Di Giuseppe Gagliano
Non c’è dubbio che il recente volume di Giovanni Fasanella e di Mario J. Cereghino dal titolo “Le menti del doppio Stato“ (Chiarelettere, 2020) basato sugli archivi inglesi di Kew Gardens contribuisce in modo rilevante ,sotto il profilo storico, a chiarire sia le vicende legate alla strategia della tensione la cui genesi va certamente individuata nel 1944, anno nel quale il nostro paese divenne un vero e proprio laboratorio della guerra clandestina come opportunamente indicato dagli stessi autori del volume sia quelle degli anni quaranta a cavallo tra la lotta partigiana e la nascita della Assemblea Costituente.
Non è nostra intenzione fare una sinossi del testo ma vorremmo semplicemente limitarci ad focalizzare la nostra attenzione – e quindi anche quella del lettore – su alcuni aspetti a nostro giudizio di estrema importanza.
La prima considerazione, sul piano storico, è certamente relativa al fatto che l’assenza di sovranità politica e militare del nostro paese debba farsi risalire almeno a quel periodo. Assenza questa che ha consentito soprattutto agli anglo – americani – ma non solo- di interferire costantemente nelle scelte di politica interna e di politica estera del nostro paese.
La seconda considerazione è legato al fatto che il nostro paese fu oggetto di vere e proprie destabilizzazioni di ordine politico e di ordine militare – spesso con il consenso tacito dei servizi di sicurezza italiani e della classe politica italiana – da parte dei servizi di sicurezza inglesi, americani, francesi e titini.
La terza riflessione è relativa all’intreccio tra servizi di sicurezza italiani e stranieri, organizzazione estremistiche (in gran parte infiltrate e strumentalizzate dall’intelligence straniera), massoneria internazionale (nel volume quella italiana e inglese) e criminalità organizzata. Questo intreccio ha caratterizzato in modo drammatico tutte le vicende legate alla strategia della tensione ed, in particolare, alle vicende piduiste.
La quarta riflessione è di natura, se vogliamo, più tecnica: all’interno dei servizi di sicurezza sia italiani che stranieri a partire dal 1944 fino alla strategia della tensione sono sempre esistite sezioni o unità di cui solo poche personalità militari e politiche erano al corrente e che agivano completamente al di fuori di quelli che erano i compiti istituzionali dei servizi .
Ebbene, una delle menti del doppio stato e cioè di questo torbido e oscuro intreccio tra Intelligence, criminalità comune e organizzata e associazioni estremistiche fu certamente Angleton insieme al cosiddetto Gruppo di Cambridge. A tale proposito, a conclusione del volume , gli autori sottolineano come sia gli storici che i giornalisti italiani ,americani e inglesi in particolare) non avranno la possibilità a breve di ricostruire in modo completo le vicende del Gruppo di Cambridge per il fatto che i documenti del Foreign Office e dell’MI6 relativi a questa tematica sono conservati a Hanslope Park e non sono accessibili agli studiosi.
Per decisione del governo inglese infatti non potranno essere rivelati perché il loro contenuto determinerebbe un danno enorme alla reputazione del Ministero degli Affari esteri inglese.
Entrando più nello specifico del contenuto del saggio un ruolo fondamentale ebbe la sezione del controspionaggio dell’Oss e cioè l’X2 e l’unità Z dello Special Counter Intelligence. Al di là dei contrasti, ampiamente noti fra l’altro sul piano storico, tra inglesi e americani sul ruolo che l’Italia avrebbe dovuto svolgere Max Corvo – ufficiale dei servizi segreti americani – ebbe modo di affermare che le strategie britanniche consistevano nel trattare l’Italia come una sorta di dominio esclusivo e privato dell’impero britannico. Un’affermazione questa assolutamente realistica e che rivela l’assenza di qualsiasi sovranità del nostro paese e potremmo aggiungere – provocatoriamente – ieri come oggi.
