Capita spesso – a chi non ha studiato il latino a scuola – di imbattersi in espressioni latine che non sono subito chiarissime, o alle quali nel peggiore dei casi attribuiamo un significato sbagliato.
Alcune di queste espressioni sono invece parte del linguaggio comune, al punto che la loro origine latina viene spesso dimenticata e il loro significato originario è ignoto ai più. Abbiamo provato a raccoglierne un po’, di quelle che si sentono – e sbagliano – più spesso: per fare un po’ di ordine e imparare qualcosa.
Ad hoc: è un’espressione latina usata ancora oggi in italiano per specificare qualcosa (una persona, una cosa, una situazione) fatta appositamente per quello di cui si sta parlando. Ad esempio: il KAZbrella è l’ombrello ad hoc per chi viaggia in automobile. L’importante è scriverla bene, con l’h e la c nel posto giusto. “A doc” e “ad ok” non vanno bene.
Ad honorem: a titolo di onore. È un’espressione che si usa soprattutto in riferimento a lauree o altri titoli onorifici concessi a una persona che si è distinta in modo particolare. Si può eleggere un presidente ad honorem, e in quel caso avrà un ruolo per lo più simbolico – ma anche i carabinieri riconoscono il titolo di “carabiniere ad honorem” a persone che pur non essendosi mai arruolate hanno particolari meriti. La laurea ad honorem – o laurea honoris causa (non laurea ad honoris) – viene conferita dalle università a una persona che non necessariamente ha un titolo precedente in quell’ambito, ma che ha contribuito largamente alla materia. Piero Angela, ad esempio, ha otto lauree ad honorem, Romano Prodi ne ha trentanove. Malgrado esistano molti equivoci su questo, ad honorem e honoris causa «hanno valore sinonimico», sono «identiche» e «possono essere usate indifferentemente», dice l’Accademia della Crusca.
Ad personam: indica ciò che riguarda o si riferisce a una persona specifica, e non ad altre. È un’espressione diventata famosa in Italia durante gli anni dei governi Berlusconi, quando veniva usata per indicare le famose leggi ad personam, quelle pensate per favorire un certo politico.
A latere: vuol dire “che sta di fianco” e viene usata per indicare il ruolo di una persona che sostituisce qualcuno di più importante, o che ne aiuta un’altra nell’esercizio delle sue funzioni. Spesso l’espressione viene usata anche per indicare qualcosa che è successo “a margine” di un evento.
Alias: è un avverbio, che letteralmente significa “altrimenti” e che viene usato per indicare il nome reale di una persona che è nota sotto pseudonimo. Marylin Monroe è l’alias di Norma Jeane Mortenson Baker Monroe, Bono Vox è l’alias di Paul David Hewson.
Alma Mater: è un’espressione latina con cui si indicavano le dee madri, come Cerere e Cibele, ed è il modo con cui nel Medioevo si indicavano in generale le università (l’Università di Bologna, fondata nel 1088, si chiama Alma Mater Studiorum). Nel mondo anglosassone l’espressione “Alma Mater” viene usata per indicare l’università che si è frequentato.
Alter Ego: “Un altro io”, per indicare una persona totalmente affine a noi, o una seconda identità della stessa persona.
Aut aut: o la vita o la morte. O la frutta o il dolce. Più o meno erano questi gli esempi nei libri di grammatica delle superiori. L’aut aut indica due alternative tra le quali è obbligatorio scegliere. Non si può sempre avere tutto. Non scrivete “out out”: è un modo di dire che viene dal latino, non dall’inglese.
Absit iniuria verbis: letteralmente “non ci sia offesa nelle parole”. È un’espressione usata per rassicurare un interlocutore che quello che state dicendo non vuole essere un insulto. Se volete essere proprio sicuri di non offendere il vostro interlocutore, probabilmente vi conviene non dirla in latino.
