Con piacere vi presentiamo questa conversazione di Salvatore Santoru col giornalista esperto di questioni di geopolitica e forze armate Gianandrea Gaiani. Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 Gaiani si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. Ha collaborato o collabora con quotidiani e settimanali, università e istituti di formazione militari ed è opinionista per reti TV e radiofoniche.
Negli ultimi giorni la già precaria situazione libica è tornata ad essere, nuovamente, incandescente. Al Serraj ha rifiutato la tregua proposta dal generale Haftar, che pochi giorni fa si è autoproclamato Presidente della nazione nordafricana.
In qualità di analista di lunga data ed esperto di questioni geopolitiche e militari internazionali, lei cosa ne pensa dell’attuale stato in cui versa il paese e quali ritiene essere gli obiettivi e gli interessi degli attori geopolitici e militari coinvolti ?
1- La situazione militare in Libia è rimasta in stallo per circa un anno, con Haftar che guadagnava progressivamente terreno cercando di conquistare, senza riuscirci, Tripoli. L’intervento turco, sia diretto che indiretto tramite l’invio di mercenari siriani, ha parzialmente rovesciato la situazione.
Più specificatamente, la controffensiva turca ha permesso di riconquistare tutta la costa della Tripolitania fino all’ovest, fino ai confini della Tunisia, e di respingere a sud le truppe di Haftar.
Questo parziale successo militare iniziale delle forze di Tripoli ha messo relativamente in difficoltà Haftar, che ha cercato di prendere il controllo politico della Cirenaica cioè della parte della Libia già controllata dal suo esercito, attuando una sorta di golpe contro il Parlamento di Tobruk e contro il governo di Baida.
Un’iniziativa tesa a costituire un governo in mano ai militari fedeli ad Haftar che non è piaciuta nemmeno ad alcuni suoi alleati.
In questo momento la situazione dipende strettamente dai paesi esterni. La Turchia sostiene Tripoli e senza l’aiuto turco il governo di al-Sarraj sarebbe finito.
Gli Emirati, l’Arabia Saudita, la Russia e l’Egitto sostengono Haftar ma sempre con maggiori perplessità, vista l’inconcludenza della sua azione militare. La vera grande assente da tutto questo scenario è l’Europa e l’Italia in particolare che negli ultimi mesi, complice anche il Covid-19, si è completamente disinteressata della crisi libica.
Crisi libica nella quale purtroppo, non siamo stati più protagonisti già dall’avvento dell’attuale governo.
2- Nell’ambito dell’informazione ‘mainstream’, non raramente il conflitto libico è spesso letto sotto una lente per così dire “manichea” e che non tiene conto delle contraddizioni o dei diversi interessi degli opposti schieramenti. Inoltre, si fa poco cenno al ruolo dei paesi e/o delle potenze che risultano coinvolte nel sostegno o nel finanziamento delle stesse parti belligeranti.
A tal proposito, è interessante a tal riguardo il ruolo della Turchia e del Qatar nel sostegno alle forze di Al Serraj. Come considera il supporto di tale ‘asse’ e quali ritiene potrebbero essere, a grandi linee, gli interessi strategici di Doha e di Ankara nel contesto libico ?
2- Il supporto turco è fondamentale per Tripoli, così come quello degli Emirati e dei sauditi lo è per Haftar. Ormai le fazioni libiche dipendono strettamente dagli aiuti militari, dai soldi e dal supporto che ricevono dall’esterno e questo condiziona molto i possibili sviluppi della situazione libica. La Turchia gioca un ruolo di potenza regionale in diverse aree del mondo, tutte quelle in cui un tempo si estendeva l’Impero Ottomano, dall’Asia centrale ex sovietica all’Oceano Indiano: basti pensare alle basi militari istituite sul Mar Rosso in Sudan, nel Golfo Persico in Qatar e soprattutto a Mogadiscio, nella Somalia che fu colonia italiana.
Quindi, nell’intervento militare anche in Libia vedo una conferma del neo-ottomanesimo di Erdogan, che è comunque anche un elemento infarcito di aspetti religiosi perché la Turchia oggi è il portabandiera della Fratellanza Musulmana e anche questo contribuisce a renderla invisa a molti paesi arabi, in particolare a sauditi ed emiratini che stanno cercando di eliminare l’ideologia islamista dal mondo arabo per modernizzarlo e dargli un’impronta più vicina all’Occidente.
