La sindrome frontale è un quadro clinico caratterizzato da deficit cognitivi e/o disturbi comportamentali, emotivi e motori. A livello cognitivo risultano compromesse le capacità attentive e di pianificazione delle azioni. Si riscontra inoltre un inadeguato impiego di strategie di Problem Solving con tendenza alle perseverazioni nei propri errori. Si manifestano inoltre eccessiva disinibizione, instabilità affettiva, modificazioni della personalità. I sintomi critici per la diagnosi di questa patologia sono:
- Incapacità di astrazione e di pianificazione
- Perseverazioni e mancanza di flessibilità nella formulazione e nell’uso di strategie cognitive
- Incapacità di inibire risposte comportamentali ed emotive incongrue con l’ambiente e la situazione stimolo
- Alterazione della personalità e del tono dell’umore con manifestazioni positive (stati maniacali) e/o negative (stati depressivi)
- Deficit di focalizzazione e mantenimento dell’attenzione volontaria, attenzione automatica intensificata.
- Comportamento d’uso e d’imitazione (ecoprassia, cioè ripetizione di gesti ed ecolalia, cioè ripetizione verbale)
Ovviamente, come presupposto deve esserci la certezza o quantomeno il fondato sospetto che il paziente abbia avuto una danno nella zona anteriore dell’encefalo, substrato biologico per questa patologia. Il paziente frontale sistematicamente migliora la propria prestazione in presenza di materiale familiare e strutturato. Il suo deficit è al contrario particolarmente evidente se gli viene richiesto di utilizzare materiale non strutturato oppure strategie inusuali. Una patologia come questa risulta particolarmente efficace nell’evidenziare l’importanza di affrontare questi deficit una prospettiva come quella neuropsicologica, che integra diversi livelli di spiegazione. Nella sindrome frontale abbiamo infatti implicate componenti biologiche che causano la lesione e che possono essere le più svariate. Vi sono deficit cognitivi ma anche le componenti di personalità e quelle emotive (anche dei familiari) vengono chiamate in causa. Anche la psichiatria classica è utile ad integrare l’approccio a questi problemi. Questi sintomi sono spesso associati alla presenza della sindrome:
- Anosognosia (incapacità di riconoscere i propri deficit)
- Anosodiaforia (reazione di indifferenza)
- Confabulazioni
- Deficit motori ed oculomotori
- Reduplicazione (convinzione che le persone familiari siano sostituite da impostori e/o che l’ambiente circostante si situato in un luogo diverso da quello dove si trova oggettivamente)
- Somatoparafrenia (incapacità di riconoscere parti del proprio corpo)
- Grasping involontario e gropping (attrazione verso gli oggetti in movimento)
- Attenzione automatica patologicamente intensificata
Dal punto di vista storico il primo caso di sindrome frontale riportato in letteratura fu quello di Phineas Gage (vedi immagine), un operaio che, mentre era al lavoro, si vide una sbarra di acciaio attraversargli il cranio. Per una descrizione del caso si vedano i seguenti link: 1 2 Altri termini che vengono abitualmente utilizzati per definire la stessa patologia sono:
• Sindrome prefrontale, equivalente a “sindrome frontale”, tende a precisare meglio la localizzazione anatomica.
• Sindrome pseudodepressiva / pseudopsicopatica Kleist, 1934; Blumer e Benson, 1975, viene utilizzata in riferimento ai cambiamenti anche estremi di personalità che spesso si riscontrano dopo un danno anteriore.
• Sindrome disesecutiva (Baddeley, 1988) con questa definizione si pone l’accento sui deficit delle funzioni esecutive superiori, l’Esecutivo Centrale, come Baddley lo chiama.
• Seguendo la classificazione ICD 10 la patologia viene denominata Disturbo organico di personalità.
• Utilizzando il DSM IV la sindrome frontale può essere spesso diagnosticata come “Modificazione della personalità dovuta a una condizione medica generale” , “Disturbo dell’umore dovuto ad una condizione medica generale oppure “Disturbo mentale non altrimenti specificato dovuto ad una condizione medica generale”.
• Tenendo presente che spesso il paziente frontale presenta un Q.I. nella norma, descriviamo sotto quelli che sono i test più sensibili per rilevare i deficit cognitivi derivanti da lesione anteriore. I test maggiormente utilizzati per la rilevazione di deficit frontali-esecutivi sono i seguenti. Pur ammettendo che nessun test neuropsicologico misura una abilità cognitiva “pura”, li suddividiamo in alcune categorie per evidenziare le componenti per la cui misurazione i test sono maggiormente sensibili.
