sede della Scuola militare dell’artiglieria e del genio, armi dotte per cui valeva, soprattutto, il merito e non il lignaggio.
Negli anni successivi furono costituite altre scuole: la scuola di equitazione, la scuola teorico-pratica di artiglieria con sede a Pavia, istituite nel 1803, la scuola militare per allievi ufficiali di fanteria sempre a Pavia, la scuola di gendarmeria di Milano istituite nel 1807, il collegio di marina a Venezia, istituito nel 1810, la scuola di fanteria di Cantù fondata nel 1812, la scuola per allievi di artiglieria a cavallo istituita a Modena nel 1810.
Accanto a questi istituti bisogna collocare l’orfanotrofio militare.
Oltre alla funzione militare, la costituzione di un orfanotrofio per i figli dei militari rientrava anche nell’ottica dell’assistenza e della beneficenza, un problema molto sentito in ambiente napoleonico, e in particolare da Pietro Teulié, che fu un attivo sostenitore di questo nuovo istituto.
Le strutture di assistenza erano già presenti nella Lombardia di Giuseppe II, ma con caratteristiche differenti. La tutela degli orfani e degli esposti era diventata nell’età dei lumi un problema di cui era lo stato a farsi carico, in quanto occorreva evitare che questi fanciulli diventassero delinquenti. Il fine delle strutture assistenziali era di educare moralmente ed addestrare al lavoro in modo da evitare che i fanciulli diventassero dannosi per la società. Tra il XVII e XVIII secolo si erano affermati progressivamente in Europa, in tempi e modalità differenti, istituti per il disciplinamento degli esposti e degli orfani.
L’orfanotrofio di Milano ebbe come humus ideologico tutto l’apparato rivoluzionario; la rivoluzione francese modificò l’assistenza all’infanzia sulla scia della nuova concezione di nazione.
Lo stato si doveva prendere cura degli esposti e degli orfani, facendo della patria la madre di quei fanciulli. L’educazione divenne fondamentale strumento per forgiare i nuovi cittadini: il bambino, simbolo di purezza, avrebbe ricevuto una formazione repubblicana fondata sul lavoro e frugalità, in opposizione alla mollezza dell’aristocrazia. Tutti gli istituti di sostegno agli orfani ed esposti avevano come fine l’impiego nell’armata.
L’introduzione dell’istruzione militare contribuì a laicizzare il mondo scolastico – in mano al clero e diviso per ceto sociale – cercando di formare nuovi cittadini. É in questo contesto educativo che si inserisce l’istituzione del collegio militare per gli orfani dei figli dei caduti dell’armata cisalpina.
L’orfanotrofio presso l’ex monastero di S. Luca a Milano fu il primo esempio di struttura esclusivamente dedicata ai figli dei militari. Alle origini, gli orfani del collegio al termine del percorso educativo, erano avviati alla vita militare presso i battaglioni della Speranza. Queste unità dedicate ai giovani fondavano le loro radici nell’humus di rinnovamento portato avanti dalla corrente giacobina italiana, che aveva fatto proprie le lezioni francesi. Quando propose un istituto per gli orfani, il giacobino Teulié aveva in mente questa lezione.
La base di questo pensiero nuovo era costituta dagli ideali di eguaglianza e democrazia che avrebbero dovuto educare la nazione. I fanciulli sarebbero stati i nuovi apostoli di questa dottrina basata sulla formazione morale nazionale e militare della gioventù. Il cittadino nuovo, formato dalla pedagogia giacobina, avrebbe garantito la libertà della azione anche attraverso le armi.
Questa figura di fanciullo soldato fu portata in Italia durante gli anni della repubblica Cisalpina. La concezione di figlio della patria fu adottata in pieno dalle strutture cisalpine. In Italia, anche se in modo più moderato e in ritardo rispetto alla Francia, il giacobinismo influenzò il modello educativo, facendo dell’educazione militare e repubblicana, tesa all’esaltazione della patria, un ausilio dell’azione politica.
La repubblica diventava nell’immaginario collettivo madre degli esposti e degli orfani, in grado provvedere alla lora educazione e al loro sostentamento. I giovanetti poveri ed orfani furono organizzati in battaglioni, in cui venivano addestrati e avviati alle armi. Ogni cittadino in qualità di figlio della patria avrebbe dovuto difenderla. Si trattava delle stesse finalità che avevano condotto a imporre la coscrizione obbligatoria nel 1802.