3- Sempre a proposito della Turchia, c’è da dire che essa è notoriamente sostenitrice di una linea di politica estera “neo-ottomana” e islamista. D’altronde, negli ultimi anni Ankara è diventata sempre più importante anche per l’organizzazione dell’Islam politico più nota e influente globalmente, ovvero sia la Fratellanza Musulmana.
Tenendo conto che comunque questa organizzazione presenta diverse anime al suo interno, ritiene che il coinvolgimento di Ankara e degli stessi Fratelli Musulmani è o possa diventare oggetto di preoccupazione per l’Italia e l’Occidente in quanto possibile veicolo di ulteriore radicalizzazione ideologico/religiosa nell’area nordafricana ?
3- La Fratellanza Musulmana è un movimento recente che nasce in Egitto negli anni venti del secolo scorso e affronta la questione in maniera diversa. Difatti, considera la democrazia lo strumento attraverso il quale gli islamisti possono prendere il potere per poi costruire una società basata sulla Sharia, sulla legge islamica. Ad esempio, l’attuazione piena del programma della Fratellanza l’abbiamo visto in Egitto, quando Mohammed Morsi vinse le elezioni democraticamente e poi impose gradualmente delle norme sempre più rigide con l’obiettivo di imporre la Sharia come unico faro, anche a livello legislativo, del paese. In seguito, le rivolte popolari e soprattutto l’intervento militare lo hanno rovesciato.
Erdogan sta cercando di fare la stessa cosa con tempi diversi, ciò perché la Turchia è un paese moderno e a lungo secolarizzato e in cui, da Ataturk fino ad Erdogan, la religione aveva un peso relativo e non politico. Il tentativo di Erdogan di islamizzare la società turca non è ancora completato e incontra degli ostacoli, anche tra gli intellettuali.
L’imperialismo della Turchia, che se ci pensiamo è paradossale visto il PIL ridicolo che ha in confronto ai paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo, ci dice due cose: la prima è che la Turchia ha una classe dirigente di prim’ordine, non parlo solo di Erdogan ma anche di ministri come quello degli Esteri Çavuşoğlu, e ha inoltre una forza politica e diplomatica che fa invidia a diversi paesi.
Invece l’Italia, nonostante il PIL nettamente superiore rispetto alla Turchia, non riesce a svolgere nel Mediterraneo un ruolo di potenza regionale neppure paragonabile a quello della Turchia che pure ha una ricchezza molto inferiore alla nostra.
Quindi, la qualità della classe politica turca fa la differenza e la scarsa qualità della nostra è uno dei limiti alla capacità di esercitare una reale influenza almeno su scala regionale, anche in contrasto alla penetrazione turca nel Mediterraneo.
Poi, l’Italia non ha ancora deciso se i turchi sono alleati o meno, dal momento in cui anche noi sosteniamo Tripoli il cui governo però dipende da Ankara e non più da noi perché i turchi l’hanno sostenuta militarmente, cosa che Roma si è rifiutata di fare.
Inoltre, non abbiamo ancora deciso se i turchi sono una minaccia o meno anche sul piano dello sfruttamento delle risorse energetiche del Mediterraneo. Quindi, diciamo che l’Italia (e anche l’Europa) non è riuscita a decidere quale strategia attuare e quali sono gli interessi in gioco in tutta quest’area.
Il problema è che gli altri lo hanno già deciso e noi rischiamo di arrivare tardi.
4- Ultimamente, pare che Russia e Egitto si stiano ‘allontanando’ dal sostegno ad Haftar, mentre Emirati e Arabia Saudita sembrano ferme nel loro appoggio.Come legge le recenti prese di posizione russe ed egiziane?
4- Russia ed Egitto, essendo paesi coinvolti con l’Europa, hanno sempre assunto una posizione favorevole ai negoziati di pace. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, Mosca ha permesso che 1400 contractors russi affiancassero le truppe di Haftar pagati dagli Emirati Arabi Uniti mentre l’Egitto fornisce armi e fa transitare dal suo territorio mezzi e armi diretti ad Haftar.
Gli Emirati, nonostante siano più distanti, sono il vero motore delle forze di Haftar sia in termine di mezzi che di denaro.