• Sindrome prefrontale, equivalente a “sindrome frontale”, tende a precisare meglio la localizzazione anatomica.
• Sindrome pseudodepressiva / pseudopsicopatica Kleist, 1934; Blumer e Benson, 1975, viene utilizzata in riferimento ai cambiamenti anche estremi di personalità che spesso si riscontrano dopo un danno anteriore.
• Sindrome disesecutiva (Baddeley, 1988) con questa definizione si pone l’accento sui deficit delle funzioni esecutive superiori, l’Esecutivo Centrale, come Baddley lo chiama.
• Seguendo la classificazione ICD 10 la patologia viene denominata Disturbo organico di personalità.
• Utilizzando il DSM IV la sindrome frontale può essere spesso diagnosticata come “Modificazione della personalità dovuta a una condizione medica generale” , “Disturbo dell’umore dovuto ad una condizione medica generale oppure “Disturbo mentale non altrimenti specificato dovuto ad una condizione medica generale”.
• Tenendo presente che spesso il paziente frontale presenta un Q.I. nella norma, descriviamo sotto quelli che sono i test più sensibili per rilevare i deficit cognitivi derivanti da lesione anteriore. I test maggiormente utilizzati per la rilevazione di deficit frontali-esecutivi sono i seguenti. Pur ammettendo che nessun test neuropsicologico misura una abilità cognitiva “pura”, li suddividiamo in alcune categorie per evidenziare le componenti per la cui misurazione i test sono maggiormente sensibili.
Test per rilevare deficit nelle inferenze di ordine superiore
Test verbali (test delle metafore o dei proverbi, Benton, 1968). Stime cognitive (Shallice e Evans, 1978; i pazienti tendono a dare una stima decisa ma errata) Test non verbali (Prove di classificazione di scelta (Weigl, Goldstein, Schreerer, Color form sorting test, 1941)
Test per valutare la formulazione di strategie
Test di fluenza verbale (semantica e fonemica, Milner, 1964. I pazienti tendono ad avere una prestazione buona nel compito semantico e deficitaria in quello fonetico, trattandosi di strategia inconsueta, Benton, 1968)  Test della Torre di Londra (capacità di pianificazione, TOL, Shallice, 1982). Ancora sulla Torre di Londra  Prova di numerazione al contrario
Test per valutare la flessibilità strategica e le perseverazioni
Wisconsin Card Sorting Test (WCST, flessibilità strategica e perseverazioni) (Grant e Berg, 1948, Berg, 1948)
Test per valutare le funzioni attentive
Trail making test ( I pazienti tendono ad avere una prestazione nella norma nel test A e una prestazione scadente in quello B. Quindi un tempo B-A molto elevato può essere un indizio di deficit frontale ) – Matrici attentive (attenzione selettiva spaziale) – Test di Posner (specifico per l’attenzione spaziale) – Test di Treisman (Ricerca parallela di un item in presenza di distrattori) – Test di Steinman (ricerca seriale autoterminante di un item) – Stroop test (attenzione selettiva) (prova) I pazienti tendono ad aver Tr molto alti, per manifesta incapacità di inibire l’informazione irrilevante. Essi tendono inoltre a non peggiorare la propria prestazione, al contrario dei normali, se sottoposti ad una versione particolare del test, lo “Stroop con priming negativo”. Si tratta di una variante della prova che prevede che il paziente debba denominare un colore che era stato inibito per denominare quello precedente: ROSSO VERDE BLU GIALLO – Test di Simon (selezione degli stimoli ed inibizione delle risposte) – Test per l´esame dell´ attenzione (TEA)
Test per valutare l’orientamento
Benton temporal orientation test  Wechsler memory scale-R information and orientation questions
Test particolarmente ecologici per valutare le strategie utilizzate per organizzare materiale non strutturato
Uses for object test (Getzels e Jackson, 1962; Guilford et al., 1978) – The Self-Ordered Pointing Task (Petrides e Milner, 1982) – Behavioural assessment of disexecutive syndrome (Wilson, Alderman, Burgess, Emslie ed Evans, 2002) A questi test neuropsicologici si possono affiancare dei test di personalità, soprattutto nel caso si sospetti che il paziente abbia delle turbe psicologiche che vadano oltre i problemi cognitivi di comune riscontro. Un esempio potrebbe essere il Minnesota multiphasic personality inventory (MMPI). Nel caso di pazienti potenzialmente violenti può essere utile somministrare l’Hare psychopathy checklist, al fine di valutare la pericolosità sociale dei pazienti. I modelli teorici proposti per spiegare la sindrome frontale sono numerosi. Alcuni riescono a spiegare meglio i deficit cognitivi, altri le disfunzioni emotive e comportamentali. I due modelli più conosciuti, in questo senso complementari, sono la teoria di Shallice (Shallice, 1988) e quella di Damasio (Damasio, Tranel e Damasio, 1990). Inoltre negli ultimi anni alcuni autori hanno sviluppato dei modelli teorici neuropsicologici sulla coscienza.
