L’assistenza sanitaria negli Stati Uniti, III puntata

mag 15, 2020 0 comments

Di Giorgio Pirré
3. La managed care.

La managed care si presenta come la novità più recente ed anche l’oggetto di studio che suscita più interesse negli ultimi anni. Da sempre la caratteristica distintiva dell’assistenza sanitaria americana era stata l’autonomia decisionale dei medici, con protocolli di cura abbastanza differenti da zona a zona e da Stato a Stato. Le nuove modalità organizzative stanno mettendo seriamente in discussione proprio l’autonomia dei medici.
Vi erano stati già esempi di assistenza sanitaria garantita tramite il pagamento periodico di quote associative (mensili, annuali) a piani di assistenza ma la materia non fu regolata fino al 1973, quando durante la presidenza Nixon fu approvato il primo provvedimento che regolava le HMO (Health Maintenance Organizations) cercando di favorirne la crescita e la diffusione. In particolare si davano degli incentivi a quegli imprenditori che, pagando interamente o parte della copertura assicurativa sanitaria dei loro dipendenti, davano la possibilità di poter scegliere le HMO se disponibili sul territorio. 
La prima fase fu caratterizzata da una crescita relativamente lenta. Al 1980 solo il 4% della popolazione con copertura sanitaria era in un piano HMO. Gli anni successivi, invece, hanno visto uno sviluppo notevole. Siamo in presenza di organizzazioni e di contratti di assistenza abbastanza differenti ma l’evoluzione ha seguito un modello abbastanza coerente: progressivamente si è passati verso una maggiore libertà di scelta da parte dei pazienti di medici di base e specialisti, dato che proprio le limitazioni iniziali erano uno dei fattori che rallentavano la diffusione del modello.
Uno dei primi esempi (Kaiser Foundation) era difficile da accettare secondo le aspettative dell’americano medio: personale medico e paramedico dipendente che lavorava in strutture apposite. Da lì, si è passati alle IPA (Independent Practice Associations) che permettevano una scelta più ampia sulla base di un elenco di centri e medici convenzionati. Il passo successivo (con l’intervento di imprese profit nella gestione dei piani) fu i POS (Points of Service), con ulteriore maggiore autonomia di scelta.
A metà degli anni ’90 circa il 95% della sanità privata veniva garantita tramite una qualche forma di Managed Care. Gradatamente, tuttavia, è iniziato un dibattito sulla qualità del servizio offerto. Uno dei punti più controversi è l’impossibilità, secondo la normativa vigente, di citare in giudizio una HMO per malpractice o per aver negato cure e trattamenti. La responsabilità rimane a carico dei medici i quali, tuttavia, prima di prescrivere cure e farmaci devono chiedere l’autorizzazione alla HMO di riferimento del paziente. Anche dopo l’autorizzazione, di solito concessa da personale amministrativo, la maggior parte delle HMO si riservano il diritto di negare il rimborso o di liquidare la parcella del medico, dato che l’autorizzazione ha funzione solo amministrativa. È attualmente in discussione un provvedimento al Congresso per risolvere la questione, invero assai inusuale, di potere di decisione da parte delle HMO con responsabilità civile e penale in capo ai medici che propongono ma non decidono. Qualche cambiamento si è già avuto ed alcune HMO hanno deciso di eliminare l’autorizzazione preventiva, che è peraltro una procedura costosa sul piano amministrativo, riservandosi di fare dei controlli di merito successivi e solo in alcuni casi: per esempio, quando le statistiche compilate dalla HMO mostrano che si è al di sopra di una certa media di spesa per paziente, o per medico, o per patologia dichiarata.
Rimane il fatto che le HMO, anche quelle che hanno ottenuto un ottimo indice di accettazione da parte dei pazienti o da parte dei controllori federali e statali, sono relativamente inadatte a rispondere sulla qualità e le modalità terapeutiche. Queste rimangono responsabilità dei provider: medici ed ospedali. Il compito delle HMO è infatti esclusivamente, diremmo per natura, organizzativo e gestionale e quindi economico. 

