Di Giorgio Pirré
2. La nascita delle Blue-cross e delle Blue shield e l‘eredità di Roosevelt
La crisi del 1929 ebbe conseguenze gravissime per il settore dell’assistenza sanitaria, in particolare per gli ospedali che erano diventati il cuore pulsante del sistema anche in termini economici. Nei mesi successivi alla crisi non solo erano diminuiti i pazienti ricoverati ma gli incassi delle strutture ospedaliere erano crollati da 260 dollari per paziente a 59 dollari. Anche come risposta alla crisi il settore ebbe modificazioni importanti che portarono alle prime forme di assicurazione sanitaria.
A differenza della maggioranza delle esperienze europee fondate sull’iniziativa dei pazienti, negli Stati Uniti l’iniziativa fu presa dai providers. A partire dall’inizio degli anni ’30 le strutture ospedaliere di molti Stati si unirono in una federazione conosciuta come Blue-Cross. Le si può considerare come un primo esperimento di quello che negli ultimi decenni del XX secolo sarà la managed care e furono presenti fin dall’inizio i problemi che caratterizzeranno il dibattito successivo, soprattutto il timore dei pazienti circa la limitazione di scelta (di terapia, di ospedale, di medico).
Le Blue-Cross dovevano chiedere un’autorizzazione alle amministrazioni statali competenti. Alcuni Stati accompagnavano l’autorizzazione con delle clausole di salvaguardia del principio di eguaglianza di trattamento. Nel caso dello Stato di New York, per es., Blue-Cross poteva operare ma doveva accettare nel suo piano sanitario l’iscrizione di tutti coloro che ne facessero richiesta, facendo pagare lo stesso premio assicurativo. Nell’arco di poco più di un decennio l’esperimento fu un buon successo e cominciò ad operare in quasi tutti gli Stati. Gli ospedali avevano un buon ritorno economico, considerato che Blue-cross, struttura che nasceva dalla federazione degli ospedali, pagava le parcelle senza alcuna contestazione. Lo stesso principio che aveva condotto gli ospedali a creare Blue-Cross portò alle Blue-Shield, create dai medici e dalle loro associazioni professionali.
La diffusione di Blue Cross e Blue Shield fu favorita anche dalle condizioni particolari in cui si trovarono l’economia e le relazioni industriali statunitensi dopo la seconda guerra mondiale: in occasione delle trattative sindacali per il rinnovo o la stipula dei contratti le organizzazioni sindacali avevano il vantaggio di rappresentare una forza lavoro molto richiesta e particolarmente legittimata dal periodo bellico precedente. Inoltre gli imprenditori venivano invitati dalle stesse autorità federali a concedere fondi pensioni (cioè a pagare una quota o l’intera parte degli accantonamenti che ogni lavoratore doveva fare per la futura pensione) e la copertura sanitaria: somme che nel 1951 il Congresso autorizzò a dedurre dal reddito imponibile delle imprese.
Gradatamente, quindi, il settore delle assicurazioni sanitarie cominciò a presentare generali caratteristiche di redditività positiva convincendo le compagnie assicurative tradizionali a proporre appositi pacchetti. A differenza della precedente esperienza delle Blue-Cross le compagnie assicurative cominciarono ad applicare i normali metodi attuariali di calcolo del rischio. La naturale conseguenza fu la selezione all’entrata (preferendo categorie di popolazione a basso rischio sanitario) e la predisposizione di polizze con costi differenti: maggiore il rischio sanitario, maggiore il premio assicurativo da pagare.