L’ipotesi di SHALLICE, volta a specificare maggiormente i deficit cognitivi, prevede che le eterogenee disfunzioni tipiche della Sindrome Frontale, possano essere ricondotte ad un deficit generale nel SISTEMA ATTENZIONALE SUPERVISORE. Il SAS (simile a quello che Alan Baddley definisce Esecutivo Centrale) eserciterebbe una funzione di controllo sui processi cognitivi, modulando il sistema di selezione competitiva (contention scheduling), che a sua volta attiva o inibisce particolari schemi di comportamento. Il SAS sarebbe dunque una sorta di controllo vigile delle funzioni sottostanti, che avvengono in automatico. Una lesione prefrontale danneggerebbe, appunto, il SAS, e il comportamento del paziente sarebbe dovuto al solo sistema di contention scheduling. Come si può immaginare questo dovrebbe portare due conseguenze nel comportamento, tipiche del paziente frontale: 1. comportamenti rigidi, inflessibili, causati dalla mancata inibizione, da parte del SAS, di uno schema che si è attuato e che rimane in atto. 2. il deficit del SAS impedirebbe al paziente frontale di attivare o inibire selettivamente schemi relativi al comportamento in relazione all’ambiente. Questi risulta “distratto” sia perché incapace di attivare gli schemi importanti, sia perché incapace di inibire quelli superflui.
Secondo l’ipotesi di DAMASIO, volta a specificare maggiormente i deficit emotivo-comportamentalisarebbe un danno al sistema di marcatura somatica a causare la patologia chiamata sociopatia acquisita. Il MARCATORE SOMATICO aiuta il soggetto nel prendere decisioni, collegando alle rappresentazioni interne determinati stati del SNA. In questo modo il soggetto, nel porsi di fronte ad una situazione, sarebbe in grado di scegliere il comportamento appropriato in base alla sensazione soggettiva di malessere o benessere. Esso agisce come un segnale anticipatorio d’allarme, che dice “attenzione al pericolo che ti attende se scegli l’opzione che conduce a tale esito”. Quando un marcatore somatico negativo è giustapposto ad un particolare esito futuro, la combinazione funziona come un campanello d’allarme; quando invece interviene un marcatore positivo, esso diviene un incentivo. In breve, i marcatori somatici assistono il processo decisionale, selezionando alcune opzioni (pericolose o promettenti) e facilitando le scelte successive dell’individuo. I marcatori somatici vengono acquisiti attraverso l’esperienza, sotto il controllo di un sistema di preferenze interne e l’influenza di un insieme esterno di circostanze che si estende ad includere convenzioni sociali e norme etiche. Così descritto il marcatore somatico è compatibile con la nozione secondo cui il comportamento, personale e sociale, efficace richiede che gli individui si formino “teorie” adeguate sulla propria e sulle altrui menti, e che siano capaci di prevedere quali teorie gli altri si stanno formando circa la propria, di mente. Tra le altre proposte avanzate per spiegare il comportamento socialmente ed emotivamente inappropriato dei pazienti con lesioni al lobo frontale (Blair e Cipolloti, 2000): – LA TEORIA DI ROLLS: Rolls ipotizzò che il comportamento sociale inappropriato mostrato dai pazienti frontali, fosse correlato ad una disfunzione nel modificare adeguatamente il comportamento, in risposta ad un cambiamento delle condizioni di rinforzo. – LA TEORIA DI GRAFMAN: Grafman ha interpretato il danno dei pazienti frontali in termini d’incapacità di accedere ad uno “SCHEMA DI COGNIZIONE SOCIALE” situato nei lobi frontali, e deputato ad inibire i comportamenti aberranti. – TEORIA DELLA MENTE DI BARON-COHEN: hanno dato un’interpretazione in termini di danno al circuito neurale, che è alla base della “teoria della mente”, ovvero la capacità di rappresentare gli stati mentali altrui. – TEORIA DELL’EDITORE SOCIALE DI BROTHERS: l’editore sociale è specializzato nel processare le intenzioni sociali degli altri; un danno a questo sistema avrebbe conseguenze sulle interazioni sociali.
