Di Salvatore Santoru
Recentemente il comandante iraniano delle Brigate Al Qds, Qasem Soleimani, è stato ucciso da un raid statunitense ordinato dal presidente Donald J.Trump. Tale fatto ha causato una notevole indignazione in Medio Oriente e, stando ad alcuni analisti, potrebbe essere considerato un vero e proprio ‘casus belli'(1).
Alcuni opinionisti ed esperti temono che l’uccisione di Soleimani possa rappresentare un preludio ad una guerra tra l’Iran egli Stati Uniti e tale monito risulta essere condiviso anche da alcuni esponenti del mondo politico e dallo stesso segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Il segretario dell’ONU ha affermato che il mondo “non può permettersi un’altra guerra nel Golfo Persico” e, inoltre, sia Putin che Macron hanno espresso la loro preoccupazione nell’ambito di una cordiale telefonata(2).
D’altro canto, una possibile escalation mediorientale è ritenuta auspicabile da parte degli strateghi legati all’area ‘neocon’, una ‘fazione ideologica’ ancora ben presente all’interno degli apparati legati al complesso militare-industriale statunitense e mondiale.
D’altro canto, una possibile escalation mediorientale è ritenuta auspicabile da parte degli strateghi legati all’area ‘neocon’, una ‘fazione ideologica’ ancora ben presente all’interno degli apparati legati al complesso militare-industriale statunitense e mondiale.
Difatti, l’idea di un conflitto con l’Iran è sempre stata promossa come un obiettivo fondamentale da parte degli stessi sostenitori dell’agenda neoconservatrice. Su ciò, c’è da segnalare che l’obiettivo di una guerra contro l’Iran era già stato ritenuto di primaria importanza nel noto documento “Rebuiling America’s Defence“, pubblicato nel 2000 dal think thank di matrice neocon “Project for a New American Century” (3).
Tale documento acquisì particolare importanza a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001 e alle conseguenti guerre in Iraq e Afghanistan, considerate aventi ‘finalità imperialiste’ dagli oppositori ma “vendute” all’opinione pubblica globale come parte della ‘guerra al terrorismo islamico’. In quel periodo la già citata corrente neoconservatrice era di fatto egemone all’interno del Partito Repubblicano guidato da George H. W. Bush e, d’altro canto, veniva decisamente avversata dalla sinistra pacifista e dalle correnti della destra libertarian e dalla ‘Old Right’ conservatrice e paleoconservatrice, ostili nei confronti della politica estera di stampo interventista e di conseguenza ‘neo-colonialista’.
In seguito alla fine dell’era ‘bushiana’ il movimento neocon sembrava ormai in fase di decomposizione ma, contrariamente a quanto paventato da certe “narrazioni mainstream”, riuscì a mantenere una certa ‘egemonia culturale’ durante gli anni della presidenza di Barack Hussein Obama.
Oltre a ciò, l’epoca obamiana fu caratterizzata dalla promozione di una politica estera parzialmente ispirata ai dettami neoconservatori e, al contempo, ad un’interpretazione marcatamente ‘liberal’ e strumentalmente “umanitarista” dell’interventismo tipico dei recenti governi statunitensi. Di fatto, tale indirizzo di politica estera sarebbe proseguito nell’eventuale presidenza di Hillary Clinton ma in tal caso l’influenza neocon avrebbe avuto sicuramente la meglio.
Su tale questione è interessante il fatto che inizialmente la galassia neoconservatrice era decisamente critica nei confronti di Trump, teoricamente e populisticamente sostenitore di una politica estera di matrice isolazionista. Da un punto di vista meramente ideologico, tale avversione era motivata anche da una certa e relativa influenza libertarian e paleocons nella “Weltanschauung” geopolitica trumpiana e trumpista.
In seguito, le preoccupazioni neocon erano venute meno e la stessa amministrazione Trump, come riportava il Foglio a settembre del 2018, era diventata tendenzialmente neoconservatrice(4). Per correttezza d’informazione, bisogna pur dire che la corrente neocon non è comunque tornata ai “fasti” dei primi 2000 e non sono mancati dissidi interni all’amministrazione Trump. Proprio tali dissidi hanno portato, il 10 settembre 2019, al licenziamento del Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton(5).
Alla base del licenziamento di Bolton, considerato un ‘falco repubblicano’, vi erano proprio le diverse posizioni relative all’inasprimento delle relazioni tra gli States e l’Iran(6).
Entrando maggiormente nello specifico, risulta che Bolton e altri importanti esponenti dell’area neocon non gradissero le manovre trumpiane tese ad una progressiva e relativa ‘strategia della distensione’, attuata sia nei confronti della Corea del Nord e parzialmente nei riguardi della Cina e dello stesso Iran. Negli ultimi mesi tuttavia qualcosa è decisamente cambiato e, oggi più che mai, l’influenza neoconservatrice potrebbe tornare ad essere rilevante nell’ambito della politica estera degli Stati Uniti.
NOTE:
(1) http://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/siria-iraq-libano-il-medio-oriente-inquieto-dopo-soleimani/
(2) https://www.ilmessaggero.it/mondo/soleimani_putin_guterres_macron_iran_trump_ultima_ora-4960430.html
(3) http://www.informationclearinghouse.info/article3249.htm
(4) https://www.ilfoglio.it/esteri/2018/09/20/news/lamministrazione-trump-sta-diventando-neocon-214594/
(5) https://ilmanifesto.it/trump-abbatte-anche-il-falco-bolton/
(6) https://www.aljazeera.com/news/2019/09/bolton-fired-disagreeing-trump-iran-report-190912080326471.html
- Articolo pubblicato anche su Osservatorio Globalizzazione
(http://osservatorioglobalizzazione.it/osservatorio/trump-liran-e-i-neocon/)
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