Per quanto concerne poi, l’utilizzo degli archivi dell’Ovra e di molti suoi ex agenti, questo si rivelò fondamentale sia per gli americani che per gli inglesi. A tale riguardo, gli autori del volume confermano quanto ormai da tempo i giornalisti e gli storici della strategia della tensione avevano sostenuto e cioè il ruolo determinante che ebbe Umberto Federico D’Amato nel tessere la strategia della tensione dietro mandato del suo maestro Angleton.
Proprio in relazione ad esempio all’Ovra fu proprio grazie a D’Amato che gli alleati entrarono in contatto sia con l’ex responsabile dell’Ovra e cioè Guido Leto sia con il suo prezioso archivio indispensabile sia per avere informazioni precise sulla rete clandestina del PCI sia per scopi ricattatori . Se nel 1945 la Corte d’assise di Roma non ritenne di dovere procedere contro Leto fu grazie ad un accordo segreto tra gli alleati e il nostro paese, accordo nel quale giocò un ruolo fondamentale proprio D’Amato.
Passiamo adesso agli intrecci criminosi. Partendo dagli archivi della Fondazione dell’Istituto Gramsci di Roma, emerge con chiarezza come il servizio di sicurezza comunista fosse non solo assolutamente efficiente ma fosse al corrente di gran parte delle manovre poste in essere dall’intelligence anglo-americana e da quella italiana soprattutto in relazione alla utilizzazione di ex-monarchici ed ex-fascisti in funzione anticomunista. Infatti “i comunisti di Togliatti riuscirono a mettere a fuoco l’intera rete eversiva, le sue coperture all’interno delle forze armate dei carabinieri, i legami con i servizi alleati, in particolare con quelli britannici, modalità d’azione e obiettivi“ (pag. 102). Non solo: con estrema chiarezza, gli autori fanno emergere gli strettissimi legami che ci furono tra il mafioso italo-americano Lucky Luciano e i servizi di sicurezza americani. Infatti sia Donovan che Angleton avevano contributo a scarcerare Luciano – servendosi di Mario Brod come una sorta di angelo custode del boss mafioso – ed erano perfettamente al corrente del fatto che Luciano a partire dal 1946 gestiva un vero e proprio narcotraffico a livello internazionale. I proventi di questo traffico a livello internazionale serviranno anche a finanziare le principali organizzazioni anticomuniste a livello internazionale molte delle quali di matrice chiaramente neofascista. In tale contesto sembra che un ruolo importantissimo lo abbia svolto la Banca Nazionale dell’Agricoltura.
Infatti , secondo quanto rivelato dagli autori, i massimi dirigenti della Banca non solo pagavano le bande paramilitari clandestine ma ritenevano inadeguato il solo movimento monarchico in funzione anticomunista. Proprio per questo era necessario costruire un fronte armato molto più ampio. Per questa ragione la banca assunse iniziative autonome volte a promuovere la nascita di un vero e proprio cartello con l’obiettivo di promuovere i movimenti eversivi in funzione anticomunista.
L’importanza storica di questa ulteriore conferma sui legami tra Intelligence e criminalità organizzata è presto detta: gli intrecci fra Intelligence e criminalità organizzata risalgono a questo periodo e ciò ha rappresentato una vera e propria costante drammatica e criminosa nella storia del nostro paese soprattutto durante la strategia della tensione. Inoltre il ruolo del potere bancario, complessivamente parlando, si rivelerà centrale nelle vicende piduiste con Calvi e Sindona.
Passiamo adesso ad alcuni esempi di destabilizzazione politica da parte degli alleati. Nel 1945 fu deciso dagli inglesi che il Soe doveva e poteva essere riutilizzato per promuovere in Italia le strategie del governo britannico. Per realizzare questo obiettivo era necessario addestrare gli agenti a eseguire ogni genere di attività clandestina e, in secondo luogo, doveva essere costruito un piccolo gruppo all’interno di questo servizio incaricato di studiare e sviluppare le attività eversive naturalmente in funzione anticomunista. Uno degli strumenti certamente più efficaci di cui questo nuovo servizio di intelligence si servì per porre in essere i suoi obiettivi fu l’Organizzazione Franchi di Edgardo Sogno, organizzazione questa che fin dall’inizio beneficiò della fiducia e del sostegno del colonnello inglese Cecil L. Roseberry . Un altro particolare storico che emerge in relazione a Sogno è il fatto che negli anni ‘50 Sogno organizzò un gruppo denominato Atlantici di Italia di cui faceva parte anche D’Amato.
