L’Iran ha annunciato che smetterà di rispettare alcuni dei termini dell’accordo sul nucleare raggiunto nell’aprile del 2015 con i paesi del cosiddetto gruppo “5+1”, i cinque che hanno il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU (Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia, Cina) e la Germania. Esattamente un anno fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo. Il presidente Hassan Rouhani ha comunicato la sua decisione agli altri paesi che fanno parte dell’accordo e ha tenuto un discorso per annunciarlo in televisione. Ha detto che l’Iran interromperà la dismissione dell’uranio arricchito e dell’acqua pesante che possiede e ha aggiunto che se entro 60 giorni non verranno introdotte nuove condizioni favorevoli all’Iran intorno all’accordo, ricomincerà ad arricchire l’uranio, un passaggio fondamentale per la produzione delle armi nucleari.
L’accordo del 2015, che era stato ottenuto alla fine di negoziati lunghi e faticosi, prevedeva una significativa riduzione della capacità dell’Iran di arricchire l’uranio e la rimozione di alcune delle sanzioni imposte all’economia iraniana negli anni precedenti. L’accordo soddisfaceva tutti i partecipanti, anche se fin da subito fu visto come “imperfetto”: da una parte non garantiva che l’Iran non sarebbe mai entrato in possesso dell’arma nucleare, anche se lo rendeva praticamente impossibile nel breve periodo; dall’altra stabiliva la rimozione solo di una parte delle sanzioni: sarebbero rimaste in vigore quelle imposte a causa dell’appoggio iraniano a gruppi considerati terroristici dall’Occidente, come il libanese Hezbollah.
Nell’ultimo anno, con il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare, diventato effettivo a novembre, l’economia dell’Iran ha risentito della reintroduzione di alcune delle sanzioni. Il valore del riyal, la moneta iraniana, è sceso ai minimi storici, il tasso di inflazione è quadruplicato e c’è stata una diminuzione degli investimenti stranieri iniziati nel 2015. Finora però il paese aveva rispettato i termini dell’accordo sul nucleare secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA), l’organizzazione dell’ONU incaricata di controllarne l’applicazione, sebbene il trattato sul nucleare dicesse che qualsiasi reintroduzione delle sanzioni sarebbe stata considerata un motivo valido per smettere di rispettarlo, in parte o per intero.
Nell’ultimo anno Francia, Germania e Regno Unito, i tre paesi europei firmatari dell’accordo, si erano impegnati per cercare di salvarlo: a febbraio avevano avviato un meccanismo per permettere alle proprie aziende di fare affari con l’Iran senza incorrere nelle sanzioni statunitensi. Infatti la possibilità per le aziende europee di fare affari con l’Iran, a differenza di quello che si potrebbe pensare, non dipende solo dalla volontà di Europa e Iran, perché gli Stati Uniti prevedono l’extraterritorialità delle proprie sanzioni: qualsiasi società, ovunque abbia la sede, deve rispettare le sanzioni americane quando vengono usati i dollari per compiere le transazioni (cioè quasi sempre) e quando le stesse aziende hanno succursali negli Stati Uniti o sono controllate da americani. Per questo quasi tutte le grandi aziende europee che avevano ricominciato a fare affari con l’Iran nell’ultimo anno hanno smesso, per paura di vedere danneggiati i loro interessi negli Stati Uniti.
Nel frattempo comunque l’Unione Europea ha imposto nuove sanzioni all’Iran: in risposta ai test su missili balistici e alla pianificazione di attentati in territorio europeo contro iraniani invisi al regime di Teheran.
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