Ad interim: indica un intervallo di tempo, e significa letteralmente nel frattempo. In italiano l’espressione è usata per indicare che una determinata funzione o incarico è assunto provvisoriamente da una persona, nell’attesa della nomina di un titolare. Un ministro ad interimè appunto un ministro che assume le funzioni in un momento di necessità e solo in attesa della nomina ufficiale di un ministro.
Ad libitum: “a piacere”. Viene usata per indicare che si può fare una cosa “senza limiti”, andando avanti quanto si vuole.
Brevi manu: passare da mano a mano, senza intermediari, soprattutto quando si parla di documenti e denaro. Un documento da consegnare brevi manu a qualcuno è di solito molto importante o prezioso, da non lasciare in custodia a nessun altro.
Captatio benevolentiae: indica un espediente retorico con cui qualcuno cerca di farsi ben volere dai suoi interlocutori o lettori, che in alcuni casi sono colti e intelligentissimi come quelli del Post.
Casus belli: quella cosa per cui scoppiano le guerre. Il rapimento di Elena, l’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, le armi chimiche di Saddam Hussein. Ogni guerra per iniziare ha bisogno di una “scusa”, una “scintilla”, ma molto spesso l’espressione è usata anche per indicare la causa pretestuosa o meno di un litigio o una disputa.
Cum grano salis: oggi vuol dire “con buonsenso” o “con misura”, letteralmente significa “con un grano di sale” e fu probabilmente usata da Plinio per parlare di un antidoto che funzionava solo con l’aggiunta di un granello di sale.
Damnatio memoriae: nell’antica Roma la damnatio memoriae era una pena molto grave, riservata ai traditori della patria. In pratica consisteva nella cancellazione sistematica di ogni traccia della persona condannata da documenti e monumenti, come se non fosse mai esistita. Una vittima famosa della damnatio memoriae fu Caligola, il terzo imperatore romano appartenente alla dinastia claudio-giulia. Non fu esattamente il più amato degli imperatori romani e in molti lo ricordano per la storia del cavallo, che Caligola voleva nominare console. Oggi viene usata iperbolicamente per indicare il tentativo di dimenticarsi di qualcuno o qualcosa.
De cuius: è una formula originariamente usata per abbreviare la più lunga locuzione latina de cuius hereditate agitur, che letteralmente significa “della cui eredità si tratta” e si riferisce alle eredità di una persona deceduta. L’espressione “de cuius” – di cui/della cui – ha poi perso la sua relazione stretta con la frase completa e oggi viene usata anche come sostantivo per indicare una persona morta di cui si sta parlando (“il de cuius“)
De visu: vedere qualcosa direttamente con i propri occhi, essere testimoni oculari, ma anche incontrarsi faccia a faccia.
Deus ex machina: è un’espressione latina che come tante altre cose della cultura latina arriva dal greco. È una di quelle più spesso usate in modo errato, cioè per indicare qualcuno con totale controllo su una situazione o con grandi poteri. In verità l’espressione andrebbe usata per indicare l’arrivo improvviso di una forza superiore, finora estranea, in grado di cambiare lo stato delle cose. Letteralmente significa “divinità che discende da una macchina” e nella tragedia greca indicava il dio che arrivava a un certo punto per risolvere una trama molto complicata, con un intervento divino che potesse giustificare anche qualche colpo di scena altrimenti poco credibile. L’attore che impersonava la divinità veniva calato sulla scena con una rudimentale macchina di legno, da qui l’espressione.
In italiano, l’espressione viene spesso usata per indicare una persona che ha un esteso controllo su un’organizzazione o un certo contesto: ma è un errore.
Do ut des: ti do qualcosa affinché tu mi dia qualcosa in cambio. Indica quelle situazioni in cui entrambe le parti hanno guadagnato da un affare, o quel modo di fare per cui “non si fa mai niente in cambio di niente”.