Sul piano politico, i documenti analizzati dagli autori, dimostrano che gli inglesi- come d’altra parte gli americani- non volevano un accordo tra Dc e Pci cioè non volevano che nascesse un centro-sinistra. Proprio per questo gli inglesi posero le premesse già negli anni ‘40 per porre in essere veri e propri piani di destabilizzazione in Italia per impedire che si arrivasse a un accordo politico tra i due maggiori partiti.
Una delle informative certamente più interessanti che emerge dagli archivi inglesi è questa: membri dell’intelligence francese, di quella inglese e di esponenti di una associazione di azionisti espatriati in Francia denominata Italia libera avevano progettato di attentare alla vita di Palmiro Togliatti (pag.139 ), progetto questo che venne rinviato a data da destinarsi perché avrebbe incontrato una fortissima reazione da parte comunista. Ora, indipendentemente dalla credibilità di questa informativa, Palmiro Togliatti fu sempre attentamente monitorato non solo dall’intelligence anglo-americana e da quella italiana ma anche da quella sovietica. Inoltre, il segretario Togliatti, espresse sempre la propria assoluta contrarietà ad una svolta insurrezionalista da parte dei comunisti, svolta questa che fu invece apertamente sostenuta anche da Secchia e Moscatelli. A tale riguardo i servizi alleati erano pienamente al corrente della forme dei disordini che l’ala più intransigente dei comunisti stava organizzando in Italia (pag.152). Di particolare significato la gestione politica di natura dittatoriale a Novara da parte del sindaco comunista Cino Moscatelli. Se non intervennero per fermarlo, stando alla ricostruzione fatta dagli autori del volume, è perché volevano servirsi anche di Moscatelli per creare in Italia condizioni politiche simili a quelle greche e cioè: “indurre i settori più radicali e violenti della resistenza comunista a insorgere e cogliere il pretesto per un contro intervento risolutivo in grado di sradicare una volta per tutte il PC dalla realtà italiana“ (pag.155).
Per quanto riguarda i servizi di sicurezza italiani questi non erano d’accordo sulle rassicuranti valutazioni della Intelligence inglese relative alle scelte moderate da parte di Togliatti ed erano inoltre al corrente della rete clandestina del PC che disponeva “di un’organizzazione militare efficiente con uffici di reclutamento, bande armate, servizi di staffetta, collegamenti radio telegrafici, depositi di armi, centri logistici nel Trentino, nella Venezia -Giulia e in Romagna” (pag.156).Anche gli alleati, ed in particolare il Cap. R.M.Gold del Cic,erano al corrente della efficienza e della pericolosità della organizzazione clandestina comunista (pag.168).
A dimostrazione in un certo qual modo della parziale credibilità dei report americani e italiani, la situazione in Jugoslavia voluta da Tito e realizzata dalla Ozna non poteva non destare legittime preoccupazioni sia perché l’Ozna portava in essere operazioni che terrorizzavano l’intero Nord-est sia perché l’Ozna esercitava una grande influenza su buona parte della della resistenza comunista. La pericolosità dell’intelligence jugoslava viene più volte sottolineato dagli autori laddove, ad esempio ,ricordano come nel dicembre del 1945 3000 uomini tra ex partigiani e agenti dell’intelligence jugoslava varcarono la frontiera ed entrarono clandestinamente in Italia con lo scopo di seminare il terrore. Infatti il servizio segreto jugoslavo aveva distribuito i suoi sicari sotto forma di piccoli gruppi organizzati secondo una logica da compartimento stagno distribuendoli in tutta l’Italia centro settentrionale secondo un modello che era quello delle troike in quanto composti da tre elementi specializzati in sabotaggio, sequestro di persona, rapine e omicidi politici ma soprattutto nell’arte del doppio gioco.