La diplomazia degli Emirati, così come quella dell’Arabia Saudita, non parla tanto di Libia però agisce molto nel supporto ad Haftar mentre Russia ed Egitto parlano tantissimo di Libia a livello diplomatico e il loro supporto ad Haftar ha una rilevanza inferiore anche se non dobbiamo dimenticare che senza il confine terrestre tra Egitto e Libia Haftar faticherebbe a ricevere i rifornimenti che giungono in parte per via aerea dagli Emirati.
Un grande disegno strategico coinvolge le guerre libica e siriana ed è il confronto tra la Lega araba (in tal caso Egitto, Arabia Saudita e Emirati) e la Fratellanza Musulmana, quindi il Qatar e la Turchia, quest’ultima un paese islamico ma non arabo.
Tra l’altro, il tentativo turco di penetrare nel mondo arabo è ostacolato anche dal fatto che gli arabi ricordano bene quanto duro e atroce sia stato il dominio ottomano sul mondo arabo fino alla fine della Prima Guerra Mondiale e ciò rende più difficoltosi i rapporti tra turchi e arabi.
Nel Nord della Siria, come a Tripoli, il confronto è tra il mondo arabo e l’espansionismo turco e non a caso gli Emirati, che furono tra i maggiori sostenitori del fronte anti-Assad, oggi sono tra i migliori amici di Damasco e chiedono allo stesso Assad di riprendere l’offensiva contro le milizie filo-turche, le stesse che offrono i mercenari che combattono per il governo di Tripoli.
Anche in questo caso, l’osservazione da fare è che l’Italia e l’Europa sono totalmente estranei da questo scenario, ma non così la Russia, che anche “sottotraccia” gioca la sua parte in Libia e in Africa.
5- Sempre a proposito di questa tematica, ritiene che il sostegno saudita ad Haftar e quello qatariota ad Al Serraj possano costituire un’inasprimento della “guerra civile” che si starebbe combattendo all’interno del mondo islamista ? E se sì, come considera il ruolo dell’Iran in tale contesto?
5- Vi sono due crisi diverse. La crisi interna al mondo sunnita vede il conflitto tra la parte più laica del mondo arabo e l’asse, di matrice islamista, Turchia/Qatar che è legata alla Fratellanza Musulmana.
Altra cosa è invece il confronto tra il mondo sunnita, che costituisce la maggior parte del mondo musulmano, e quello sciita in quella che fino a ieri era la “Mezzaluna Sciita”, che andava dagli Hezbollah libanesi all’alauita (quindi sempre sciita) Assad, al governo scita iracheno e all’Iran.
Contro di essi il mondo arabo non ha esitato ad entrare, in funzione anti-sciita, anche a compromessi con le forze estremiste e infatti le milizie jihadiste attive per anni in Siria contro Bashar Assad sono state sostenute dai paesi arabi, dalla Turchia e anche dall’Occidente: Non dimentichiamo che quello di Assad è un governo laico e la sua eliminazione veniva vista come l’eliminazione di un pezzo importante di questa Mezzaluna sciita.
Oggi le crisi con l’Iran sono evidenti, anche se vi sono delle interessanti intersezioni tra le due crisi che interessano il mondo islamico.
Ad esempio il Qatar ha buoni rapporti con l’Iran e potrebbe, un domani, diventare uno dei paesi chiave nel cercare di appianare i rapporti conflittuali tra Riad e Tehran, che è un ruolo che già anche altri paesi arabi stanno ricoprendo, penso al Kuwait o all’Oman.
Meglio tenere conto che le crisi in atto nel Medio Oriente arabo/islamico, soprattutto in una fase il cui prezzo del petrolio sta crollando, rischiano di travolgere tutta la regione.
Nel senso che una conflittualità accesa, in un momento in cui mancheranno le risorse finanziarie generate dall’export energetico, rischia di provocare un disastro economico per tutta quell’area che dovrebbe essere interesse di tutti i protagonisti regionali scongiurare.
Detto questo, penso che difficilmente il mondo arabo e anche persiano potrebbero tollerare l’espansionismo turco e quindi sconfiggere i turchi in Libia e cacciarli dalla Siria resterà ancora a lungo una priorità per buona parte del mondo arabo sunnita.
L’Iran attualmente ha grosse difficoltà finanziarie, ad esempio nel sostenere il regime siriano, che infatti si sta avvicinando a paesi arabi sunniti come l’Egitto e persino gli Emirati Arabi Uniti che sino all’altro giorno erano sostenitori della ribellione siriana.
