Wolfgang Munchau, direttore di Eurointelligence ed editor del Financial Times, commenta il “recovery fund” su cui il Consiglio Europeo giovedì ha trovato un accordo di massima, sebbene solo nelle intenzioni. Italia e Spagna ne escono sconfitte e passa il piano presentato dai tedeschi, con un fondo assolutamente insufficiente in termini di ampiezza, tardivo nell’applicazione, e da implementare in modalità tale da non farne assolutamente uno strumento di stimolo fiscale, di cui invece ci sarebbe bisogno. Munchau sottolinea il fallimento di Conte nelle trattative, dovuto all’incapacità di fare squadra con altri paesi, ma anche all’inadeguata conoscenza dei meccanismi di funzionamento della UE.
Di Wolfgang Munchau, 24 aprile 2020
Nella nostra valutazione dell’impatto economico delle misure finora concordate, sappiamo già gran parte di quanto è necessario conoscere. Il Consiglio Europeo ha trovato un accordo sulla versione di Angela Merkel, e non sui Coronabond né sulla proposta spagnola. Come riportato da FAZ stamattina, il piano prevede che la UE aumenti il suo bilancio dall’attuale 1,2% al 2% per un periodo di due o tre anni. Questo aumento non avverrà sotto forma di contributi diretti da parte dei paesi membri, ma sotto forma di garanzie. L’articolo stima il volume annuale a una somma di 100 miliardi di euro, ovvero, secondo i nostri calcoli, lo 0,6% del PIL dell’Unione Europea (EU-27). Il totale dei prestiti che potrebbero essere fatti sarebbe nell’ordine di 250-300 miliardi di euro nell’arco di due o tre anni.
Questi prestiti extra non rappresentano il fondo stesso, sul quale la Commissione spera di fare leva per un ammontare maggiore. Una parte dei fondi sarà resa direttamente disponibile sotto forma di finanziamenti. Un’altra parte genererà investimenti tramite prestiti e su questi si dovrà fare leva finanziaria per raggiungere l’ammontare target. Qui sta la grande decisione politica che non è ancora stata presa. Gli olandesi e i tedeschi differiscono per diplomazia e linguaggio, ma esortiamo i nostri lettori a non cadere nella loro retorica sulla solidarietà. Entrambi i paesi vogliono che la maggior parte degli esborsi sia fatta sotto forma di prestiti. Ed è ciò che pensiamo accadrà.
La parte di prestiti effettuata sotto forma di finanziamenti includerà un certo elemento redistributivo, con particolare enfasi sugli stati membri che sono stati colpiti più duramente dalla crisi. Ma saremmo sorpresi se la UE fosse in grado di concordare delle ri-allocazioni radicali delle proprie risorse entro questa categoria, semplicemente per il modo in cui vengono prese le decisioni sulle allocazioni stesse. I tedeschi parlano di solidarietà, ma anche loro hanno delle regioni povere che vorrebbero beneficiare del fondo. Se assumiamo un totale di prestiti per 300 miliardi di euro, la metà dei quali sotto forma di finanziamenti, l’impatto macroeconomico medio sarebbe dello 0,4% del PIL per tre anni. Questo sarebbe a livello di eurozona, un po’ di più nel sud-ovest, un po’ di meno al nord-est. Data l’entità della recessione, questa cifra è praticamente nulla, indipendentemente da quanto sarà accentuato l’elemento redistributivo.
Come al solito, non fidatevi dei totali che vengono riportati nei titoli dei giornali. L’altra sera Ursula von der Leyen ha detto che l’ammontare sarà nell’ordine dei triliardi [migliaia di miliardi, NdT], non dei miliardi. Scorrendo i titoli dei giornali stamattina abbiamo trovato un sacco di giornalisti creduloni che sono stati colpiti da questo numero. Pensiamo sia un’illusione. Così come lo era il pacchetto di 500 miliardi di euro dell’eurogruppo, perché confondeva e mescolava all’interno della stessa cifra l’intera capacità del MES con la stima della capacità totale di leva finanziaria di due diversi fondi.
È meglio pensare alle diverse categorie separatamente. Gran parte del nuovo denaro verrà sborsato sotto forma di prestiti al settore privato. La Commissione Europea tenterà allora di fare leva su quella parte dei 200-300 miliardi di euro che non saranno stanziati per finanziamenti, al fine di gonfiare la capacità totale del fondo al numero desiderato che deve essere riportato nei titoli dei giornali. Il metodo sarà quello del famigerato piano di investimento di Juncker. I lettori ricorderanno che siamo stati tra i più vigorosi scettici di questo metodo. E siamo in buona compagnia. La stessa Corte dei conti europea ha calcolato, secondo le proprie stime sul piano Juncker, che sebbene siano stati finanziati degli investimenti, è discutibile che quegli stessi investimenti non sarebbero stati finanziati comunque in altri modi.
Non siamo nemmeno sicuri che questo meccanismo sia adeguato a risolvere i problemi di solvibilità del settore privato. Recentemente abbiamo notato una proposta interessante di un gruppo di economisti che hanno suggerito che la UE partecipi direttamente nelle quote azionarie delle imprese. Una versione finale recentemente pubblicata del loro report entra nel dettaglio dei fondi. Siamo d’accordo che questo rappresenterebbe un modo migliore di effettuare gli esborsi da parte della UE rispetto a fare credito. Non sarebbe né un prestito né un finanziamento. Ma solleverebbe la questione di chi dovrebbe coprire le perdite nel caso in cui la strada intrapresa fosse quella di un fondo finanziato con l’aiuto delle garanzie dei paesi membri, e presumiamo sarebbe la Banca europea per gli investimenti.
FONTE E ARTICOLO COMPLETO: http://www.eurointelligence.com/public/
TRADUZIONE DI Henry Tougha PER VOCI DALL'ESTERO.
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