Di Federico Giuliani
Corea del Nord e Stati Uniti: ecco i protagonisti del nuovo gioco di equilibri. Nelle giornate di mercoledì 27 e giovedì 28 febbraio è in programma in Vietnam, ad Hanoi, il secondo faccia a faccia tra Donald Trump e Kim Jong Un. L’incontro, questa volta, sarà decisivo per capire quali saranno le sorti di Washington e Pyongyang. In base alla fumata bianca o nera, capiremo come si trasformeranno le relazioni diplomatiche tra i due governi in questione e i nuovi equilibri in una delle regioni più calde del mondo.
La nuova normalità di Pyongyang
Per capire come si muoveranno i due presidenti è bene fare prima un cenno alle situazioni che vivono i rispettivi Paesi. Partiamo dalla Corea del Nord. Kim Jong Un è cambiato rispetto al passato, ha assunto una nuova leadership, sembra più pragmatico e ha ormai assunto legittimità internazionale dopo il primo summit con Trump a Singapore della scorsa estate. Il leader nordcoreano di aver giocato una partita perfetta con le carte limitate che aveva a disposizione. Superata la fase delle minacce, e terminato il programma nucleare, Kim è intenzionato a disegnare un brillante futuro per la propria patria, imitando altri modelli circostanti come Cina o Vietnam. Riforme economiche, graduali aperture a investitori esterni, nuove zone economiche speciale. Ma tutto è ancora in standby, in attesa dell’esito dell’incontro con Trump. Lo stesso che potrebbe cancellare le sanzioni che da anni attanagliano l’economia nordcoreana.
Stati Uniti in balia dell’improvvisazione?
Dall’altra parte c’è una Casa Bianca che naviga in acque agitate. O meglio, ogni fazione interna utilizza una barca diversa. Non c’è compattezza e il rischio è di presentarsi all’incontro con la Corea del Nord senza un piano condiviso. In effetti, in mezzo a Falchi e Colombe, c’è un Trump desideroso di utilizzare il meeting con Kim come una passerella personale, per alimentare un ego insaziabile e – perché no – mettersi in tasca qualche buon affare economico. Washington ha comunque necessità di limitare l’espansione della Cina, e per questo motivo non può mollare l’Estremo Oriente nelle mani di Xi Jinping. Ecco perché accordarsi con Kim, e tesserci un buon rapporto, sarebbe più intelligente che dichiarargli guerra. Tra i due attori, insomma, è Trump quello che parte in posizione svantaggiata perché Kim, comunque vada, avrà da guadagnarci in ogni caso.
Trovare l’equilibrio
L’equilibrio finale sarà ciò che i presidenti cercheranno di raggiungere, proponendo alla controparte qualcosa in cambio di qualcos’altro. Proviamo ad analizzare cosa le parti sono disposte a dare e chiedere. La Corea del Nord può mettere sul piatto la fine delle minacce atomiche con la conseguente denuclearizzazione del Paese. La concessione, per gli Stati Uniti, è allettante ma Kim vuole in cambio la fine delle sanzioni economiche che impediscono a Pyongyang di decollare definitivamente e l’allontanamento dell’esercito americano situato in Corea del Sud. Trump ha un chiodo fisso: la chiusura di ogni sito nucleare presente sul territorio nordcoreano per cancellare una volta per tutte lo spauracchio Corea del Nord. In cambio The Donald potrebbe chiudere la contesa sulla Guerra di Corea – ancora oggi formalmente in corso visto che nel 1953 è stato siglato solo un armistizio – proponendo un trattato di pace.
Le prospettive future
Insomma, l’equilibrio è ancora lontano. Senza avere garanzie concrete Kim non smantellerà mai il suo arsenale, così come The Donald si rifiuterà di allentare la pressione su Pyongyang in un colpo solo. Come uscire dall’impasse? Ragionando per gradi. Se Trump non è disposto a cancellare subito le sanzioni e Kim a rinunciare alle sue armi, The Donald potrebbe limarle e il leader nordcoreano eliminare almeno i missili in grado di colpire le coste americane. Vedremo se entrambe le parti avranno la volontà di trovare un’intesa.
Tre scenari ipotetici
In base agli incroci tra domanda e offerta ci troveremo di fronte a tre possibili scenari ipotetici. Nel migliore di questi, Corea del Nord e Stati Uniti allacceranno relazioni diplomatiche solide e durature. Pyongyang rispetterà i patti sulla fine del nucleare e diventerà nei prossimi decenni la nuova “Tigre Asiatica” grazie alle riforme promosse dal governo. Gli Stati Uniti lasceranno la regione e faranno in modo che le due Coree si riuniscano autonomamente. Ipotesi pressoché fantascientifica, almeno in tempi immediati.
Nuove minacce?
Dunque ecco l’ipotesi opposta: Trump e Kim non arriveranno ad alcun accordo e ricominceranno minacce e intimidazioni, fino allo spauracchio di una guerra che coinvolgerebbe anche la Cina. Difficile tuttavia arrivare a tanto, visto i numerosi interessi in gioco. Il più probabile, a oggi, è lo scenario intermedio. Quello in cui alcuni nodi verranno sciolti subito, altri resteranno in sospeso in attesa di un nuovo summit Trump-Kim, magari con la presenza del Presidente sudcoreano Moon Jae In e Xi Jinping.
Kim in vantaggio su Trump
Certo, Trump deve ragionare molto e bene prima di fare ogni mossa perché già concedendo il trattato di pace sulla Guerra di Corea il Presidente americano regalerà a Kim ben più di 15′ di gloria di fronte al proprio popolo. Kim, invece, ha un ampio ventaglio di mosse a disposizione senza il rischio di ritorsioni o perdite particolari. Quel che è certo è che questa volta ci sarà quasi sicuramente una svolta, o per lo meno una qualche forma di attuazione rispetto all’immobilismo e alla vaga dichiarazione d’intenti presenti a Singapore. Intanto l’avvicinamento tra Kim e Trump prosegue. Il mondo resta alla finestra.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione