L’assistenza sanitaria negli USA, I puntata

apr 30, 2020 0 comments

Di Giorgio Pirré

Premessa

Nel 1997 mi sono trasferito negli Stati Uniti per studio e lavoro. Volevo capire quella nazione. Nelle mie precedenti missioni di lavoro in Russia ed Ucraina mi era capitato di riflettere sull’approccio statunitense nelle repubbliche ex-sovietiche ed ero rimasto sorpreso dalla povertà teorica delle proposte di politica economica ed istituzionale. Una visione meccanica della società, delle genti, della loro storia. Come se affermare: “Ora fate un’economia di mercato!” avrebbe compiuto il miracolo di una trasformazione veloce di tradizioni secolari. Forse la verità stava nelle parole di una delle mie interpreti: “Mentre voi europei giocate, gli Stati Uniti stanno comprando i gioielli della nostra industria.” 
Gli Stati Uniti sono una nazione affascinante e complessa. Come catturarne l’anima? L’idea mi venne leggendo un articolo su The Economist. Rifletteva sul ruolo essenziale delle compagnie assicurative statunitensi anche nell’assistenza sanitaria. Il calcolo attuariale è un indicatore importante per giudicare le modalità sociali di affrontare l’incertezza: il privato che si rivolge ad una impresa finanziaria scommettendo sul suo futuro o lo Stato attraverso la garanzia della fiscalità generale e della condivisone del rischio? Perché non studiare, allora, proprio uno dei temi più delicati nella vita di ognuno di noi? L’argomento avrebbe permesso di osservare il comportamento degli attori in aree fondamentali: politica, economia, società civile.
Il testo che segue è il risultato di alcune letture e degli appunti presi durante un ciclo di lezioni alla Columbia University di New York. È del febbraio 2000. Da allora il cambiamento più importante è stato il Patient Protection and Affordable Care Act del 2010: “The act largely retained the existing structure of Medicare, Medicaid and the employer market, but individual markets were radically overhauled. Insurers were made to accept all applicants without charging based on pre-existing conditions or demographic status (except age). To combat the resultant adverse selection, the act mandated that individuals buy insurance (or pay a fine/tax) and that insurers cover a list of “essential health benefits”.
Quella riforma era stata parte importante del programma elettorale del candidato Barack Hussein Obama ma al Presidente non riuscì di far passare la proposta dirimente: una compagnia assicurativa pubblica che, in competizione con quelle private, avrebbe svolto una funzione calmieratrice dei premi assicurativi. L’idea è ora sostenuta da Joe Biden, il candidato democratico alla presidenza per le elezioni del prossimo novembre.
Suggerisco un angolo di lettura delle pagine che seguono: il progressivo affermarsi dell’assistenza sanitaria come settore economico e le inevitabili aporie emergenti da un approccio che cerca di salvaguardare contemporaneamente il profitto e la salute. È come voler conciliare due grandezze logico-matematiche incomparabili: il continuo (la salute) ed il discreto (la convenienza economica).
Alla fine (Capitolo 5. Considerazioni finali) proporrò una spiegazione per dare un senso ad una cosa che un senso non ce l’ha.

Introduzione

Per molti statunitensi parlare di “Politica della sanità” è un ossimoro o una minaccia. I medici paventano i possibili appesantimenti burocratici. Gli economisti guardano soltanto al mercato finanziario per costruire le migliori polizze assicurative possibili. Abbastanza di senso comune è, poi, guardare al settore come ad un mercato dove si svolge una sana competizione economica. Il ragionamento è valido anche per il singolo consumatore-paziente che negli ultimi anni ha visto erodere parte della sicurezza sociale goduta negli anni precedenti a causa del peggioramento complessivo delle aspettative di cura e per l’aumento dei costi relativi. Scarsa, invece, è l’attenzione ai gruppi di interesse economico che sono e fanno il mercato del settore. Piuttosto, molti degli attori principali, singoli o collettivi, si trovano d’accordo nel non richiedere un sistema sanitario nazionale a gestione pubblica. In questo influisce certamente il pessimo giudizio che il cittadino statunitense ha in genere del mondo politico. I valori prevalenti sono quelli del successo economico. Altri ruoli sociali, appunto come quelli degli uomini politici, vengono considerati scarsamente apprezzabili.
Tuttavia, la politica è profondamente coinvolta. I temi della copertura assicurativa (sufficiente/insufficiente, costosa/a buon mercato), della possibile regolazione delle polizze assicurative (in modo da garantire un livello minimo delle prestazioni effettive), della qualità del servizio sanitario negli sviluppi recenti, la possibilità di citare in giudizio le HMO (Health Maintenance Organizations) per cure necessarie e non autorizzate, è tema fondamentale di ogni campagna elettorale e, per ammissione dei politici attivi a livello statale, assorbe fino a due/tre volte le risorse di tempo dedicate ad altri temi.
Rimane quindi una peculiarità statunitense la presenza di luoghi di cura tra i più importanti del mondo insieme a forme gravi di sotto assistenza: perché le patologie non sono coperte dalle polizze ed i pazienti non possono pagare le costosissime cure. 
Alcuni studiosi fanno notare che le attuali caratteristiche del sistema politico degli Stati Uniti sono isomorfe alle stesse modalità che hanno presieduto alla formazione della Dichiarazione di Indipendenza e della attuale Costituzione. Le stesse questioni dibattute attualmente circa il tipo di assistenza sanitaria e la sua organizzazione può forse essere più chiaro se si esamina brevemente quel percorso storico. Faremo cenno, quindi, al dibattito teorico e politico che portò alla Costituzione ed alle caratteristiche che negli ultimi due secoli ha avuto l’assistenza sanitaria ed i cambiamenti più significativi intervenuti. Proseguiremo con un approfondimento di quanto è avvenuto negli anni ‘90. Circa il dibattito relativo alla carta costituzionale, vale la pena sottolineare che per capire il settore dell’assistenza sanitaria statunitense si pongono come centrali sia la questione del rapporto Stati/Governo Federale sia il ruolo dell’iniziativa economica privata.

