Di Lorenzo Ghigo
In seguito alla crisi del modello internazionale unipolare e all’enorme crescita economica e tecnologica, la Repubblica Popolare Cinese, è la grande contendente all’egemonia internazionale degli Stati Uniti[1] anche sul piano militare. La crescente presenza statunitense in Asia, le persistenti crisi di Hong Kong ed i rapporti con Taiwan, hanno portato il governo cinese ad abbandonare l’isolazionismo, che ha caratterizzato la politica estera dei primi anni 2000, a favore di una politica maggiormente assertiva.
La strategia della Cina è improntata sulla difesa e sul perseguimento degli interessi nazionali garantendo la sicurezza interna ed estera, la sovranità nazionale e lo sviluppo economico. Con il governo di Xi Jinping, il progresso tecnologico, è visto come un’importante occasione per rilanciare la nazione ed il suo ruolo nello scenario internazionale. Al centro del progetto del leader cinese c’è la creazione di un nuovo ordine sinocentrico basato, almeno formalmente, su relazioni paritarie con gli altri stati e finalizzato alla costituzione di “Un’Asia armoniosa”[2]2.
La nuova dottrina militare cinese è a tutti gli effetti una riscoperta ed un ampliamento delle teorie de L’Arte della Guerra di Sun Tzu. L’obiettivo tattico è condizionare la mente e la volontà del nemico, in un quadro strategico costantemente mutevole, approfittando delle situazioni favorevoli utilizzando vari stratagemmi e inganni[3]. Il pensiero militare cinese è caratterizzato da un approccio indiretto, si ha una visione olistica degli obiettivi, che a differenza di quella occidentale non si concentra su un bersaglio specifico ma sull’intero sistema e l’uso della forza deve essere impiegato in una strategia di lungo periodo integrando la sfera militare con quella civile, utilizzando la guerra ibrida e la cyber war nel condurre operazioni belliche tradizionali. L’Esercito Popolare della Repubblica Cinese sta sviluppando, infatti, incredibili capacità operative e tecnologiche all’interno del cyber space non soltanto riguardanti lo spionaggio e l’acquisizione di informazioni sensibili ma anche per quanto riguarda gli attacchi alle infrastrutture critiche durante i conflitti armati. La Repubblica Popolare Cinese considera il controllo del cyber space come una prerogativa fondamentale per affermare il proprio potere nazionale.
L’Esercito non è più chiamato a prepararsi a guerre combattute su vasta scala nel territorio
cinese, ma a guerre limitate per entità degli obiettivi politici ed intensità della violenza, da combattersi in aree periferiche e circoscritte, si tratta principalmente di conflitti regionali ad alta informatizzazione.
L’approccio Maoista alla guerra sembra definitivamente abbandonato, le forze armate sono spoliticizzate e, pur essendoci ancora una forte influenza del Partito Comunista Cinese, non si può più parlare di esercito di popolo ma di un’élite specializzata e professionista nelle operazioni militari. Inoltre, consolidando i suoi confini, la Cina ha rinunciato alla difesa strategica in profondità utilizzando una strategia di proiezione della forza nei mari, e all’influenza politica degli altri paesi asiatici.
Un eccezionale contributo alla nuova dottrina strategica della Repubblica Popolare Cinese è stato dato dal testo Unristricted Warfare pubblicato dai colonnelli Qiao Liang e Wang Xiangsui. Quest’opera, che nell’edizione americana prende il sottotitolo di China’s master plan to Destroy America, prescrive le regole e strategie per la condotta dei conflitti contemporanei col fine di difendere gli interessi nazionali, sfruttando le nuove possibilità fornite dalla globalizzazione e dall’evoluzione tecnologica. Il concetto di guerra senza restrizioni prevede un moltiplicarsi delle nuove tipologie di armi e che ogni luogo possa diventare un campo di battaglia. L’esercito per far fronte ai nuovi conflitti, deve combattere battaglie adatte alle proprie armi e adeguare le proprie armi alla nuova battaglia.
Nel manuale “Zhànlüè xué” (Scienza della strategia), redatto dal Dipartimento di ricerca sulla strategia dell’Accademia delle scienze militari, viene sostenuto che «i campi di battaglia su terra, mare, aria, spazio extra-atmosferico, spazio elettromagnetico sono un tutt’uno; combattimenti e operazioni in ciascun campo di battaglia sono condizione per combattimenti e operazioni negli altri»[4].
Questa visione è basata sulle azioni di guerra ibrida, che prevedono non solo capacità militari, ma anche l’applicazione di un concetto olistico della difesa nazionale attraverso la cooperazione del settore civile con quello militare. Gli strateghi cinesi elaborano, inoltre, la dottrina dello Shashou Jian (“mazza ferrata”), che ha l’obiettivo di dominare lo spazio fisico e cibernetico disarmando il nemico e impedendo che esso possa essere una minaccia per l’interesse nazionale. Alla base di questo concetto c’è la necessità di sviluppare quindi una capacità militare in grado di disarmare l’avversario prima che questi possa colpire. L’utilizzo di armi altamente tecnologiche, missili, cyber weapons, bombe intelligenti, droni, è finalizzato ad annullare la potenza di fuoco nemica.
Anche alla luce delle drastiche conseguenze della recente pandemia, la Cina deve prepararsi ad uno scenario internazionale incerto ed indeterminato caratterizzato da nuove tipologie di conflitto, nuove minacce, nuove tecnologie, nuovi campi di battaglia e nuove strategie.
[1]Cfr. Colombo, A., Frammentazione e ordine internazionale. I sistemi regionali post-unitari e il nuovo arco dell’instabilità, in «Quaderni di Relazioni Internazionali», 2006
[2] Bader, Jeffrey, How Xi Jimping sees the world and why, Brooking Institution, 2016
[3] Tzu, Sun, l’arte della guerra, Feltrinelli, 2013
[4] Jūnshì kēxuéyuàn zhànlüè yánjiū bù [Dipartimento di ricerca sulla strategia dell’Accademia delle scienze militari], Zhànlüè xué [Scienza della strategia] (Pechino: Military Science Press, 2001), 327
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