Di Cristina Da Rold
Lunedì scorso Thad Balkman, giudice quarantottenne dell’Oklahoma ha decretato che Johnson & Johnson aveva intenzionalmente minimizzato i pericoli dell’uso di farmaci oppioidi per la salute, ordinando all’azienda di pagare allo stato 572 milioni di dollari di risarcimento. Nella sentenza si legge che Johnson & Johnson aveva promulgato “campagne di marketing false, fuorvianti e pericolose” che avevano causato tassi di dipendenza in modo esponenziale e morti per overdose e bambini nati già esposti a oppioidi. Si tratta del primo processo a un produttore di farmaci per la distruzione provocata dagli antidolorifici prescritti.
L’importo è molto inferiore alla sentenza di 17 miliardi di dollari che l’Oklahoma aveva richiesto per il trattamento della dipendenza, e il giudice ha affermato che ci vorranno 20 anni per riparare al danno causato dall’epidemia di oppioidi. Nel frattempo – dichiara Balkman – 572 milioni di dollari dovrebbero bastare per pagare per un anno i servizi necessari per combattere l’epidemia in Oklahoma.
Si tratta in ogni caso di un momento di svolta enorme, che incoraggia le oltre 2.000 cause legali per oppiacei in corso in tutto il paese di perseguire una strategia legale simile a quella dell’Oklahoma. Nonostante tutto l’azienda produttrice non si abbatte. Come riporta il New York Times, Sabrina Strong, avvocato di Johnson & Johnson ha dichiarato: “Abbiamo molti validi motivi di appello e intendiamo perseguirli con forza”.
L’emergenza oppiodi negli Stati Uniti
I dati – per esempio quelli contenuti nel World Drug Report delle Nazioni Unite – autorizzano a parlare di una vera e propria epidemia di morti da overdose in corso negli Stati Uniti. Nel 2016 si era registrato un picco di quasi 60mila morti per overdose, quattro volte quelle del 2000. Una delle ragioni principali di questa diffusione incontrollata è la dipendenza dai molti farmaci usati per controllare il dolore che sono appunto a base di oppiacei, come fentanile, ossicodone e idrocodone.
Con il nome di analgesici oppioidi si intendono gli alcaloidi naturali dell’oppio (morfina, codeina e tebaina), o i loro derivati di sintesi, come fentanil o metadone. Usate sotto stretta prescrizione, queste sostanze sono importantissime per contenere la percezione del dolore. Pensiamo per esempio alla morfina per i malati di cancro. Qui però stiamo parlando di farmaci molto più potenti. Il fentanyl per esempio, che è in commercio come analgesico, è fino a 100 volte più potente della morfina e fino a 40 volte più forte dell’eroina.
È evidente che questi farmaci, se assunti ad alti dosaggi e con un uso continuato e fuori controllo, provocano problemi rilevanti per la salute, per esempio respiratoria, specie se vengono assunti in combinazione con gli alcolici o altri farmaci e droghe. Senza contare le conseguenze della dipendenza psichica, caratterizzata da un comportamento compulsivo del paziente che necessita di assumere il farmaco con regolarità.
Sempre il New York Times calcolava che l’epidemia di oppioidi avrebbe superato il tasso di crescita dell’epidemia di AIDS degli anni novanta. Non solo: nel 2016 – annus horribilis – i morti per overdose erano più di quelli da arma da fuoco e da incidente stradale. Secondo i dati raccolti da una studiosa del fenomeno, Shannon Monnat, nel 2016 sarebbero stati 95 milioni gli americani che avrebbero consumato antidolorifici e due milioni sarebbero i cittadini dipendenti da oppioidi da prescrizione. L’Oklahoma ha sofferto potentemente di questa epidemia. Sempre secondo quanto riporta il NYT, l’ufficio di Mike Hunter, il procuratore generale dell’Oklahoma, avrebbe registrato fra il 2015 e il 2018 ben 18 milioni di prescrizioni di oppiacei in uno stato con una popolazione di soli 3,9 milioni di abitanti. Dal 2000, sempre secondo Hunter, circa 6.000 persone sarebbero morte in Oklahoma per overdose da oppiacei, mentre altre migliaia lottano per uscire dalla dipendenza.
Un recente report del National Safety Council americano mostra che l’overdose accidentale da oppioidi è al quinto posto nella classifica delle morti prevenibili, prima della probabilità di morire per incidente d’auto.
Le accuse a J&J
Durante il processo, Johnson & Johnson ha affermato che la colpa dell’epidemia non può essere attribuita a un’azienda con vendite così modeste, i cui farmaci sono stati approvati e rigorosamente regolati dalle agenzie statali e federali. Tuttavia, il giudice Balkman ha affermato che Johnson & Johnson avrebbe avuto un impatto fuori misura sull’epidemia dello stato, sebbene la sua quota di vendite di oppioidi fosse appena l’1% del mercato. L’azienda aveva infatti stipulato un contratto con i coltivatori di papavero in Tasmania, fornendo il 60% degli ingredienti di oppiacei che le compagnie farmaceutiche usavano per produrre oppioidi come l’ossicodone, e commercializzava aggressivamente oppioidi per medici e pazienti come sicuri ed efficaci. Una sussidiaria di Johnson & Johnson, Janssen Pharmaceuticals, produceva inoltre i propri oppioidi. “Johnson & Johnson – si legge sempre sul NYT – si è impegnata in un marketing falso, ingannevole e fuorviante, ha dichiarato Abbe R. Gluck, che insegna politica sanitaria e diritto alla Yale Law School”. Dal 2000 al 2011, i membri del personale di vendita di Johnson & Johnson avrebbero effettuato circa 150.000 visite ai medici dell’Oklahoma, concentrandosi in particolare su prescrittori di alto volume.
E in Europa?
Il problema dell’abuso di oppioidi non riguarda solo gli Stati Uniti, ma anche l’Europa, anche se le dimensioni sono molto più contenute, e al momento l’Italia non sembra essere particolarmente interessata dal problema. Ma potrebbe diventarlo. Nell’ultimo rapporto disponibile dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed), si registra per l’Italia un incremento nelle prescrizioni degli oppioidi in termini di variazione del rapporto della defined daily dose (DDD) per gli alcaloidi oppiacei, per gli oppioidi derivati dalla fenilpiperidina, come il fentanyl), e per gli altri oppioidi. La stessa crescita si registra anche per i farmaci usati nella terapia del disordine da uso di sostanze oppioidi, come metadone e buprenorfina.
Secondo quanto riporta un position paper della Società Italiana di Farmacologia, in Europa un adulto su cinque è affetto da dolore cronico di intensità da moderata a severa, ma la maggior parte dei pazienti non sarebbe seguito da specialisti della Terapia del Dolore e il 40% di essi non ha un’adeguata gestione del dolore. L’Italia in questa triste classifica è al terzo posto in Europa, con il 26% della popolazione adulta che soffrirebbe di dolore cronico.
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