3.1. Medicaid e Medicare nella managed care

Tradizionalmente sono gli stati ad avere funzione regolativa nel settore delle assicurazioni. La questione assume rilevanza se si considera che sia le autorità federali che statali hanno cercato di incentivare la partecipazione dei pazienti Medicare e Medicaid ad una qualche forma di Managed Care. Il tentativo era quello di affidarsi ad organizzazioni private che, operando con criteri di efficienza gestionale, ottenesse il risultato di far diminuire i costi senza gravare il settore pubblico di ulteriori compiti di controllo. Il cambiamento è iniziato a metà degli anni ’80 ed è stato graduale. Attualmente il 50% di tutti i pazienti Medicare e Medicaid sono in una qualche forma di managed care.
All’inizio non era ben chiaro quale forma avrebbero dovuto assumere le nuove gestioni ed i soggetti da sottoporre ad incentivo per la transizione verso questa nuova forma di assistenza. La scelta cadde sulle donne ed i bambini, quindi Medicaid. Le ragioni erano di vario genere. Intanto si pensava che le organizzazioni di Managed Care avessero una qualche esperienza con quelle categorie di pazienti che, quindi, avrebbero saputo gestire con efficienza ed economicità. Si considerava che la maggior parte degli interventi sarebbero stati di assistenza di base ed il sistema di capitation[i] faceva prevedere un certo risparmio. In secondo luogo, le altre categorie (anziani, disabili) da cui si poteva pensare di ottenere risparmi erano politicamente forti, con organizzazioni capaci di intrattenere rapporti conflittuali con quelle amministrazioni che premevano per il nuovo paradigma e, tenuto conto dell’intensità potenziale dei trattamenti e della facoltatività della scelta, il risultato finale non era del tutto prevedibile. Donne e bambini, quindi, diventarono i destinatari di messaggi di incoraggiamento al cambiamento proprio perché politicamente e soggettivamente deboli.
Per attuare i nuovi piani di Managed Care le autorità statali potevano scegliere tra tre differenti opzioni: 1) lasciare l’iniziativa alle imprese del settore che avrebbero contattato i potenziali clienti-pazienti per cercare di convincerli a scegliere il nuovo piano di assistenza; 2) porsi come filtro tra gli aventi diritto e le imprese, possibilmente con una sola tipologia di Programma; 3) utilizzare un soggetto intermedio, un broker, incaricato di mettere a conoscenza gli aventi diritto delle nuove possibilità di scelta.
La prima opzione (adottata tra gli altri dagli stati di New York, Florida, California) aveva alcuni potenziali vantaggi: maggiore competizione, bassi prezzi, azione indipendente ed autonoma da parte delle imprese che si supponeva conoscessero il loro mercato potenziale. Ed aveva dei potenziali svantaggi: pericolo di frodi (le imprese avrebbero promesso più di quanto potevano realmente concedere) e un certo grado di confusione tra i potenziali destinatari. La seconda opzione fu adottata ed ebbe successo nell’Oregon ed in altre zone minori. Il modello però risultò non esportabile perché adatto a piani sanitari relativamente piccoli, essendo costoso, di difficile gestione (di solito sottoposto a trattative con i gruppi di interesse ed i sindacati), abbastanza inviso a quei pazienti avrebbe preferito scegliere soluzioni non proposte.
La campagna di informazione condotta dagli Stati andò avanti cercando di convincere gli aventi diritto a scegliere la managed care in ogni caso. Accadeva abbastanza frequentemente che le persone accettavano l’idea di cambiare ma, essendo del tutto incapaci di valutare nel merito, lasciavano che altri (per esempio, il broker) scegliessero per loro tra i piani di assistenza disponibili.
Il caso di New York è particolarmente interessante. Fin dalla fine degli anni ’80 l’iscrizione ai piani di Managed Care era stato facoltativo e le imprese potevano prendere contatto diretto con i loro potenziali clienti. La situazione cominciò a cambiare nel 1995 con l’elezione di George Pataki alla carica di Governatore: la nuova amministrazione decise di far concorrere pubblicamente le imprese che volessero gestire i piani. 15/20 imprese parteciparono alle gare con ribassi molto forti. Entro l’estate del 1996 i piani furono sospesi dato che molte delle imprese che si erano aggiudicate l’appalto rifiutavano ai pazienti quanto avevano promesso. Dal 1999 a New York opera un broker (Maximus) insieme all’azione diretta delle imprese sui potenziali clienti. Tramite le informazioni raccolte dal broker in tutti gli stati si può capire di più: circa l’80% delle persone contattate telefonicamente dalle imprese rifiutano di cambiare la loro posizione; di quelli che decidono di accettare i nuovi piani circa il 70% accetta le indicazioni che vengono loro date (da un possibile broker, dalle autorità sanitarie, ecc.). Le percentuali variano da stato a stato. Diseguale è anche il pacchetto dei servizi garantiti. Per quello che riguarda Medicare la competizione si è svolta concedendo via via più servizi ai pazienti dato che il programma per gli anziani aveva margini di guadagno maggiore che non Medicaid. Vi sono stati anche interventi del governo federale: si invitavano le imprese di managed care a concedere più benefici ai pazienti Medicare prospettando, in alternativa, la riduzione delle quote a rimborso del servizio. È variegato anche il metodo di calcolo per i rimborsi alle imprese (a prestazione, a persona). In genere gli stati preferiscono pagare una quota fissa a persona (capitation); ma può accadere anche che, a seconda dei pacchetti, si rimborsino in maniera diversa le medesime prestazioni.
Inizialmente l’aggressività di marketing delle imprese si è riversata soprattutto su Medicare perché garantiva rimborsi maggiori e rivolta ad una popolazione tendenzialmente più sana dei pazienti Medicaid ma alla fine l’effetto è stato paradossale: strette tra la competizione con le altre imprese e le pressioni federali molte imprese hanno trovato i margini di guadagno assottigliarsi fino a scomparire del tutto. Nel 1999 400 mila pazienti hanno dovuto cambiare piano sanitario Medicare perché le imprese che lo gestivano hanno deciso di lasciare il settore di attività (54 imprese nel 1999 e circa 60 nel 2000).
Anche per Medicaid si sono posti problemi di redditività economica. Ritorniamo all’esempio dello stato di New York. Dopo l’iniziativa di Pataki per una competizione pubblica delle imprese per la gestione dei piani, la spesa per paziente è diminuita significativamente: a seconda dei piani si va da un minimo del 17% ad un massimo del 30%; e alcune imprese hanno lasciato il settore di attività. L’abbandono può avere molte cause. Alcune sono legate al prezzo sbagliato presentato all’offerta: per volontà di frode o per incapacità gestionale (per esempio: assenza di una contabilità industriale che renda chiari i costi per prestazione media o il numero delle prestazioni medie per tipologie di pazienti). Altre ragioni sono da addebitare al tipo di mercato rappresentato da Medicaid. In genere si tratta di persone a basso reddito, potenzialmente con problemi cronici di vario genere collegati alla precaria condizione sociale. Talvolta entrano ed escono dai piani tanto frequentemente (anche per la modifica del loro status[ii]) da rendere difficile qualsiasi forma di trattamento stabile e, possibilmente, più efficace. Quindi, pazienti complicati da gestire. La forma organizzativa all’interno dei piani ha attualmente delle tendenze statisticamente prevalenti. Le aziende di Managed Care pagano i medici di base secondo la formula capitation, gli specialisti a prestazione, e gli ospedali per giorni di degenza e patologia. La formula capitation, che è stata particolarmente richiesta fin dalla prima fase di inserimento della managed care sul mercato, presenta aspetti diversi. La parte positiva di questo metodo di rimborso è stata spesso esposta dalle imprese che l’hanno sostenuta: l’interesse alla prevenzione ed alla continuità delle cure dato che interventi terapeutici emergenziali potrebbero essere catastrofici per il paziente e disastrosi finanziariamente per l’impresa gestore del piano.