1. Le radici storico/ politiche e le caratteristiche del settore fino al New Deal del presidente Roosevelt

Grande importanza può essere data all’influenza che ebbero filosofi come John LockeThomas HobbesJean-Jacques Rousseau sui compilatori della carta costituzionale. Locke, in particolare, con il suo insistere sul ruolo limitato che deve avere lo Stato e sul diritto naturale ed inalienabile di ogni cittadino di difendere da ogni ingerenza statale, anche minima, la sua vita privata e le sue attività economiche. Fino al diritto alla ribellione nel caso di regimi autoritari e liberticidi. Se un compito fondamentale doveva avere lo Stato, era nella difesa della proprietà privata; quel diritto “naturale ed inalienabile” si applicava pienamente solo nel caso che si fosse trattato di una persona che apparteneva alla leadership di quell’epoca e che aveva caratteristiche precise: bianco, maschio, proprietario terriero o imprenditore.
La rivolta delle 13 colonie americane iniziò nel 1776 emblematicamente per ragioni fiscali contro il governo inglese lontano ed esoso; i protagonisti furono soprattutto proprietari terrieri ed imprenditori di origine inglese discendenti dai coloni arrivati agli inizi del 1700.
Conclusasi vittoriosamente nel 1783, fu anche l’occasione per un confronto interno. Sulle posizioni di James Madison si schierarono coloro che avrebbero voluto uno Stato Unitario (che includesse cioè le 13 colonie) ma con pochi poteri e con un ruolo molto pronunciato del potere legislativo. Alexander Hamilton, invece, sosteneva uno Stato Unitario forte con un ruolo molto pronunciato del Presidente. I Federalisti, invece, volevano mantenere lo stato di pluralità, così come le colonie si presentavano in quel momento, opponendosi a qualsiasi ipotesi che prevedesse importanti poteri sovra-locali; disponibili alla creazione di un potere legislativo nazionale, avversavano qualsiasi ipotesi di normative fiscali federali e l’elezione di un Presidente federale.
Madison ed Hamilton trovarono un accordo temporaneo per creare comunque un’entità federale sovra-locale, decidendo di mantenere temporaneamente indefinita la questione circa i suoi reali poteri. Le stesse formulazioni vaghe della carta costituzionale proposta rappresentavano il compromesso raggiunto e la decisione di discutere in un secondo momento delle questioni, anche rilevanti, sulle quali non c’era un’intesa. La soluzione, avversata dai Federalisti, ottenne il risultato di portare alla formazione degli Stati Uniti d’America con un potere legislativo molto forte nel quale erano rappresentati gli Stati.
Dopo l’approvazione della carta costituzionale una nuova alleanza, questa volta tra Madison e Thomas Jefferson, permise di far prevalere le posizioni meno favorevoli ad un forte potere centrale. I contrasti caratterizzarono l’acceso dibattito fino agli inizi del 1800 ed i punti più controversi rimasero più o meno gli stessi: ruolo e poteri del governo federale e del presidente.
Si può dire che fino al New Deal di Roosevelt il governo federale ebbe veramente poca o nessuna voce in capitolo sulle questioni più importanti che riguardavano la vita sociale ed economica, rafforzando nella cultura e nella pratica politica la soluzione che aveva prevalso e che i costituenti avevano tratto dal pensiero politico dei filosofi citati: il miglior Stato possibile è uno Stato minimo. Certo, ebbero un peso rilevante le modalità attraverso cui si era arrivati alla formazione della nuova nazione: la ribellione contro un potere centrale e lontano (l’Inghilterra) che avrebbe voluto imporre la propria legge fiscale. È importante notare, tuttavia, che i provvedimenti approvati ed in vigore negli States circa le misure, minime, che noi chiameremmo di Welfare, ripercorrevano quanto era indicato nella Poor Law inglese: 1) la competenza all’assistenza dei più poveri era dei poteri locali, le municipalità più che i singoli stati; 2) l’assistenza andava ai “deserving poor”: disabili, ciechi, bambini, ecc., essendo inconcepibile fornire assistenza a persone adulte, potenzialmente in grado di lavorare.
La prima legislazione che introduceva una forma di sistema pensionistico federale fu approvata per i veterani della guerra civile Americana. I suoi benefici furono in seguito allargati anche ad altre fasce, tradizionalmente deboli della popolazione: donne e bambini. L’esperienza ebbe cattiva reputazione: nel giudizio dei più la gestione dei benefici divenne con gli anni materia di scambio clientelare incontrollato ad uso delle leadership politiche. 
