L’Italia è diventata il “ponte delle spie” nel Mediterraneo

ago 31, 2020 0 comments

Di Paolo Mauri

L’Italia durante la Guerra Fredda, per via della sua posizione geografica, era, insieme alla Germania Occidentale, un Paese “al fronte”: la Cortina di Ferro passava per la nostra frontiera orientale separandoci dalla Jugoslavia che, sebbene non allineata con l’Unione Sovietica, era una terra di frontiera e pur sempre un potenziale nemico. Ancor più l’Italia era in posizione strategica e rappresentava il fronte meridionale della Nato, così protesa com’è nel Mediterraneo, crocevia di interessi non solo commerciali.

Il periodo della contrapposizione in blocchi ideologici è finito da 30 anni ma il nostro Paese, per una serie di fattori, resta sempre fondamentale nel gioco a scacchi tra le grandi potenze mondiali. Oltre la già citata posizione geografica, oggi il Mediterraneo ribolle di tensioni che vedono protagonisti attori internazionali.


Dalla Siria alla Libia passando per la diatriba turco-greca, il Mare Nostrum è tornato al centro dei giochi strategici internazionali, anzi, a ben vedere, non ne è mai stato messo da parte: sono anni che si parla, negli ambienti militari ancor prima che in quelli politici, di Mediterraneo allargato, e da anni potenze vecchie e nuove sono tornate prepotentemente a far sentire la loro presenza nel nostro “cortile di casa”. Ben nota è la rinnovata presenza russa in Siria, storicamente legata a Mosca dai tempi dell’Unione Sovietica, poco nota ai più è la sua penetrazione in Libia con l’intenzione di avere una base di appoggio in quel Paese.
Anche la Cina, potenza emergente che si oppone alla talassocrazia mondiale per eccellenza – gli Stati Uniti – ha dimostrato il suo vivo interesse per il Mediterraneo effettuandoci una serie di esercitazioni navali con l’obiettivo di espandere la sua influenza ben oltre i suoi confini e assicurarsi, unitamente alla base che ha aperto a Gibuti, il controllo delle linee commerciali marittime che collegano oriente a occidente passando per l’Oceano Indiano.
In questo quadro strategico internazionale l’Italia rappresenta ancora il fronte sud della Nato, un fronte che è stato dimenticato colpevolmente dall’Alleanza negli anni passati ma che torna ad essere caldo, anzi bollente.
Un Paese, il nostro, che oltre a essere un ponte tra Europa e Nord Africa è diventato – ma sarebbe meglio dire è tornato ad essere – un “ponte delle spie”. A testimonianza di questa particolare situazione ci arriva una notizia dalla Francia, ma che ci riguarda direttamente: nella giornata di domenica 30 agosto l’emittente Europe1 comunica che un tenente colonnello dell’esercito francese, di stanza alla Nato, in Italia, è stato incriminato dieci giorni fa per violazione della sicurezza essendo sospettato di fornire documenti e informazioni ultra sensibili ai servizi segreti russi. L’ufficiale era di stanza a Napoli, dove ha sede il Jfcnp (Joint Force Command) dell’Alleanza Atlantica e il comando della Sesta Flotta americana, ed è stato arrestato dalla Dgsi (Direction Générale de la Sécurité Intérieure) con la collaborazione dei servizi di controspionaggio americani e della nostra Aisi.
L’ufficiale francese, di cui non si conosce l’identità ma solo l’età (50 anni) e una lontana discendenza russa, avrebbe fornito ad un agente del Gru (Glavnoe razvedyvatel’noe upravlenie – il servizio informazioni delle Forze Armate russe) dati riservatissimi, tali da nuocere “alla sicurezza dello Stato”.
Questo è solo l’ultimo caso di storie di spie che si incrociano nel nostro Paese: lo scorso 16 luglio veniamo a sapere che un sottufficiale capo della Us Navy, Charles T. Briggs, è stato arrestato negli Usa con l’accusa di aver trasmesso informazioni segrete a un cittadino russo la cui identità non è stata resa nota. Briggs non era di stanza a Napoli, nemmeno in Italia, ma il nostro Paese compare nell’inchiesta della procura militare statunitense perché nel rapporto del controspionaggio Usa viene citato anche un cittadino italiano, per il momento ignoto, che sarebbe stato contattato da parte del sottufficiale americano durante una vacanza trascorsa tra Italia e Serbia.
Lo scorso agosto, poi, all’aeroporto partenopeo di Capodichino, la polizia arrestò Aleksandr Jurijevich Korshunov, direttore dello sviluppo della società russa Odk, società statale russa controllata da Rostec specializzata in motori aeronautici. Korshunov è risultato essere un ex agente dell’Svr (Služba vnešnej razvedki – il servizio di informazioni per l’estero russo) sotto mandato di arresto internazionale emanato dall’Fbi per via dell’accusa di aver trafugato segreti industriali della General Electric, colosso americano che costruisce anche turbine per aerei, a quanto pare venendo aiutato da un ex manager di Avio Aero, la cui sede principale è a Torino, ma che ha anche stabilimenti a Pomigliano. Avio Aero è una società che opera nella progettazione, produzione e manutenzione di componenti e sistemi per l’aeronautica civile e militare e fa capo a GE Aviation, sempre dell’americana General Electric.
Ancora prima, nel 2016, un agente dell’intelligence portoghese venne arrestato a Roma, insieme a un cittadino russo, perché sospettati di spionaggio per conto di Mosca dopo che tra i due si erano stabiliti contatti durati per due anni.
Senza dimenticare il caso eclatante della defezione dell’ambasciatore della Corea del Nord in Italia, Jo Song-gil, che nel 2018 chiese asilo politico per sé e la sua famiglia e venne accolto e portato in luogo sicuro dai nostri servizi di sicurezza.
Insomma nel nostro Paese, sebbene in superficie tutto sembri tranquillo, si agitano intrighi e giochi di spie come nei migliori tempi della Guerra Fredda proprio per via della nostra posizione “di confine” tra il mondo occidentale e quello orientale che sono tornati a fronteggiarsi anche nel Mediterraneo e in Nord Africa.

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