Di Cristina Borgogno
Se l’Italia è un grande laboratorio che non ha eguali in Europa per le trasformazioni che sta producendo a partire dalla pancia del Paese, allora ecco che la Rai ha come primo obiettivo il cambiamento. «Una strada lunga, appena iniziata e di cui oggi, quindi, non ci sono ancora grandi segnali visibili». Ma una strada che Marcello Foa è intenzionato a percorrere, «fino all’ultimo giorno del mio mandato». Il presidente Rai lo ha raccontato a Dogliani oggi (domenica 5 maggio), a una platea del Festival della tv e dei nuovi media particolarmente numerosa e attenta. Con lui sul palco, per indagare quali siano le strategie per traghettare la televisione del servizio pubblico verso il futuro dell’informazione, il direttore de La Stampa Maurizio Molinari, con il supporto del giornalista Paolo Conti. «Da quando sono stato scelto per questo ruolo, insieme con l’ad Salini, ho sempre dichiarato di voler essere il fautore della Rai del cambiamento per rispecchiare quella che è la realtà dell’Italia oggi - ha detto il presidente -. Il servizio va fatto a tutti i cittadini e ai loro sentimenti, deve adattarsi continuamente, il network deve essere dinamico e cambiare anche registro nella narrazione».
Dogliani è anzitutto il Festival della Tv, da Foa non può mancare una battuta sul caso dei compensi di Fabio Fazio, uno dei temi del giorno, dopo le parole di Salini e la replica di Salvini: «Il compenso di Fazio è molto elevato, al di sopra di qualunque valutazione di merito sugli ascolti. Nella Rai del cambiamento, rispettosa del canone pubblico, è chiaro che, per quanto vincolato da un contratto che la Rai naturalmente deve rispettare, si pone un problema di opportunità». E poi ribadisce il presidente della Rai: «Spetta all’amministratore delegato trovare risposte opportune a una questione che è sul tavolo da tanto tempo. Non interferisco con il suo lavoro. Questa è la Rai del cambiamento e “Che tempo che fa” è una trasmissione che va in onda dal 2003, sono 16 anni. È un format che non ha più quella carica innovativa che forse aveva all’inizio. Questo dovrebbe farci riflettere». E ancora. «È stata portata su Rai1 e gli indici di ascolto non sono aumentati. Questo induce a una riflessione dal punto di vista aziendale», ha aggiunto. «Non gestisco io i palinsesti, non voglio entrare nel campo di Salini, è compito dell’ad», ha risposto Foa sulla possibilità che la trasmissione di Fazio venga spostata su un’altra rete Rai.
Credibilità e autorevolezza sono le parole che Foa usa più frequentemente sul palco. Con identità cattolica, «che andrebbe maggiormente rappresentata».Molinari cita il nuovo libro di Bernard Guetta, che racconta i quattro paesi in cui il sovranismo ha vinto le elezioni (Ungheria, Polonia, Austria e Italia), tutti parte dell’ex Impero Austro Ungarico. E chiede: «Anche la Rai sente questo ritorno alle origini, questo richiamo alle radici cattoliche?». «Anche, ma non solo - risponde il presidente -. Oggi l’Italia è diversa, ma sì, penso ci sia bisogno di essere rassicurati, di un’identità nazionale e culturale, benché gli italiani non siano assolutamente nazionalisti perché amano viaggiare e sono affascinati dalle altre culture».
Si parla anche di Raiplay che fa 12 milioni di utenti al mese, della fiction «che funziona perché è un racconto che rispecchia la realtà e parla di personaggi in cui ci si può identificare» (vedi Don Matteo o Montalbano). E de La7, «una sorta di rivendicazione sul servizio pubblico» puntualizza il direttore de La Stampa. Per Foa la tv di Cairo è una realtà positiva e una concorrenza stimolante che ha una sua fisionomia, per esempio nei talk-show. Ma non fa quello che fa la Rai. «Soprattutto per la copertura che noi garantiamo anche con le redazioni regionali e all’estero».
Foa ammette invece che la tv nazionale deve colmare il ritardo su digitale e web, specie nel ranking dei canali di informazione. Mentre per Molinari, a cui viene chiesto un giudizio, «la Rai è un momento di intrattenimento per gli over 60 che ha un valore sociale altissimo, esattamente come i lettori dei quotidiani di carta. Ma dove sono le rivendicazioni, i temi quotidiani del Paese che oggi si esprime in modo dirompente?». «Non ci sono ancora come vorrei, ma arriveranno con il cambiamento» garantisce il presidente.
Infine, cosa pensa Marcello Foa della legge sul copyright (che tra gli articoli prevede un compenso per gli editori da parte delle piattaforme online e una maggiore responsabilizzazione di queste ultime per le violazioni dei diritti d’autore ndr) approvata dal parlamento europeo? «Ci vuole una tutela se vogliamo la qualità dei contenuti, ma penso che una democrazia non dovrebbe mai limitare la libertà di informazione o bloccare pagine - risponde il presidente Rai -. Vedremo come sarà applicata in ogni Paese, ma confido in un giusto equilibrio per non rischiare di cadere nella censura. Sarebbe una sconfitta, provocherebbe ancora più rabbia e sfiducia. Difendiamo la libertà del web».
Infine, un passaggio sulla vicenda Predappio: «È un evento ricorrente ogni anno che, in un’ottica regionale, va coperto giornalisticamente. Su un giornale vale 30-40 righe, in un telegiornale locale un servizio da 10-20 secondi. È una notizia piccola ma è una notizia. In questo caso c’è stato un eccesso di copertura, troppo spazio, una sproporzione. C’è stato un errore». Così il presidente Rai a margine dell’incontro dopo le dimissioni del caporedattore Tgr Emilia-Romagna, Antonio Farnè».
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