Di Salvatore Santoru
La recente liberazione della giovane cooperante Silvia Romano ha riportato alla ribalta, anche nell’ambito dell’opinione pubblica e dei media mainstream, la tematica della lotta al terrorismo di matrice islamista radicale.
La giovane ragazza milanese era stata sequestrata da parte di alcuni miliziani legati ad Al-Shabaab, un’organizzazione terroristica somala legata alla rete globale di Al-Qaeda(1).
Più specificatamente, Al-Shabaab è nata a seguito della sconfitta dell’Unione delle Corti Islamiche ed è stata riconosciuta ufficialmente da Al Qaida nel 2012(2).
La stessa formazione estremista ha anche dei sporadici rapporti con alcuni esponenti del mondo della pirateria somala, ma tuttavia tale relazione è ambigua e sostanzialmente Al-Shabaab e pirati somali hanno generalmente strategie e obiettivi interni contrastanti(3).
Negli ultimi anni, i miliziani di Al Shabaab si sono macchiati di numerosi attacchi terroristici che hanno provocato diverse vittime e uno dei più recenti è stato quello del 31 dicembre del 2019, avvenuto a Mogadiscio(4).
L’escalation del terrore portata avanti da Al Shabaab in Somalia rientra, a livello internazionale, nel tentativo di ‘rinascita’ operato dal network internazionale di Al Qaida.
La crisi dello Stato Islamico e il tentativo di ribalta dei qaedisti
Negli ultimi anni la leadership del terrorismo islamista era stata conquistata dall’autoproclamato Stato Islamico, noto più comunemente con l’acronimo “ISIS” o “ISIL”.
I miliziani dell’ISIS erano riusciti, partendo dall’Iraq e dalla Siria, a costruire una rete del terrore particolarmente violenta e pervasiva a livello mondiale. In tal modo, lo stesso autoproclamato Stato Islamico era diventato il più temuto gruppo terroristico di matrice islamista radicale, mentre Al Qaeda attraversava una fase di decadenza(5).
Uno dei successi iniziali della strategia del Califfato era relativo alla scelta di unire l’impostazione marcatamente espansionista e globale della ‘jihad globale’ con il radicamento territoriale mentre, invece, Al Qaeda era sì fondata su una strategia di ‘jihadismo globale‘ ma anche sulla mera destabilizzazione e sulla mancanza di un efficace radicamento(6).
Tuttavia, la scia di sconfitte dello Stato Islamico in Siria ha portato alla crisi dell’organizzazione fondata dall’ex miliziano qaedista Abu Bakr al-Baghdadi, la cui eliminazione avvenuta nel 2019 ha contribuito alla decadenza dell’autoproclamato Califfato.
La crisi dell’ISIS ha, di conseguenza, lasciato un vuoto nella leadership del terrorismo islamista e la “nuova Al Qaeda” ha cercato di colmarlo.
Specialmente sotto la guida di Hamza Bin Laden, anch’egli eliminato nel 2019(7), tale progetto di “rinascita” di Al Qaida ha mosso le sue prime e forse più importanti mosse.
Il rischio dell’alleanza Al Qaeda-Isis e l’incognita Africa
La guerra civile siriana e quella yemenita hanno costituito, in linea di massima, due scenari particolarmente interessanti per la rete globale di Al Qaeda. Difatti, l’organizzazione terroristica fondata da Al Zawahiri e da Bin Laden ha potuto, pian piano, ricostruire la sua potenza comunicativa e militare messa a dura prova dalla competizione dell’ISIS.
Approfittando della stessa lotta al Califfato, i quaedisti hanno potuto ri-organizzare il proprio apparato terroristico e in qualche modo hanno avuto una sorta di “lascia passare” da parte di alcune forze e potenze impegnate nella lotta contro l’Isis.
Difatti, è notorio che la guerra in Yemen ha visto un certo disinteresse iniziale da parte dell’opinione pubblica mainstream e l’avanzata di quella che era la “legione siriana” di Al Qaeda, ovvero sia Al Nusra, non è stata contrastata a dovere.
In seguito, c’è da segnalare che la stessa Al Nusra ha reciso i legami con Al Qaida ma, tuttavia, quanto è stato detto sino ad ora è sintomatico di ciò che è successo sino a poco tempo fa(8).
Comunque sia, c’è anche da ribadire che oggi Al Qaida può contare un importante radicamento in Siria, nello Yemen, nel Maghreb e sempre di più nell’Africa subshariana.
A tal riguardo, è interessante il fatto che nel Sahel si ha notizie di vicinanze e alleanze tra gruppi legati ad Al Qaeda e l’ISIS e proprio tale saldatura risulta essere molto pericolosa(9).
Difatti, un’ipotetica alleanza ufficiale tra Al Qaeda e Daesh in quell’area costituirebbe un pericolo da non sottovalutare per tutta quell’area e per lo stesso Occidente.
Il fatto è che, anche a seguito degli effetti collaterali disastrosi della guerra in Libia, lo scacchiere che va dal Nord Africa all’Africa subshariana è diventato una polveriera potenzialmente esplosiva.
D’altro canto, c’è anche da ribadire che un’eventuale collaborazione “localistica” tra Al Qaeda e Daesh potrebbe anche portare all’inasprimento di quella che potremmo chiamare come “industria dei sequestri“, della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento dell’immigrazione di massa verso i paesi occidentali come la stessa Italia.
NOTE
(9) https://www.tempi.it/cattive-notizie-dal-sahel-per-la-prima-volta-isis-e-al-qaeda-si-sono-alleati/
ARTICOLO PUBBLICATO ANCHE SU OSSERVATORIO GLOBALIZZAZIONE.
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