Sia per queste caratteristiche del mercato assicurativo sia per le caratteristiche del sistema produttivo successivo alla Seconda guerra mondiale (caratterizzato dall’industria pesante e da unità produttive relativamente di grandi dimensioni) la sanità statunitense alla fine degli anni ’70 era caratterizzata dall’equazione “occupazione = copertura sanitaria”. Sul lato dell’offerta rimaneva la dicotomia tra le compagnie assicurative che operavano con criteri esclusivamente di mercato assicurativo e le Blue-Cross e Blue Shield nate dai provider, presenti in ogni Stato con una diversa organizzazione e sottoposte a differenti regolazioni statali. Talvolta, poteva accadere che gli Stati imponevano alle compagnie di assicurazioni il “community based rate”: il prezzo della polizza doveva essere uguale per “community” assicurata, dove “community” poteva essere l’insieme dei dipendenti di un’impresa o associazioni di utenti che decidevano di condividere il rischio.
Alla fine degli anni ’80 la situazione era cambiata. Le mutate caratteristiche dell’economia statunitense (meno produzione e produttori nell’industria pesante, più unità produttive leggere, più occupati nei servizi, più lavoratori autonomi) avevano portato a modificazioni profonde [Renner-Navarro 1989] in quella che era stata per circa 20 anni l’equazione prevalente: nel febbraio 2000 solo il 54% degli occupati ha la copertura tramite il proprio datore di lavoro; la tendenza è stata, e presumibilmente sarà, la diminuzione costante.
2.1. Il ruolo del presidente Roosevelt
Il ruolo del governo federale cominciò a diventare importante con il Presidente Roosevelt. Abbandonata l’ipotesi di un sistema sanitario nazionale (soprattutto per l’opposizione al Congresso dei rappresentanti degli Stati del Sud) nel 1935 Roosevelt riuscì a far approvare due importanti piani di welfare destinati ad influenzare i provvedimenti successivi in materia. Il primo istituiva il sistema della sicurezza sociale ai fini pensionistici (Social Security) ed era gestito dal governo federale; era compatibile con il sistema dei valori liberali: il successivo beneficio era legato ad una attività produttiva che finanziava il fondo. Il secondo (AFDC– Aid to Family with Dependent Children) finanziato dal governo federale e dagli stati, era gestito dai singoli stati che potevano decidere il tipo di aiuto (ed il suo ammontare) da concedere alle famiglie bisognose.
Nel 1950 il Congresso, su iniziativa del Presidente Truman, approvò un piano che prevedeva ulteriori fondi federali ai singoli stati per garantire, a discrezione degli stati e secondo loro criteri, una qualche forma di assistenza sanitaria ospedalieraalle persone legate ai due piani di welfare approvati durante la gestione Roosevelt (AFDC per le famiglie bisognose; Social Security per i disoccupati). Sia i Repubblicani che i Democratici diedero il loro assenso. L’assenso dei Repubblicani fu assicurato da alcune valutazioni difensive: accettando le soluzioni proposte da Truman si evitava di procedere all’approvazione di un sistema sanitario nazionale (che era stato proposto dallo stesso Truman nel 1949 al Congresso, che lo bocciò) e si lasciava la decisione finale sui criteri di assistenza ai singoli stati. Per i Liberals era un passo avanti: si approvava comunque una qualche forma di salvaguardia delle fasce più deboli della popolazione. Nel 1960 fu approvato un secondo provvedimento, anche questo legato ai piani Roosevelt, con ulteriori fondi federali a gestione statale per i disoccupati, gli anziani e quelli che erano al di sotto di una certa soglia di reddito. Nel 1962 si aggiunsero i disabili.
Il grande cambiamento si ebbe nel 1965, durante la presidenza di Lyndon Johnson. Erano in discussione tre provvedimenti: 1) ad iniziativa del presidente si riproponeva il piano di Truman, focalizzato soprattutto sull’assistenza ospedaliera gratuita per le persone anziane; 2) ad opera del repubblicano John Byrnes si proponeva l’assistenza medica gratuita per gli anziani; 3) ad opera dell’AMA (American Medical Association), l’influentissima associazione dei medici statunitensi, si proponeva l’assistenza medica gratuita per la popolazione al di sotto di una certa soglia di reddito.