6- Alcuni analisti hanno sostenuto che l’attuale pandemia globale sia stata accompagnata da un un’ondata di infodemia e, inoltre, dal ricorso all’information warfare o ‘guerra dell’informazione’ dir si voglia.
A suo dire, quali sarebbero i paesi che vi avrebbero fatto maggiormente ricorso e quali obiettivi si nasconderebbero dietro la diffusione di notizie false o di ‘mezze verità’ e, d’altro canto, quanto potrebbe essere realmente rilevante tale fenomeno ?
6- Io credo che stiamo dando un peso eccessivo a problemi definiti nuovi ma che non lo sono affatto. La guerra dell’informazione, la propaganda e la disinformazione ci sono sempre state, già venivano usate dai Fenici nel commercio e in guerra dai Babilonesi. La diffusione di informazioni false per creare consenso o il fatto che una nazione enfatizzi gli aiuti dati ad altri paesi e, d’altro canto, minimizzi i propri problemi interni fa parte di una logica che è vecchia come il mondo.
Poi, diciamo che il vero problema nelle società evolute e per evolute intendo democratiche (e non parlo della Cina, dove non c’è libertà di stampa e un giornalista se cerca di indagare sul numero reale dei morti può scomparire) è l’appiattimento informativo e la mancanza di inchieste.
Parlando dei media italiani, basti vedere l’appiattimento sul Coronavirus come unico tema di tg, giornali e talk show ormai da tre mesi, anche con lo scopo di fare audience.
In questo contesto ci scoppia in faccia la Libia e sono mesi che i media non se ne stanno occupando e la Libia è un problema di cui l’Italia si dovrebbe occupare quasi tutti i giorni.
Questo penso sia un problema vero insieme alla credibilità di un sistema informativo martellante sul coronavirus nel diffondere notizie fornite da fonti autorevoli quali esperti, medici e scienziati che ogni settimana modificavano le loro valutazioni smentendo persino le loro stesse precedenti affermazioni.
Io non sono preoccupato della diffusione di notizie propagandistiche, un aspetto che è sempre esistito e sta al buon senso di ognuno di noi documentarsi su più fonti oggi facilmente accessibili.
Inoltre, non darei tutta la rilevanza che viene data oggi a questo fenomeno, che anche a livello internazionale in certi ambienti (come nella NATO) viene enfatizzato. Insomma, la propaganda la fanno tutti e non è un mistero e non mi sembra una cosa così scandalosa da accettare.
7- Nei primi tempi dell’emergenza, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità si è contraddistinta per prese di posizione contraddittorie o che hanno fatto abbastanza discutere.
Tenendo anche conto di alcuni episodi oscuri presenti nel passato dello stesso dirigente Tedros Adhanom, crede che l’OMS non sia comportata a dovere ?
E, inoltre, come legge la possibile vicinanza della stessa istituzione a quella parte dell’establishment occidentale tendenzialmente di matrice ‘globalista’?
E, inoltre, come legge la possibile vicinanza della stessa istituzione a quella parte dell’establishment occidentale tendenzialmente di matrice ‘globalista’?
7- Io credo che il problema di questa crisi è costituito da un approccio ideologico ai problemi pragmatici. Io non mi fido dell’OMS perché l’OMS è troppo infiltrata da interessi politici e dall’influenza di alcuni Stati.
Faccio un esempio: se c’è un paese che ha saputo affrontare benissimo questa crisi pandemica è Taiwan ma quello che ha fatto viene tenuto in scarsa evidenza perché non fa parte dell’OMS a causa del veto cinese.
Se devo prendere atto che l’Oms è posta sotto l’influenza della più grande dittatura comunista del mondo è chiaro che come cittadino non posso fidarmi di un’istituzione che si rivela succube, o comunque prona, ad una dittatura che tiene sotto scacco 1 miliardo e mezzo di persone. Se valuto che l’OMS ha contribuito all’insabbiamento dell’epidemia in Cina come posso fidarmi di quell’organismo dell’ONU?
Se c’è una lezione che il mondo e anche l’Italia deve apprendere dal coronavirus è che l’ideologia e il politically correct non servono a nulla e aggravano i problemi concreti.
Se l’Italia avesse chiuso i confini e imposto quarantene a fine gennaio (e qualcuno lo propose), probabilmente non avremmo avuto tutti i problemi che abbiamo avuto: ma allora si disse che il virus era il “fascioleghismo”, che bisognava “abbracciare cinesi” e mangiare involtini primavera.