A questo punto l’interrogativo che gli autori legittimamente si pongono è questo: il servizio segreto inglese perché non intervenne e non fermò l’avanzata dell’intelligence jugoslava? Perché già nel 1944 l’intelligence britannica, cioè il Soe, aveva ottimi rapporti con i vertici dell’intelligence jugoslava. A tale proposito di estremo interesse storico è l’affermazione fatta dagli autori: “la consacrazione di Tito da parte inglese era avvenuta a Napoli nell’agosto del 1944, quando Churchill e Tito si erano incontrati alla presenza delle rispettive delegazioni. E quel summit, durato due giorni, equivaleva di fatto al riconoscimento ufficiale del maresciallo come legittimo capo di Stato della futura Jugoslavia comunista” (pag. 179).
Passando invece all’apparato clandestino comunista non si può non fare riferimento a Ruggero Grieco un uomo chiave per capire i rapporti tra il Pci e i servizi segreti dell’Est. Dalla ricostruzione fatta dagli autori Grieco era il vero uomo ombra del segretario e cioè il suo controllore per conto di Stalin. Insieme a Longo, Secchia e Moscatelli comandavano la rete clandestina comunista. Al suo interno, sottolineano gli autori, operavano le cellule terroristiche dei gruppi di azione o Gap istituite dall’Intelligence jugoslava, cellule queste che comparvero nel 1945 e che si radicarono soprattutto nel nord-est italiano. Che fossero pericolosissimi era ampiamente noto e lo dimostra il fatto che soltanto nell’are intorno a Bologna queste cellule si erano rese responsabili dell’eccidio a sangue freddo di circa 600 persone.
Tuttavia il centro di addestramento principale era a Lubiana, dove vi era una vera e propria scuola politica comunista gestita direttamente da ufficiali sovietici. La pericolosità e l’importanza di questi legami furono noti anche alla rete informativa di gesuiti cioè all’intelligence vaticana nel gennaio del 1946. Proprio nel ‘46 sia i comunisti jugoslavi sia quelli russi espressero forti critiche nei confronti dell’azione parlamentare di Togliatti che non condividevano. Sia la rete clandestina che il partito parallelo costituito da Stalin per controllare l’operato di Togliatti fu composto da ex fascisti che, viste le affinità tra i sistemi totalitari, si iscrissero e al PCI. Infatti l’Urss ,attraverso sedi clandestine site a Milano, Torino e Genova avvicinava militari ex repubblichini o comunque elementi compromessi con il fascismo offrendo loro documenti per rifarsi una verginità ,per farli espatriare in Jugoslavia o in altri paesi dell’area balcanica sotto il diretto controllo di Mosca dove venivano arruolati o utilizzati per diverse attività. In definitiva, sia l’intelligence angolo -americana che quella comunista si servirono per scopi politici -ovviamente opposti- di ex fascisti per portare in essere i loro obiettivi di destabilizzazione del nostro paese. Per quanto riguarda l’intelligence anglo-americana, ed in particolare quella inglese, il reclutamento di Borghese voluta soprattutto dal gruppo di Cambridge fu uno degli acquisti migliori sia da parte inglese che da parte americana.
In particolare le tecniche di guerra clandestina attuate dal Battaglione Vega furono oggetto dell’interesse da parte dell’intelligence alleata che certamente le utilizzò in funzione anticomunista. Tuttavia il dato storico più significativo è il seguente: gli interrogatori fatti a Borghese dagli americani e dagli inglesi rivelarono l’esistenza di una Stay Behind Group cioè una rete clandestina creata all’interno della Decima Mas in tempo di guerra con l’intenzione di utilizzarla dietro le linee alleate. È molto probabile che gli alleati abbiano avuto l’idea di costruire la Stay Behind atlantica proprio partendo da quella di Borghese(pag.205).
