La pandemia e la rinascita: quarantena, il tempo della riflessione.

apr 12, 2020 0 comments

Di Attilio Sodi Russotto

Viviamo un tempo terribile, poco c’è da aggiungere riguardo a questo. Un flagello invisibile, un orribile morbo si è abbattuto sulla nostra Italia e sulla nostra Europa, sulle nostre città, sulle nostre famiglie e sulla nostra routine, costringendoci, in ossequio alle vigenti disposizioni sanitarie per il contrasto al Covid-19, a rimanere chiusi nelle nostre case, in ansia per i nostri cari più deboli, che si tratti di nonni o figli piccoli. 
Distanti, ed inesorabilmente soli; una solitudine non solo spaziale (c’è chi è rimasto isolato dai propri cari, altri invece hanno la fortuna di essere riuniti in famiglia ad affrontare questa situazione), ma, prima di tutto, esistenziale. Ci si sente come topi sperduti, chiusi fra le mura domestiche, senza sapere quando finirà e come finirà l’emergenza; ci si trova, per calmare l’angoscia, a compulsare nervosamente televisori e radio, internet e social networknella speranza di trovarvi il dato positivo, il segnale ambito, l’auspicata traccia di una fine ormai imminente del dramma e di un ritorno alla normalità. 
E’ del tutto comprensibile, in dati frangenti, trovarsi a passare molto tempo alle prese con i mezzi virtuali; io stesso scorro ben più del solito il mio profilo Facebook, lo ammetto. Ciò che non è ammissibile è invece dimenticare la nostra natura di esseri umani, dotati di natura senziente, e lasciarsi dominare da quei mezzi che invece saremmo noi stessi a dover dominare. Come detto, la pestilenza ha colpito la nostra routine, il nostro vorticoso quotidiano fatto di incessanti impegni, di corse, di traffico e di rapporti umani che pur affastellandosi in modo caotico, sovente rimangono superficiali. Ci troviamo di colpo costretti ad una stasi forzata, ad una quiete imposta, a degli arresti domiciliari in assenza di reato, e questo ci sconvolge, ci turba, ci destabilizza, perché va ad intaccare una forma mentale che ormai si era inserita in automatico nel nostro modo di affrontare le cose. 
L’Arte, tengo alla maiuscola, è la mia vita.  Lo è come campo di lavoro e di studio, ma lo è soprattutto come disposizione d’animo verso il Bello, ancora con la maiuscola, e verso ciò che è alto ed ineffabile. Questa quarantena può costituire, come per me lo fu un’altra stasi forzata ormai molti anni orsono, un’inaspettata occasione per leggere il nostro cuore, ripensare sé stessi, e riportare alla luce una tensione interiore che una vita spesso troppo rumorosa ha sommerso. 
Prendete il vostro IPod, contenente la vostra playlist di canzoni pop, e riponetelo nel cassetto; non vi servirà per un po’. Entrate invece nella quiete della vostra camera, aprite YouTube o inserite il CD nello stereo, e fate partire quel brano di sinfonia o di opera che magari avete udito in una pubblicità o in una colonna sonora, e poi il successivo e quello dopo ancora. Non ascoltatelo come semplici consumatori di musica, ma lasciate la vostra anima liberare la propria ricettività; fatevi condurre dalla Johannespassion, dal Lohengrin o dal Requiem in Re minore verso una Bellezza beata, inebriandovi di ogni nota che si libra leggera nel silenzio. 
Allo stesso modo sfruttate quanto di sublime la Settima Arte può offrirvi. Lo strapotere di Netflix e di Amazon Prime ha anche nel cinema instaurato un’idea pervasiva di consumo, sublimata in negativo dall’invasione di miriadi di serie tv, conformiste nei contenuti e discutibili nella qualità tecnica, che utenti abituati all’insignificanza sono soliti consumare durante le notti di insonnia o la mattina, facendo colazione. E’ la vostra occasione, il cinema d’autore è lì a tendervi le braccia. Quel film di due ore e mezzo che non avete mai avuto tempo di vedere, quell’autore d’essai, quel capolavoro dal sapore antico: premete il tasto play, non abbiate paura. Von Trier e Lanthimos, Dreyer e Bergman, Herzog, Kitano e Kim Ki-duk saranno lì a lasciarvi suggestioni visive, immagini potenti, emozioni indimenticabili che vi porterete nel cuore e che mai più vi abbandoneranno. In generale, usate questa sosta obbligata per apprezzare il valore del silenzio e per migliorare il vostro gusto. Alzate l’asticella, chiedete di più da voi stessi, scegliete letture più complesse ed impegnative. Seguite con la vostra immaginazione il mito faustiano, la tuba di Thomas Buddenbrook rotolare nel fango, pensate a quel lampo di indicibile vergogna nell’ultimo refolo vitale di Josek K. (“Wie ein Hund!”), al padiglione d’oro arso da fiamme terribili appiccate dal Mizoguchi di Mishima. Intrattenetevi con eroi e santi, ninfe del bosco ed antichi Dei, guerrieri e uomini comuni, apprezzate le figure retoriche, il valore della parola, il potere della metafora. Riscoprite la poesia, contemplate, meditate, riflettete. 
State bene attenti, però. Se avrete seguito il mio consiglio, e vi sarete riavvicinati all’Arte, non permettete che questa diventi per voi soltanto un rinomato pezzo d’argenteria da mostrare alle amiche all’ora del tè. L’Arte sia per voi motore di cambiamento interiore, di rinascita, di elevazione, in ogni aspetto della vostra esistenza. 

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