Ecce homo: vuol dire letteralmente “ecco l’uomo” ed è l’espressione con cui, secondo la prima traduzione in latino dal greco del vangelo di Giovanni, Pilato presenta Gesù alla folla dopo averlo fatto frustare. L’espressione viene usata anche come sostantivo per indicare una persona ferita, o più in generale qualcuno in cattive condizioni fisiche.
Habeas corpus: è un concetto familiare a chi si occupa di diritto anglosassone ed è il principio che nei sistemi di common law sancisce il diritto all’inviolabilità della persona: in sostanza impone che una persona in stato d’arresto sia portata davanti al magistrato competente per evitare che sia incarcerata senza un’accusa fondata.
Horror vacui: è la paura del vuoto, che in psicologia viene definita anche agorafobia. In campo artistico, invece, indica un’opera riccamente definita in cui l’intera superficie, del quadro o dell’affresco, è stata riempita di particolari. Il barocco e il rococò sono un chiaro esempio di horror vacui.
Imprimatur: la formula, che significa “si stampi”, era apposta ai libri, o ai documenti, che ottenevano la licenza ecclesiastica per essere stampati. Un’altra formula latina che si poteva trovare sui libri era nihil obstat quominus imprimatur (Nulla osta a che si stampi), che indicava il parere favorevole della commissione che aveva esaminato il contenuto del testo. Ora l’espressione viene genericamente usata per indicare quando qualcuno o qualcosa riceve il permesso e l’approvazione da parte di una figura o un’istituzione ritenuta particolarmente importante. Si sente dire spesso che un giovane politico debba ricevere l’imprimatur di un anziano e rispettato leader o di un partito.
In dubio pro reo: tradotta letteralmente questa frase significa “nel dubbio, a favore dell’imputato” ed è tratta dal Digesto giustianianeo, cioè da una delle parti che compongono il Corpus iuris civilis redatto nella prima metà del VI secolo per volere dell’imperatore Giustiniano (uno dei più importanti imperatori di età tardo antica, che tra le altre cose fece costruire la basilica di Santa Sofia a Costantinopoli). Molte delle formule giuridiche che vengono usate tutt’oggi in italiano derivano dal latino e dal diritto romano e il Corpus iuris civilis è la più importante raccolta di leggi di epoca romana a noi arrivata. In generale l’espressione in dubio pro reo codifica una prassi in ambito giuridico per cui tutelare un innocente è più importante di non condannare un colpevole.
Ipse dixit: “l’ha detto egli stesso”, espressione usata per indicare il principio di autorità. Secondo Cicerone questa formula era usata dai pitagorici per riferirsi a qualcosa che aveva detto Pitagora, il filosofo e matematico greco vissuto tra il VI e il V secolo avanti Cristo, fondatore della scuola pitagorica. Se una cosa era stata detta da Pitagora non poteva essere messa in discussione. Oggi non esiste una somma autorità universalmente riconosciuta a cui riferire la formula ipse dixit, per cui viene usata soprattutto in senso sarcastico, magari riferito a qualcuno che parla per sentenze e non sa cosa dice, o iperbolico. Se volete riferirlo a una donna la formula corretta da usare è ipsa dixit.
More uxorio: letteralmente l’espressione significa “secondo il costume del matrimonio” e viene usata per indicare la convivenza di due persone non sposate. Di solito viene usata nella locuzione “convivente more uxorio” per indicare una persona con cui si convive stabilmente anche senza averla sposata.
Miles gloriosus: è il titolo di una commedia di Plauto ed indica il soldato (miles) che millanta imprese a cui però non ha mai partecipato. In generale l’espressione viene usata per indicare chi racconta storie inventate sul suo conto, per vanagloria.