Si arrivò all’approvazione di due grandi programmi che ripercorrevano lo schema rooseveltiano (Social Security/AFDC): a)Medicare, assistenza ospedaliera e medica gratuite per gli anziani, a gestione federale e b) Medicaid, assistenza sanitaria gratuita per i poveri con copertura finanziaria federale e statale, a gestione statale. I finanziamenti federali ai singoli stati per l’implementazione del programma di Medicaid potevano andare da un minimo del 50% ad un massimo dell’’80% della spesa sostenuta a seconda del grado di povertà dello stato.
In più, venivano previsti finanziamenti federali per la costruzione di strutture sanitarie ed ospedaliere che sarebbero state gestite da autorità locali e municipali. Sul piano organizzativo lo schema che prevalse fu quello delle Blue Cross: sostanzialmente venivano collegate in un programma comune le strutture allora esistenti. In più, venivano previsti fondi federali per la costruzione di Community health care facilities: nelle intenzioni, una rete di strutture sanitarie che avrebbero dovuto occuparsi della parte meno fortunata della popolazione americana. La loro gestione avrebbe fatto leva su comunità locali caratterizzate per etnia o religione.
2.1. Medicaid e Medicare
2.1.1. Medicaid
I 50 Stati recepirono molto lentamente ed in maniera diseguale il piano di Medicaid. Basti pensare che solo nel 1982, con l’Arizona, si arrivò a coprire l’intera nazione. Il periodo 1966-86 fu caratterizzato da un grado quasi totale di discrezionalità statale circa le prestazioni garantite e le modalità di erogazione del servizio. In generale si può dire che venivano garantite le cure ospedaliere di base, talvolta con dei tetti massimi di spesa. Alcuni stati potevano aggiungere dei servizi a loro discrezione ma in tal caso il governo federale non rimborsava la sua quota di spesa che di solito ammontava a circa il 50%. Ci trovavamo di fronte a 50 diversi pacchetti di prestazioni garantite, 50 differenti criteri di assegnazione, 50 differenti criteri di rimborso ai provider. Anche il costo delle prestazioni erogate poteva essere molto diverso: si fa l’esempio della California e di New York. Per prestazioni comparabili lo stato di New York spendeva il quadruplo di quanto spendeva la California. Né si fornivano ragionevoli spiegazioni per differenze così vistose.
A partire dalla metà degli anni ’80 il governo federale cominciò ad imporre alcuni criteri. Tra i più importanti: 1) dal 1989 gli stati avevano l’obbligo di fornire assistenza sanitaria gratuita alle donne incinte a basso reddito; 2) a partire dal decennio ’90 veniva garantito il rimborso del 100% ai provider istituzionali per le cure erogate ai pazienti Medicaid.
Gli effetti di queste due modifiche furono notevoli. Sia in termini di aventi diritto che in termini di costi. Complice anche la recessione degli anni ’80 e dei primi anni ’90 il costo di Medicaid cominciò a crescere al ritmo del 20-30% annuo. Una prima reazione all’aumento dei costi lo si ebbe dagli stati che dapprima iniziarono una dura polemica per i criteri imposti dal governo federale e poi trovarono modi semi-legali per ottenere più del 50% dei costi garantito fino ad allora. È rimasto famoso l’escamotage proposto dall’associazione degli ospedali e attuato per qualche anno: a) gli ospedali avrebbero fatturato ai singoli stati (che poi giravano la metà del costo al governo federale per il rimborso) il 110% di quanto avrebbero dovuto fatturare sulla base delle prestazioni effettivamente erogate; b) poi avrebbero versato agli stessi stati il 5% di quanto incassato (55% dallo stato + 55% dal governo federale) in forma di donazione deducibile dalle tasse. Il risultato finale era che il governo federale si sobbarcava circa il 60% del costo effettivo.
