Di Lucio Musolino
Prima ha scritto all’amministratore delegato della Rai. Poi è andato a San Luca per ribadire “formale disappunto e profonda indignazione” nei confronti di viale Mazzini. Cosa è che ha scatenato le ire di Mario Oliverio, presidente della Regione Calabria attualmente indagato per associazione a delinquere, abuso d’ufficio e corruzione? Semplice: il film Duisburg – linee di sangue andato in onda mercoledì sera su Rai1. La storia è quella della faida di San Luca, cioé la guerra tra le cosche Nirta-Strangio e Pelle-Vottari che nel 2007 è arrivata a insanguinare la Germania. Sei morti ammazzati davanti a un ristorante italiano la sera di ferragosto. Uccisi per vendicare l’agguato al boss Francesco Pelle, conosciuto con il soprannome di “Ciccio Pakistan”. E soprattutto dopo la strage di Natale del 2006 quando fu uccisa Maria Strangio, la moglie del boss Giovanni Luca Nirta. Insomma che un fatto del genere possa ispirare sceneggiatori e registi è assolutamente ovvio, se non doveroso.
Eppure a Oliverio il film non è piaciuto. E ha preso carta e penna per segnalare a Salini “é grave, prima ancora che vergognoso, che il servizio pubblico possa prestarsi ad offendere la dignità di una intera regione”. E poi che le “ferite provocate da ristretti gruppi criminali che non sono la Calabria, ma che operano, come tutte le mafie, a livello internazionale”. Ma come? La ‘ndrangheta è soltanto un ristretto gruppo di criminali? “Per non dire poi sulla qualità di un prodotto mal confezionato, con errori marchiani: un treno targato ‘Regione Puglia, espressioni dialettali mai utilizzate nella mia regione, riferimenti ad usi e costumi, a tradizioni enogastronomiche completamente fuori luogo”, continua a lamentarsi il presidente.
Al netto delle critiche cinematografiche su come è stato realizzato il film, Oliverio attacca soprattuto la necessità di girare le scene in Puglia e non in Calabria. E tira fuori una circostanza finora inedita: ci sarebbero state minacce alla produzione: “Sono venuto a conoscenza, inoltre – scrive ancora il governatore – del fatto che sia stata scelta per le riprese la Puglia, e non la Calabria, per via di non meglio specificate minacce subite dalla produzione. È possibile chiarire questa circostanza? È stata presentata denuncia agli organi competenti perché venga fatta luce? Al momento registro solo le smentite degli attori del film. Attendiamo riscontri formali, perché non vogliamo cedere alla tentazione, pur forte, di considerare il tutto solo un’incomprensibile scusa”.
A che pro il governatore mette per iscritto le minacce alla produzione del film? E perché la stessa produzione si sarebbe dovuta inventare le minacce per non girare in Calabria? Oliverio, in ogni caso, non è rimasto soddisfatto dalla lettera inviata a viale Mazzini. E in mattinata è andato direttamente a San Luca dove, a fianco dei due candidati a sindaco Klaus Davi e Bruno Bartolo, si è fatto portavoce della vecchia polemica contro la presunta criminalizzazione della Regione. Ecco quindi che Polsi (luogo in cui ogni anno la ‘ndrangheta si riunisce così come documentato dai carabinieri del Ros), per il presidente Oliverio diventa “un punto di riferimento che riteniamo debba essere proiettato nel mondo come immagine positiva di San Luca e del territorio”. E ancora: “Se c’è una mela marcia non può pagare una comunità. Il fatto che si affastella tutto e tutti è il modo per rendere inefficace la lotta alla criminalità, quella vera, e anche alla corruzione”. Una mela marcia? La faida di San Luca è una mela marcia?
Per Oliverio, infatti, la strage di Duisburg e la relativa trasposizione cinematografica è “vergognosa” uno “stereotipo relativo”, un “timbro che è stato messo sulle nostre realtà”. Tra gli applausi di tutta la sala, il presidente della Regione ha spiegato di aver protestato ufficialmente: “La Rai deve pagare i danni che sono stati prodotti: il treno con la scritta ‘Puglia’, la gastronomia, usi e costumi che non corrispondono nemmeno alla realtà di San Luca”. Nel suo attacco alla televisione di Stato, Oliveriosi aggrappa a un altro episodio e cioè alla mancata messa in onda della fiction “Tutto il mondo è paese” su Riace, finita di girare tre anni fa e bloccata dalla Rai nel periodo del governo Gentiloni. “La Rai ha mandato in onda ‘la fiction della vergogna’ e ha bloccato quella su Riace. Questo non può essere accettato”, ha tuonato il presidente. Che ironia della sorte era davanti al commissario di San Luca Salvatore Gullì, cioè lo stesso funzionario della prefettura che ha firmato la relazione contro Riace.
Ma non solo. Perché Oliverio ha continuato ad attaccare viale Mazzini: “La Rai è un’istituzione pubblica e si rappresenta ostile del territorio, nemica del territorio. Su questo bisogna battersi perché questo stereotipo venga sconfitto”. Per farlo, da San Luca, il presidente della Calabria ha annunciato “un grande progetto di proiezione”. Un altro film in sostanza ma stavolta – puntualizza – “dei valori positivi di questa terra. Sono convinto che la vera sfida è quella di fare avanzare, proiettare, valorizzare la Calabria positiva”.
In questo ragionamento, Oliverio non è solo: dai compagni di partito come il senatore Ernesto Magorno (“È stata data un’immagine sbagliata di una regione”) e il sindaco di Reggio Giuseppe Falcomatà (“È la solita solfa, all’Italia è stata raccontata una storiella che offende”) alla deputata di Forza Italia Jole Santelli per la quale “è incredibile che quella oscena fiction su Duisburg sia stata finanziata dalla Regione Puglia, con soldi pubblici elargiti dal Pd e con la Rai dei Cinquestelle”. Fiumi di comunicati in una terra dove, per i politici calabresi, è più offensivo scrivere di ‘ndrangheta che la ‘ndrangheta stessa.
Una scena molto simile a quando, nell’ormai lontano 1991, l’ex presidente della regione Sicilia Totò Cuffaro intervenne durante la puntata speciale di Samarcanda in collegamento con il Maurizio Costanzo Show. In quell’occasione – con Giovanni Falcone tra gli ospiti in studio – l’allora deputato regionale siciliano prima bollò con il termine “buffonate” i contenuti della trasmissione e poi denunciò “una volgare aggressione alla classe dirigente migliore che ha la Democrazia cristiana in Sicilia”. “Avete bisogno – disse il giovane Cuffaro, che nel 2011 verrà condannato per favoreggiamento a Cosa nostra – di delegittimare perché questa Sicilia vada sempre più in fondo. Avete infangato la memoria di Libero Grassi perché il giornalismo mafioso di stasera fa più male alla Sicilia di 10 anni di delitti”. Nel 2009, invece, sarà direttamente Silvio Berlusconi a prendersela con la madre delle fiction sulle mafie, La Piovra: “Se trovo chi ha fatto la serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia facendoci fare brutta figura nel mondo, giuro che lo ammazzo”.
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