La presenza delle aziende cinesi protagoniste della rivoluzione del 5G in Italia è stata da tempo oggetto di forte interesse nell’ambito dell’analisi mediatica, politica ed economica. Strutturata da tempo, l’attività di gruppi come Huawei, divenuta tra i leader globali nella nuova piattaforma di trasmissione dati e segnale, e Zte, colosso del settore dei dispositivi e dei sistemi di telecomunicazione, ha assunto una forte rilevanza nel dibattito politico-mediatico sulla scia dell’apertura della faglia geopolitica in ambito tecnologico tra Usa e Cina negli ultimi anni, al cui interno l’Europa si è ritrovata divisa, incerta, e l’Italia si è trovata più volte al bivio.
Anche nel pieno della competizione globale per la realizzazione delle nuove reti ad alta tecnologia, nel quadro delle pur comprensibili riflessioni europee ed italiane sul bilanciamento da cercare tra le società dell’Impero di Mezzo e quelle a stelle e strisce e sulla ricerca di una “via europea” all’innovazione, le due aziende capofila del 5G cinese stanno espandendo la loro presenza in Italia. E questo è un fattore che prima ancora di avere rilevanza strategica o geopolitica è “strutturale”: le telco cinesi si trovano ad avere una superiorità tecnologica nell’ambito del 5G, hanno beneficiato del decollo degli investimenti pubblici e privati nel loro Paese d’origine, stanno costruendo e impostando i nuovi standard e beneficiano del vantaggio del first mover nel campo tecnologico. Le loro attività sono dunque da monitorare per capire lo stato dell’arte dell’avanzamento delle dinamiche sul 5G in Italia.
Recentemente Huawei, seguendo l’esempio di Zte che tre anni fa ha aperto il primo Cyber Security Lab del paese, ha inaugurato un centro per la cybersicurezza a Roma. Inizialmente prevista per settembre, l’apertura del centro è stata anticipata di sei mesi e perfezionata il 23 marzo scorso. L’impianto, nota StartMag, “si aggiunge a quelli già operativi a Banbury (Regno Unito), Bonn, Dubai, Toronto, Dongguan e Bruxelles e testimonia l’impegni della società di Shenzen nella Cybersecurity, settore in cui Huawei investe circa 750 milioni di dollari all’anno”. L’operazione compiuta in Italia appare una risposta alla crescente offensiva scatenata verso il colosso di Shenzen dagli apparati di sicurezza americani, con l’amministrazione Biden desiderosa di vedere espansa all’Italia la rete del contenimento anti-Huawei. Le attività articolate di Huawei, che nel Belpaese ha una presenza che va da Milano fino alla Sardegna, hanno più volte suscitato la critica dei decisori di Washington.
Chi in Italia da tempo è attenta al tema della cybersecurity e della privacy è Zte. La quale a maggio dell’anno scorso ha siglato un accordo quadro con il Consorzio Nazionale interuniversitario per le Telecomunicazioni (Cnit) volto a rafforzare la partnership “nel campo della Cyber Security per lo svolgimento di attività di supporto all’identificazione e definizione di metodologie di test, e supervisione delle relative attività” presso il laboratorio romano dell’azienda. Zte è tornata al centro del dibattito mediatico negli ultimi giorni dopo che Formiche ha dato notizie dell’esercizio delle prerogative del golden power da parte del governo Draghi su un contratto di fornitura di tecnologia 5G a Fastweb da parte di Zte e dell’azienda taiwanese Askey. Un’operazione su cui Fastweb ha riportato alla testata in questione che “gli accordi procedono con la richiesta, rispettata, di massima sicurezza” e su cui Inside Over si è voluta confrontare con Zte.
Alessio De Sio, Chief Institutional and Communication Officer di Zte, ha ribadito parlando con Inside Over che la società è estremamente attenta a rispettare la sicurezza dei suoi clienti e delle aziende partner ed è forte di una lunga tradizione nel campo della tutela della privacy e delle prerogative di consumatori e stakeholder certificata dall’ottenimento di numerose certificazioni, tra cui l’importante Iso 27701 ottenuta dal British Standards Institution (Bsi), “che riconosce il sistema di conformità alla protezione dei dati di Zte e dimostra pienamente che i servizi 5G di Zte sono in stretta conformità con gli standard internazionali di sicurezza delle informazioni”. In questo contesto Zte “si è impegnata a costruire un sistema di protezione della privacy e di conformità end-to-end, a ciclo chiuso e orientato ai processi. Il concetto di protezione della privacy è stato integrato nel processo di sviluppo del prodotto, che costituisce il nucleo della competitività” del gruppo cinese nel settore 5G. In termini di sicurezza cybernetica e tecnologica vale la pena ricordare quanto certificato nell’estate 2019 sul Corriere della Sera dall’attuale Ministro dell’Innovazione ed ex ad di Vodafone, Vittorio Colao, che ha ricordato come il Regno Unito sia all’avanguardia su Europa e Stati Uniti sulla valutazione dei rischi nel comparto e che dunque quello del Bsi può essere definito un vero e proprio benchmark internazionale.
Zte si impegna inoltre a rafforzare la consolidata trasparenza verso istituzioni e autorità nazionali e locali: nella giornata del 24 marzo scorso in visita agli uffici milanesi del gruppo sono giunti il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e gli assessori Melania De Nichilo Rizzoli e Fabrizio Sala, interessati ad analizzare le prospettive operative del gruppo nel capoluogo meneghino e in Italia in vista della prossima ondata di investimenti per l’innovazione e lo sviluppo del 5G che si renderà necessaria nei prossimi anni. E in cui strategicamente l’Italia dovrà ben calibrare lo sviluppo della sua rete consolidando un piano di respiro nazionale che offra la possibilità di coesistenza tra sistemi cinesi, americani ed europei: data la mole di risorse che si renderà necessaria, ci sarà senz’altro spazio per tutti.
FONTE: https://it.insideover.com/economia/le-nuove-rotte-del-5g-in-italia.html
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