L’appartenenza ad un battaglione militare educava i fanciulli, non solo al patriottismo, ma soprattutto all’obbedienza: aspetto fondamentale del buon cittadino – soldato. L’idea di irreggimentare i fanciulli si estese anche ad altre città e aree della pianura Padana, ma non trovò applicazione, soprattutto perché il mantenimento era relegato alle casse della varie municipalità.
Il progetto di Teulié, nato durante il suo mandato al Ministero della Guerra, trovò applicazione sotto il suo successore Giovanni Tordorò, che supportò il vicepresidente Melzi nell’istituzione del collegio. Con l’ordine del giorno del 15 gennaio 1802 – lo stesso decreto che istituì il corpo dei veterani e degli invalidi- fu creata a Milano una casa di educazione per gli orfani militari, sotto il nome di orfanotrofio.
Il decreto ministeriale del 17 dicembre 1802 separò il reggimento degli invalidi e dei veterani dall’orfanotrofio, stabilendo che gli allievi dovessero ricevere pane e paga allo stesso modo dei volontari di fanteria. Dal 1° gennaio 1803 lo stabilimento sito presso il monastero detto di S. Luca entrò in funzione come orfanotrofio militare, senza, però, un ordinamento preciso che ne regolasse le attività.
La formazione di un istituto educativo dedicato esclusivamente ai figli dei militari mette in risalto l’importanza che le istituzioni post rivoluzionarie attribuivano agli appartenenti all’armata, in quanto emblemi di fedeltà nei confronti dei nuovi ordinamenti. La patria si sentiva riconoscente verso il soldato, garantendo assistenza agli invalidi, ai veterani, alle mogli ed agli orfani.
L’ammissione all’orfanotrofio prevedeva alcune restrizioni; infatti occorreva essere figli di militari dell’armata, dimostrare la propria indigenza ed avere un’età compresa tra i sette e i dodici anni. Nella prima fase erano ammessi solamente figli di militari di truppa. Fatto ancora più importante, i figli dovevano essere legittimi e battezzati. Le domande di ammissione dovevano pervenire al consiglio amministrativo del corpo, in cui il padre era stato in servizio. La domanda doveva essere accompagnata dal certificato di battesimo e da un certificato di sana e robusta costituzione, rilasciato dal chirurgo del corpo.
L’aspetto sanitario non è da trascurare, infatti «il soldato va trattato con riguardo e la sua salute va curata, perché egli difende la patria…L’esercito ha bisogno di uomini validi, la medicina deve restituirgli sani coloro che,[durante le battaglie] ne assottigliano le file».
Oltre agli aspetti igienico-sanitari vennero curati gli aspetti logistici, ma soprattutto quelli educativi. Vennero redatti dei programmi triennali dove alle materie teoriche, veniva applicata la pratica dei mestieri utili all’armata, come il maniscalco. Tale praticità sarebbe servita agli allievi nel momento in cui avrebbero lasciato l’orfanotrofio e sarebbero stati inquadrati nell’armata quali sottufficiali.
Le idee di Teulié sono sopravvissute fino a noi. La scuola militare di Milano, a lui dedicata, è il segno che il suo visionario progetto trascendeva i tempi e i regimi istituzionali, perché l’educazione e l’eccellente formazione sono il fondamento di una società e le linee guida del generale si possono ancora trovare tra le mura della scuola in corso Italia a Milano.
Per approfondire:
- Emanuele Di Muro, Pietro Teulié e l’istruzione militare in età napoleonica.
- Crociani Piero, Ilari Virgilio, Paoletti Ciro, Storia militare del regno italico (1802-1814), Roma, SME, ufficio storico, 2004;
- De Francesco Antonino, L’Italia di Bonaparte. Politica, statualità e nazione nella penisola tra due rivoluzioni, 1796-1821, Torino, UTET, 2011.
- Della Peruta Franco, Esercito e società nell’Italia napoleonica, Milano, Franco Angeli, 1996;
- Marco Grasso, I cadetti di Milano, Proedi Editore, 2007;
- Levati Stefano, La «buona azienda negli eserciti prepara la vittoria…e genera l’economia». Appalti, commissari e appaltatori nell’Italia napoleonica, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010;
- Piseri Maurizio, La scuola primaria nel Regno Italico, 1796-1814,Milano, FrancoAngeli, 2017;
- Polenghi Simonetta, Fanciulli soldati: la militarizzazione dell’infanzia abbandonata nell’Europa moderna, Roma, Carocci,2003;
- Zaghi Carlo, L’Italia di Napoleone dalla cisalpina al regno, Torino, UTET, 1986.
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