Un esempio che spiega che i problemi vanno affrontati in modo pragmatico e non nel nome dell’ideologia e del politicamente corretto, se no si trasforma un piccolo problema in un disastro globale.
8- Volgendo lo sguardo sull’Unione Europea, come valuta la ‘reazione’ di Bruxelles all’emergere della pandemia e ai prevedibili effetti negativi in campo economico e politico ?
8- Io trovo che l’UE ha dimostrato di non esistere e non mi ha sorpreso.
L’Europa ha sempre fallito ogni volta che doveva aiutare paesi in difficoltà, penso alla Grecia per dirne uno che è sotto gli occhi di tutti da più di dieci anni ormai.
Quindi, l’Europa non esiste e quello che mi sorprende è che in Italia si continui ad attendere dall’Europa segnali che, se dovessero mai arrivare, arriveranno per noi molto tardi e magari fra un anno (come il Recovery Fund), e quando arriveranno saranno usati per sostenere la Germania e solo marginalmente noi.
Quindi, l’Europa non è di supporto all’Italia in questo momento se non in termini marginali.
L’Europa non esiste, dobbiamo prenderne atto: questo non vuol dire uscire dall’UE ma cominciare a dotarci di strumenti nazionali con i quali affrontare la crisi economica.
9- Sempre a proposito dell’UE, ritiene che il blocco egemone, ovvero sia l’asse franco-tedesco, possa “utilizzare” l’emergenza Coronavirus per consolidare ed aumentare la propria influenza o, al contrario, pensa che proprio tale critica situazione possa contribuire a rendere più ‘equa’ la stessa Unione e fare in modo che la tanto decantata ed invocata “solidarietà europea” diventi realtà ?
9- Mi sembrano tutte sciocchezze propagandistiche: la solidarietà europea non esiste e sarebbe grave se la politica ci credesse davvero.
Il fatto è che l’idea che l’Europa sia un condominio in cui tutti gli inquilini sono uguali è una sciocchezza, l’Europa è un terreno di confronto comune nel quale ognuno dei maggiori player cerca di esprimere la sua influenza.
Ed è chiaro che francesi e tedeschi, avendo demograficamente e come PIL una forza maggiore degli altri, esercitano un’influenza maggiore che non è sempre detto sia convergente. Spesso hanno divergenze ma, allo stesso tempo, hanno sempre trovato un maggiore interesse nel ricomporre le loro divergenze per mantenere la leadership piuttosto che farsi la guerra l’un altro sostenendo altri paesi.
Quindi, se in Italia qualcun pensa che la Francia possa schierarsi con noi contro la Germania sul sostegno finanziario all’Italia rischia di prendere una clamorosa cantonata perché l’egemonia francese in Europa dipende dall’intesa che ha sempre trovato con la Germania e viceversa.
Quindi, dobbiamo smetterla di pensare che l’Europa sia un parco giochi dove tutti i bambini possono giocare nello stesso modo: l’Italia ha fatto tanti errori perché la politica spesso non si è occupata abbastanza dell’Europa e dei suoi meccanismi come è accaduto anche nelle ultime trattative.
Gli stessi media internazionali hanno raccontato, e sono stati impietosi, su come il governo italiano sia stato economicamente sprovveduto: in Italia i media non ce lo dicono ma basta leggere un giornale o vedere una tv straniera per saperlo.
L’Europa è fallita, noi possiamo continuare a pensare che sia un parco giochi e prendere calci mentre oggi persino il Copasir (che è uno strumento che sta lavorando egregiamente) si sta preoccupando del fatto che la crisi finanziaria generata dal Covid- 19 aumenterà le scalate straniere alle aziende, agli asset strategici italiani.
E per straniere intendo i tanti paesi interessati a mettere le mani nella nostra industria, che il nostro governo sta lasciando colpevolmente da sola, e saranno soprattutto francesi e tedeschi i favoriti in questa gara agli acquisti in saldo delle aziende italiane perché in ambito Ue è facilitata l’acquisizione di aziende tra paesi partner.
Anche i cinesi sono molto aggressivi in questo settore e hanno una lobby molto forte all’interno del nostro governo. In definitiva mi preoccupa soprattutto il fatto che in Italia ci sono molti filo-tedeschi, filo-francesi, filo-cinesi, filo-americani e filo-russi ma mi pare ci siano troppo pochi filo-italiani.
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