Il Presidente Clinton ridusse gli obblighi federali in capo agli stati mentre questi ultimi utilizzavano i risparmi ottenuti per implementare la managed care. Negli ultimi anni le spese sono effettivamente diminuite. Tuttavia nessuno ne conosce con certezza i motivi e quindi nessuno è in grado di fare previsioni di lungo periodo. Si fanno alcune ipotesi: a) l’importanza maggiore della managed care; b) la modifica della normativa ad opera del presidente Clinton; c) l’ammissibilità della deducibilità fiscale per alcune spese sanitarie; d) una relativa confusione nell’applicazione delle nuove regole di welfare che, escludendo alcuni dall’assistenza finanziaria ma non dalle cure sanitarie, provocano comunque un abbandono dei potenziali beneficiari per semplice ignoranza dei propri diritti; e) la diminuzione delle spese per cure sanitarie di lungo periodo, dato esse costituiscono una parte importante dei costi totali di Medicaid.
Attualmente circa il 70% delle persone interessate sono donne con bambini a carico. Negli ultimi anni è aumentata la percentuale di anziani e disabili.
2.1.2. Medicare
Nel 1998 le spese totali di Medicare ammontavano a 255 miliardi di dollari; 34 milioni erano le persone interessate. La parte A di Medicare (rimborso delle spese ospedaliere) è obbligatoria. Ne ha diritto qualsiasi cittadino che al raggiungimento dei 65 anni di età ha guadagnato per almeno 10 anni almeno 3 mila dollari l’anno, pagando regolarmente la Social Security. Viene finanziata quindi in parte con le trattenute sui redditi percepiti ed in parte tramite fondi federali di derivazione fiscale. La parte B (il rimborso delle spese mediche) è facoltativa. Vi si accede tramite il pagamento di 44 dollari al mese se si è già inseriti nella parte A (spese ospedaliere) e si è obbligati comunque a pagare circa il 35% delle spese eventuali.
Medicare ha incontrato un alto grado di consenso. In parte pagata con i contributi versati ed universale, non è legata ai programmi di assistenza ai poveri (programmi di Welfare) così negativamente caratterizzati nella mentalità statunitense; ma ha una copertura inferiore a quella di Medicaid. Nel caso di anziani poveri può accadere che alle prestazioni garantite da Medicare si aggiungano le prestazioni garantite da Medicaid. Altrimenti l’unica soluzione è acquistare sul mercato assicurativo privato dei pacchetti aggiuntivi che garantiscono le prestazioni non coperte in caso di bisogno. Attualmente queste polizze (chiamate Medigap) sono circa una diecina, per un intervento regolativo e limitativo del Congresso. Era accaduto infatti che subito dopo l’approvazione di Medicare le compagnie assicurative private avevano immesso sul mercato centinaia di polizze differenti, creando confusione circa il rapporto prezzo- ritorno assicurativo. Una parte importante di queste polizze viene gestita dalle Blue- Cross, tradizionalmente legate al ceto medio.
Intorno alla metà degli anni ’90 cominciò un acceso dibattito circa le sorti di Medicare, parte A (assistenza ospedaliera). Sulla base di calcoli attuariali e demografici, sembrava che all’inizio del decennio successivo Medicare si sarebbe trovata nell’impossibilità di continuare a garantire le prestazioni; si parlava già di bancarotta. La questione non era di poco conto e nel 1997, su iniziativa del presidente Clinton, il Congresso approvò una serie di tagli alle spese ed ai rimborsi ai provider, insieme ad una serie di misure e raccomandazioni che potessero far aumentare la quota di pazienti inseriti in programmi di managed care e di arrivare ad una sostanziale diminuzione dei costi. Altre misure restrittive erano allo studio ma già l’anno successivo Medicare registrò un aumento delle spese di solo il 2.5% (a fronte dell’11% degli anni precedenti). Nel 1999 si è avuto addirittura una diminuzione, seppure minima, del costo complessivo. Il Congresso allora ha deciso di rivedere alcune delle misure approvate due anni prima e che avrebbero dovuto garantire un risparmio dei costi nell’arco di circa un decennio. Si è anche deciso un lieve aumento delle spese (grazie anche al surplus di bilancio[i]) dando ascolto alla parte più radical delle assemblee legislative. Tuttavia, cosa abbia potuto provocare questa improvvisa inversione di rotta è materia di discussione. Molti fattori possono aver contribuito: a) le decisioni di merito del Congresso; b) una più scrupolosa condotta dei provider nel fatturare correttamente le prestazioni rinunciando alla tentazione di utilizzare le maglie regolative per codificare prestazioni simili con rimborsi differenti, approfittando della babele regolativa stratificatasi nell’arco dei decenni.
