Destano preoccupazione alcune notizie divulgate dai media, tra cui quella relativa alla situazione venutasi a creare in Germania in merito alla temporanea sospensione della vaccinazione a causa dei forti malori da parte dei soggetti sottoposti al trattamento
,quella relativa alla sospensione della somministrazione del vaccino Astrazeneca in Sud Africa (https://www.adnkronos.com/vaccino-astrazeneca-stop-in-sudafrica-il-punto_49wrMOonTOthMNyyR0UYZh).
Il CNDDU ricorda che nelle scuole italiane circa 860.000 sono allievi di nazionalità non italiana che per i viaggi eventualmente realizzati in passato o per i contatti con i familiari dei Paesi di origine avrebbero potuto contrarre e sviluppare una delle varianti del virus.
Chiede, pertanto, che venga avviata una comunicazione efficace relativa a tutto quello che può essere connesso alla vaccinazione Astrazeneca, ivi inclusi i criteri di ripartizione per categoria dei vari vaccini esistenti e che sia fatta chiarezza anche in relazione all’accesso e disponibilità in Italia dei farmaci monoclonali.
Attualmente, sul sito del Ministero della salute è presente una stima della potenziale quantità di dosi di vaccino disponibili aggiornata al 12.02.2021 (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pagineAree_5452_4_file.pdf). Risulta evidente che la disponibilità del vaccino AstraZeneca è quasi il doppio rispetto al Vaccino Pfizer e quasi il quadruplo rispetto alle disponibilità previste per il vaccino Moderna. Di fronte a tale situazione non è chiaro come il vaccino Pfizer e quello Moderna sembrerebbero riservati ai soggetti appartenenti a categorie sanitarie, anche se inoccupati, mentre il vaccino AstraZeneca sembrerebbe destinato attualmente al personale scolastico, a quello appartenente alle forze dell’Ordine ed ai penitenziari.
Il CNDDU ritiene doveroso invitare all’utilizzo di un criterio tecnico scientifico basato sul rischio di esposizione e non già sull’appartenenza sic et simpliciter ad una determinata categoria, in quanto si corre il rischio che un soggetto inoccupato con una probabilità nulla di contrarre il virus su lavoro sia destinatario di un vaccino con un’efficacia di oltre il 90%, mentre un docente o un lavoratore delle forze dell’ordine debba essere destinatario di un vaccino che ha un’efficacia inferiore al 60% (https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/aifa/servlet/PdfDownloadServlet?pdfFileName=footer_000690_049314_RCP.pdf&retry=0&sys=m0b1l3#page=5). Una maggiore informazione sarebbe molto gradita anche perché forse in maniera azzardata si valuta tale efficacia considerandola di poco superiore alla probabilità di ottenere testa o croce nel lancio in aria di una moneta (50%). In ogni caso, se si confronta tale percentuale con l’efficacia dei vaccini più conosciuti (es. Morbillo-orecchioni-rosolia, efficacia: 85%; contro meningococchi, efficacia: 83-98%; contro febbre gialla: efficacia: 100%; Epatite A, efficacia: 95-99%; Epatite B, efficacia: del 95%; Difterite, efficacia: 95%; Varicella: 80-90%), il dato risulta tutt’altro che confortante.
Ove non si volesse adottare un criterio basato sul rischio di esposizione, allora quantomeno occorrerebbe garantire la possibilità di scelte alternative rispetto al farmaco in questione che tanti dubbi sta sollevando. D’altra parte, le affermazioni riguardo una maggiore efficacia del vaccino Astrazeneca in caso di somministrazione di una dose dimezzata associata a quella di una sua maggiore efficacia in caso di richiamo effettuato dopo tre mesi (e non dopo sole sei settimane) sono tali da portare il CNDDU alla richiesta di seria attivazione dei processi di farmacovigilanza atti a verificare, da un lato, l’esistenza di difetti di Classe I e II in relazione alle confezioni distribuite in Italia; dall’altro, a verificare la paternità di tali affermazioni da valutare anche in relazione alle difficoltà produttive manifestate dall’azienda Astrazeneca. Non vi è chi non trovi, quantomeno, curiosa la coincidenza tra il momento di difficoltà dell’azienda e la scoperta dei due fattori, riduzione dose e aumento dei tempi di somministrazione, che consentirebbero di rimodulare agevolmente produzione e distribuzione.
Vogliamo inoltre segnalare due ulteriori questioni: la prima inerente alla sede dove potersi vaccinare che attualmente corrisponde a quella di residenza. A tal proposito abbiamo ricevuto molte segnalazioni da parte dei docenti fuori sede (ruolo e non) che sottolineano la necessità di garantire la vaccinazione presso il comune di servizio in quanto più funzionale alle necessità del momento; la seconda concerne i docenti che autonomamente per senso di responsabilità decidano di sottoporsi al vaccino: non godono attualmente di giorni di permesso specifici e devono ricorrere ai giorni di malattia o ai permessi per motivi personali.
I docenti, consci delle responsabilità del loro ruolo di cittadini e formatori, riconoscono la necessità di preservare la propria salute e quella degli altri, ma sono turbati dalle informazioni confuse in riferimento alle molteplici varianti e circa l’incertezza riguardo le modalità di somministrazione. Vi è, poi, lo spettro di un passaporto vaccinale da cui potrebbero essere esclusi i vaccinati Astrazeneca (la domanda lecita di alcuni docenti è, per esempio: se in Paesi come la Svizzera è escluso l’utilizzo del vaccino Astrazeneca, sarà concesso l’ingresso in tali territori ai vaccinati Astrazeneca?). Chiediamo che vengano chiariti tutti i dubbi quanto prima.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU
Prof. Alessio Parente
Segretario generale CNDDU
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