Ad ogni modo Angleton non ebbe alcuna difficoltà a comprendere la grande professionalità dei sabotatori del battaglione Vega e proprio per questo li inviò negli USA per essere impiegati come istruttori al servizio della marina militare americana (pag. 206). Altri membri del Battaglione Vega furono invece impiegati per conto dell’intelligence britannica in attività speciali per conto della Royal Navy. Non a caso, grazie ai benefici previsti dall’amnistia di Togliatti che entrò in vigore nel giugno del 1946, Borghese ebbe la libertà.
In ultima analisi, sia Borghese che Sogno svolsero un ruolo di grande rilevanza nella formazione di organizzazioni anticomuniste legate all’intelligence alleata tanto quanto numerosi industriali del Nord fra i quali Pirelli, Falck, l’armatore genovese Piaggio e Angelo Costa. A tale riguardo , il servizio di sicurezza dei comunisti italiani era al corrente di gran parte di queste attività. Naturalmente sia Borghese, sia Sogno che il Gen.Giovanni Messe -altra figura centrale per comprendere i tentativi di destabilizzazione – non si limitarono solo a organizzare associazioni o gruppi clandestini anticomunisti ma progettarono veri e propri colpi di Stato. I servizi di sicurezza italiani nel maggio del 1946 erano pienamente al corrente del fatto che elementi sia dell’estrema destra che dell’estrema sinistra stavano istituendo movimenti violenti per impadronirsi del potere prima che l’Assemblea Costituente venisse istituita.
Uno degli strumenti di natura politica che fu utilizzato per ostacolare l’Assemblea Costituente fu quello dei movimenti separatisti costituiti da monarchici, neofascisti e carabinieri . Tra questi il movimento separatista sorto in Calabria che vide come protagonista un certo Felice Laganà. In estrema sintesi ,come sottolineano in modo molto lucido gli autori, carabinieri, monarchici, ex repubblichini, separatisti e membri della criminalità organizzata nei primi mesi del 1946 organizzarono formazioni paramilitari segrete finalizzate alla secessione del sud, organizzazioni queste che erano note ai servizi di sicurezza italiani.
Un’altra pagina oscura del nostro paese è quella relativa alla destabilizzazione attuata dai francesi nel nord-est italiano da parte della Direction Generale des etudes et recherches gollista.
Pensiamo ,ad esempio ,alla presenza del Groupe ancients dauphinois in Val di Susa sorto con lo scopo di promuovere la secessione. Ma anche Genova e Sanremo ero alcuni snodi fondamentali per l’attività di intelligence francese. Infatti questa programmava atti provocatori nell’Italia settentrionale attraverso l’infiltrazione di un gran numero di agenti attraverso i valichi di confine. Inoltre, anche i francesi, come i comunisti, gli inglesi e gli americani si servirono di appartenenti alla Germania nazista ed ex fascisti della RSI per reclutarli a loro vantaggio in funzione naturalmente anticomunista. La capillare presenza francese per esempio in Valle d’Aosta indusse i servizi di sicurezza americani a formulare considerazioni molto precise sulla pericolosità della propaganda francese e sul fatto che l’intelligence francese si serviva anche del Comitato valdostano di Parigi per provocare incidenti e manifestazioni di proteste.
Un’altra base fondamentale per portare in essere le provocazioni e gli obiettivi secessionisti francesi fu l’arcipelago delle Eolie e la Tunisia. In particolare, a Capo Bon, era nata un’organizzazione composta da siciliani e arabi che riforniva l’Evis di mitragliatrici, fucili, bombe a mano e di tutte le armi necessarie per realizzare i suoi progetti. Anche nel sud Tirolo l’intervento francese operava in modo spregiudicato in funzione di promozione del separatismo per esempio attraverso una organizzazione chiamata W5 la cui attività era comunque nota al servizio segreto del PCI. L’attenta valutazione della situazione fatta dall’intelligence americana, soprattutto nel marzo del 1946, consentì a questa di comprendere chiaramente come i francesi stessero agendo contro l’Italia insieme ai jugoslavi e agli austriaci sfruttando le rivendicazioni territoriali austriache in Alto Adige e nello stesso tempo quelle jugoslave nel Friuli, nella Venezia Giulia e nella cosiddetta Zona A che comprendeva Trieste.
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