Il primo tentativo di sistema sanitario federale è del 1921, abrogato nel 1929, di nuovo tentato nel 1935. In realtà, fallirono tutti i tentativi che anche negli anni successivi furono fatti per creare un vero e proprio sistema sanitario federale: da Roosevelt a Clinton, passando per Truman e Kennedy, nessun presidente, per quanto autorevole o capace, ha avuto successo. Anche gli Stati ebbero un ruolo limitato: approvarono provvedimenti soprattutto per i disabili e introdussero solo alcune e parziali normative di regolazione nel campo delle assicurazioni private.
I pochi provvedimenti presi ebbero, soprattutto, il marchio delle municipalità: qualche ricovero notturno per i senzatetto che in qualche città (tra queste New York City) avevano anche una qualche forma di assistenza sanitaria. Analogamente, municipali furono i primi provvedimenti in tema di sanità pubblica (standard per l’acqua potabile e per i luoghi di smercio degli alimenti). Si trattava di iniziative limitate e sporadiche dato che soprattutto nel XVIII e XIX secolo molte amministrazioni comunali si resero famose per apparati clientelari e poco efficienti.
È intuitivo affermare, quindi, che l’assistenza sanitaria ebbe caratteristiche soprattutto private. Le cronache del 1700 e del 1800 ci parlano di medici e guaritori dalle varie caratteristiche in movimento di villaggio in villaggio o nelle zone rurali, quasi sempre in visita domiciliare, mancando quasi del tutto quei luoghi pubblici che oggi chiamiamo cliniche ed ospedali. Gli unici luoghi pubblici dove si praticava una limitata forma di assistenza medica erano i ricoveri per i senza tetto, carenti di attrezzature, cure e di qualsiasi attrattiva per chi, avendo un reddito minimo, poteva scegliere di essere curato a casa ed accudito dai familiari.
La situazione cominciò a cambiare agli inizi del XIX secolo, soprattutto per i cambiamenti tecnologici e farmacologici che rendevano preferibile il ricovero per l’uso di terapie e tecniche non elementari. Un grande peso ebbero anche le modificazioni demografiche e sociologiche intervenute. Una maggiore mobilità geografica e la conseguente progressiva scomparsa di nuclei familiari stabili e numerosi, che avevano garantito fino ad allora le cure familiari, portarono alla costruzione di cliniche ed ospedali in numero sempre maggiore: nel 1873 gli ospedali statunitensi erano circa 200 e 7 mila nel 1930. Un ulteriore incremento si ebbe subito dopo la seconda guerra mondiale quando il governo federale approvò una normativa (1947) che prevedeva il trasferimento di risorse finanziarie importanti alle municipalità per costruire nuovi ospedali, soprattutto nelle zone rurali fino ad allora sotto assistite.
Un cenno particolare merita il ruolo dell’assistenza infermieristica. Il crescente ruolo delle strutture ospedaliere a partire dagli inizi del XX secolo, il crescente numero delle persone anziane bisognose di cure prolungate, talvolta non necessariamente specialistiche e il venir meno del ruolo di assistenza ad opera delle donne della famiglia portarono ad un aumento esponenziale di infermieri, specializzati e non. 
L’effetto di questi cambiamenti strutturali fu da un lato un innegabile miglioramento delle condizioni sanitarie della popolazione e dall’altro un aumento vertiginoso dei costi. Tra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo l’onere finanziario erano diventato eccessivo per le famiglie del ceto medio e motivo di preoccupazione per gli stessi amministratori delle strutture ospedaliere; premessa indispensabile per la creazione di un nuovo settore di intrapresa economica o, usando una fraseologia diversa, per l’invenzione di nuove tecniche manageriali, finanziarie, economiche che garantissero il profitto delle imprese del settore e, per quanto possibile, la salute dei pazienti-consumatori: nasceva l’industria dell’Health Care.

Indice

I Puntata (Premessa; Introduzione; 1. Le radici storico-politiche e le caratteristiche del settore fino al New Deal del presidente Roosevelt)
II Puntata (2. La nascita delle Blue-cross e delle Blue shield e l‘eredità di Roosevelt; 2.1. Il ruolo del presidente Roosevelt; 2.2. Medicaid e Medicare; 2.2.1. Medicaid; 2.2.2. Medicare; Bibliografia)
III Puntata (3. La Managed care; 3.1. Medicaid e Medicare nella Managed care; 3.1.1 Il controllo di qualità dei piani; Note)
IV Puntata (4. Il decennio ’90: il fallimento della riforma Cinton e l’espansione delle HMO; 4.1. Le HMO (health managed organization); 5. Considerazioni finali; Bibliografia; Note)

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