Rimane l’impressione, tuttavia, che gran parte dei preoccupati segnali d’allarme e della loro amplificazione abbia avuto motivazioni precise nell’interesse delle Health Maintenance Organizations (HMOs) ad entrare nel mercato di Medicare, tradizionalmente abbastanza suscettibile di profitti (su ciò cfr. il successivo par. 3.1). Altrimenti non si riuscirebbe a spiegare come sia stato possibile che un programma dichiarato sull’orlo della bancarotta abbia invertito la rotta in pochi mesi.
Una parte delle spese finora del tutto escluse dal rimborso riguarda i farmaci. La questione ha aspetti complessi. Da un lato l’esclusione dal rimborso pubblico porta inevitabilmente ad una limitazione nell’uso, dall’altro si è appurato che il costo dei farmaci in USA è molto più alto che non in aree limitrofe e simili (per es. il Canada) anche di percentuali significative (intorno al 50%). Così, l’eventuale inclusione del rimborso potrebbe costituire l’inizio di un controllo federale sulla formazione del prezzo; eventualità che non tutte le imprese del settore guardano con favore. Certo colpisce che nel 1998 l’aumento delle spese per farmaci è stato del 15%. A fronte di percentuali molto più basse per le altre categorie: le cure domiciliari hanno avuto un incremento del 3.4%, quelle ospedaliere del 5%, quelle mediche del 3.7%.
Per gli anni a venire le maggiori preoccupazioni circa i costi riguardano le modificazioni demografiche (aumento della percentuale degli anziani sul totale della popolazione), i miglioramenti tecnologici e terapeutici, l’impossibilità per la Managed Care di continuare nella passata performance di riduzione dei costi (avvenuta, come si vedrà, soprattutto per motivi organizzativi e per la compressione dei margini di guadagno e di autonomia degli ospedali, dei medici e del personale infermieristico), la necessità per le imprese che operano nel settore e che sono quotate in borsa di aumentare i premi assicurativi allo scopo di presentare bilanci ottimali agli analisti finanziari ed evitare rovinose cadute di valore delle loro azioni. Quest’ultimo punto (l’aumento del prezzo delle polizze) è già una realtà: nel 1995 è stato del 2.8% e negli anni successivi 3.3%, 3.5%, 8.2%.
Bibliografia
Renner C.- Navarro V. 1989, Why is our population of uninsured and underinsured persons growing? The consequences of the “deindustrialization” of the United States. International Journal of Health Services, 19: 433.
Note
[i] Durante la presidenza Clinton l’economia statunitense ebbe un buon momento di crescita ed anche i conti del governo federale ne risentirono positivamente.
Indice
I Puntata (Premessa; Introduzione; 1. Le radici storico-politiche e le caratteristiche del settore fino al New Deal del presidente Roosevelt)
II Puntata (2. La nascita delle Blue-cross e delle Blue shield e l‘eredità di Roosevelt; 2.1. Il ruolo del presidente Roosevelt; 2.2. Medicaid e Medicare; 2.2.1. Medicaid; 2.2.2. Medicare; Bibliografia)
III Puntata (3. La Managed care; 3.1. Medicaid e Medicare nella Managed care; 3.1.1 Il controllo di qualità dei piani; Note)
IV Puntata (4. Il decennio ’90: il fallimento della riforma Cinton e l’espansione delle HMO; 4.1. Le HMO (health managed organization); 5. Considerazioni finali; Bibliografia; Note)
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