La scorsa settimana sono arrivati in Norvegia i rappresentanti dei due schieramenti che da qualche mese stanno competendo per il potere in Venezuela: il regime del presidente Nicolás Maduro da una parte, e l’opposizione guidata da Juan Guaidó dall’altra. La ministra degli Esteri norvegese, Ine Marie Eriksen Søreide, ha detto che le due parti hanno iniziato una «fase esplorativa» che potrebbe portare a colloqui veri e propri per risolvere in maniera pacifica la crisi iniziata a gennaio. Insomma: non sono ancora dei veri negoziati, ma poco ci manca.
La fase esplorativa in Norvegia è arrivata tre settimane dopo l’ultimo tentativo di Guaidó di prendere il potere.
Il 30 aprile scorso il leader dell’opposizione aveva pubblicato un video su Twitter invitando la popolazione del Venezuela a unirsi alle proteste, mostrandosi circondato da militari e vicino a Leopoldo López, noto oppositore venezuelano che fino a quel momento era stato agli arresti domiciliari perché condannato a 13 anni di carcere. Guaidó voleva mostrare di avere l’appoggio dell’esercito e di avere le risorse per prendere il controllo di tutto il paese. La sua iniziativa aveva provocato l’inizio di scontri e violenze a Caracas, che però non si erano trasformate in niente di più, segnando di fatto una nuova vittoria per Maduro e una nuova sconfitta per l’opposizione: la terza, se si contano i colpi di stato tentati e falliti da Guaidó.
Da allora il regime di Maduro è stato ancora più duro contro i suoi avversari politici: tra le altre cose ha arrestato Edgar Zambrano, il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale, il Parlamento controllato dalle opposizioni che ha come presidente Guaidó, e ha tolto l’immunità parlamentare ad alcuni deputati con l’accusa di avere partecipato al tentato golpe del 30 aprile, costringendo due di loro a trovare rifugio nell’ambasciata italiana di Caracas. Guaidó è ricercato dalle forze di sicurezza e si sta spostando continuamente da una “casa sicura” all’altra per sfuggire all’arresto. Nel frattempo, ha raccontato il New York Times, le proteste contro Maduro si sono sgonfiate e molti simpatizzanti delle opposizioni sono tornati a occuparsi della devastante crisi economica provocata dal regime, che si porta dietro scarsità di cibo, combustibile e medicine.
Nella complicata situazione in cui si trova, Guaidó è stato costretto a riconsiderare i negoziati con Maduro, una possibilità che in precedenza aveva escluso. L’impressione è che l’opposizione abbia perso il suo momento per togliere il potere a Maduro, che dopo uno sbandamento iniziale è riuscito a riconsolidare il suo ruolo e garantirsi la fiducia della grande maggioranza dell’esercito.
Giovedì scorso Guaidó ha tenuto un discorso rivolto ai lavoratori del settore pubblico in cui si è detto favorevole all’apertura di negoziati, ribadendo però che il suo obiettivo continua a essere la destituzione di Maduro e la creazione di un governo di transizione che convochi elezioni libere e democratiche. Nonostante le difficoltà, Guaidó può contare ancora sull’appoggio degli Stati Uniti e di molti governi europei, che lo considerano come unico presidente legittimo in Venezuela, e sulla diserzione di alcuni membri importanti dell’apparato di regime, come il capo dell’intelligence di polizia che ha scelto di schierarsi dalla sua parte.
Per il momento non si sa se i rappresentanti dei due schieramenti in Norvegia inizieranno veri e propri colloqui formali: finora non si sono incontrati direttamente, e si sono riuniti solo con i mediatori norvegesi. Il governo locale guidato dal Partito Socialista ha detto di appoggiare i negoziati, ma molti settori dell’opposizione rimangono scettici, sostenendo che in passato Maduro aveva usato il dialogo come tattica per bloccare i movimenti di protesta e consolidare il suo controllo sul paese.
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