3.1.1 Il controllo di qualità dei piani

Vi è un altro aspetto che sta venendo a maturazione negli ultimi anni: il controllo sulla qualità delle prestazioni erogate. Il mercato Medicaid è quanto mai difficile per le stesse imprese che gestiscono i piani; per le ragioni accennate e per un’altra ragione spesso non detta chiaramente. I pazienti usciti dall’assistenza Medicaid (perché non più in possesso dei requisiti) in genere rimangono senza copertura (raramente sono in grado di pagarsi una polizza assicurativa) oppure, se rientrano, possono scegliere un piano differente da quello precedente: i gestori quindi hanno scarsa convenienza a prescrivere terapie costose e, si suppone, più efficaci dato che i benefici delle cure non sarebbero imputati alla loro impresa.
Nel settore privato dell’assistenza sanitaria è attiva da anni con un certo grado di affidabilità un’agenzia (NCQA– National Commission for Quality Assurance) che ha il compito di stilare una classifica, ed eventualmente comminare sanzioni, sulla base di una diecina di indicatori. Qualcosa di simile si sta cercando di fare per Medicaid e Medicare. Anche se è bene essere abbastanza cauti: si è rilevato che gli indicatori di performance dei piani possono risultare differenti ma che la qualità complessiva dell’assistenza assicurata era comparabile, a motivo di contesti sociali, geografici ed abitudini differenti.

Note

[i] È il criterio usato per retribuire i medici di base in Italia.
[ii] Ricordiamo che Medicaid è rivolto a persone in difficoltà economica. Può accadere che i criteri normativi le rendano assistibili “a singhiozzo”, a seconda della possibilità di lavorare e di guadagnare un certo ammontare annuo oppure essere in particolari nuclei familiari, ecc. 

Indice

I Puntata (Premessa; Introduzione; 1. Le radici storico-politiche e le caratteristiche del settore fino al New Deal del presidente Roosevelt)
II Puntata (2. La nascita delle Blue-cross e delle Blue shield e l‘eredità di Roosevelt; 2.1. Il ruolo del presidente Roosevelt; 2.2. Medicaid e Medicare; 2.2.1. Medicaid; 2.2.2. Medicare; Bibliografia)
III Puntata (3. La Managed care; 3.1. Medicaid e Medicare nella Managed care; 3.1.1 Il controllo di qualità dei piani; Note)
IV Puntata (4. Il decennio ’90: il fallimento della riforma Cinton e l’espansione delle HMO; 4.1. Le HMO (health managed organization); 5. Considerazioni finali; Bibliografia; Note)

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