Mutatis mutandis: letteralmente traducibile con “dopo che le cose che dovevano essere cambiante (mutandis) sono state cambiate (mutatis)”, tradotto in modo meno letterale, “fatti i debiti cambiamenti”. In italiano viene usato quando si paragonano due situazioni che sono simili, ma hanno alcune differenze di cui bisogna tener conto: “mutatis mutandis, la situazione è la stessa”. È anche un invito a non paragonare in modo superficiale due situazioni che sembrano simili.
O tempora! O mores!: è una frase di Cicerone che ripete sia nelle Verrine (le orazioni contro Verre) sia nelle Catilinarie, che è diventata proverbiale per criticare usi e costumi del presente. La traduzione letterale è “O tempi! O Costumi!”. Oggi questa espressione viene usata in tono scherzoso o sarcastico, per lamentarsi di quanto le cose vadano male.
Panem et circenses: è un’espressione del poeta satirico Giovenale, che visse tra il 50 e il 140 dopo Cristo, con la quale descriveva ironicamente le aspirazioni della plebe romana, panem – il pane – e circenses – gli spettacoli dei gladiatori, l’intrattenimento. L’espressione viene usata sia per indicare le basse ambizioni di un popolo, che un certo modo di governare basato sull’elargizione di benefici per ingraziarsi la popolazione.
Qui pro quo (quid pro quo): significa letteralmente “qui al posto di quo” ed è una frase che in italiano viene usata per indicare un malinteso, un fraintendimento e più in generale un errore. Nel mondo anglosassone è invece diffusa l’espressione quid pro quo, usata per indicare uno scambio: in italiano, con questo significato, si usa spesso l’espressione latina do ut des.
Obtorto collo: significa “con il collo torto” ed indica una cosa fatta controvoglia, o perché costretti da qualcun altro.
Rigor mortis: è un’espressione usata per lo più in ambito medico, perché indica l’irrigidimento dei muscoli del corpo dopo la morte. Dopo la morte un corpo ci mette più o meno dalle 10 alle 12 ore per irrigidirsi completamente e rimane rigido per circa un giorno e mezzo prima che i processi di decomposizione inducano il rilassamento dei muscoli.
Sancta sanctorum: nell’Antico Testamento, il sancta sanctorum, ovvero il santo dei santi, era la parte più interna e sacra del tempio di Gerusalemme, dove si trovava l’arca dell’alleanza. Nella religione cristiana il sancta sanctorum è diventato il tabernacolo sull’altare maggiore dove vengono conservate le ostie consacrate. L’espressione è poi passata dal linguaggio religioso a quello comune e in senso figurato indica un luogo riservato ed esclusivo dove possono entrare solo pochi iniziati.
Sui generis: è una locuzione latina usata per descrivere una cosa che ha caratteristiche sue proprie. Viene spesso usata erroneamente per dire che qualcosa è simile a un’altra, come se traducesse l’espressione italiana “sul genere di”.
Sic: termine la cui traduzione letterale è “così”, da cui molto probabilmente deriva anche l’avverbio affermativo italiano “sì”. In editoria viene utilizzato per sottolineare un errore riscontrato in un testo originale che si sta citando, e spesso viene messo tra parentesi [sic] o vengono aggiunti dei punti esclamativi per sottolineare l’errore.
Ubi maior minor cessat: “dove vi è il maggiore, il minore decade”. Questo modo di dire, di origine ignota, viene usato per specificare che, in un rapporto di forza, il più debole (dal punto di vista intellettuale, fisico, economico, di status o di potere) soccombe al più forte. Spesso viene usata nella forma abbreviata “ubi maior”, quando si vuole semplicemente dire che si è deciso di fare un passo indietro o accontentarsi di qualcosa per una ragione più importante.
Tertium non datur: significa “non è ammessa una terza possibilità” ed indica il principio logico per cui una cosa deve essere vera o falsa. Una terza possibilità, non c’è.
Vulnus: è la ferita e nel linguaggio giuridico è rimasto come termine per indicare la lesione di un diritto o un’offesa che può produrre profonda destabilizzazione di un principio o di una norma.
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