Diagnosi differenziale: Per una corretta diagnosi di sindrome frontale occorre effettuare una diagnosi differenziale con altre patologie di natura sia funzionale che lesionale. – Schizofrenia (caratterizzata anch’essa da deficit attentivi e da deficit nell’intelligenza sociale ma spesso presentante, ad esempio, deliri sistematici ed assenza di lesioni). Il substrato biologico potrebbe essere parzialmente comune visto che una delle teorie eziologiche è quella dell’ipometabolismo frontale. – Depressione (alcuni sintomi associati alla sindrome frontale possono essere uguali agli stati depressivi di natura non lesionale, nella fls però non si riscontra una visione negativa di sé e del mondo, né intenzioni suicide, né sentimenti di colpa ). – Stati maniacali dovuti a specifiche patologie psichiatriche quali il disturbo bipolare I – Disturbi di personalità (es. disturbo antisociale di personalità) – Abuso di sostanze – Problemi di memoria. I problemi di memoria presenti nei pazienti frontali sono caratterizzati da difficoltà nelle strategie di organizzazione della informazione in input e nella rievocazione del materiale già appreso. – Normale invecchiamento. I normali processi di invecchiamento causano spesso deficit nelle funzioni esecutive (Bryan e Luszcz, 2000). Per essere sicuri che le prestazioni deficitarie di un soggetto non siano dovute ad incapacità di comprensione delle consegne o da incapacità motoria escludere deficit quali, ad esempio – Afasia: occorre accertarsi che il paziente non esegua correttamente un compito (es: stime cognitive o Wisconsin card sorting test) poiché non in grado di comprendere le istruzioni necessarie al suo svolgimento (ad es. nel caso di una afasia sensoriale) – Aprassia: che può compromettere l’esecuzione dei test che richiedono capacità motorie
Epidemiologia: – La sindrome frontale è un quadro clinico la cui frequenza epidemiologica è statisticamente correlata ad eventi traumatici di varia natura (traumi cranici, concussioni, contusioni, ecc.), e che colpiscono con maggior frequenza i giovani di sesso maschile e d’età compresa tra i 15 ed i 24 anni. – La sindrome frontale può inoltre essere conseguenza di un disturbo cerebrovascolare e in questo senso colpisce prevalentemente soggetti predisposti a tale patologia (anziani, ipertesi, obesi ecc).
Terapia/Riabilitazione: Il trattamento della Sindrome frontale non è onnicomprensivo di tutta la sintomatologia ma mirato ad apportare benefici ai singoli sintomi.
TRATTAMENTO DELL´ABULIA: mirato a rendere il paziente più attivo, più indipendente e meno inconcludente, mettendo in dubbio le sue interpretazioni erronee, e fornendogli motivazioni e gratificazioni esterne che compensino la mancanza di motivazione interna. Efficaci si sono dimostrate attività programmate guidate che strutturino la giornata e procedure o diagrammi di monitoraggio grafico che il paziente possa riesaminare giornalmente per rilevare i progressi (feedback).
TRATTAMENTO DELL´ANOSOGNOSIA: mirato a lasciare che il paziente valuti le proprie capacità in ambienti realistici e significativi; non essere all´altezza delle proprie aspettative può avere un forte impatto con la consapevolezza che ha dei propri deficit.
TRATTAMENTO DELLA SOMATOPARAFRENIA: mostrare al paziente con l´uso di specchi che la parte del corpo disconosciuta è attaccata al resto del corpo.
TRATTAMENTO DELLA PERSEVERAZIONE: il disturbo è gestito piuttosto che trattato. Famiglie e staff terapeutico devono continuamente dirigere il paziente lontano dalle idee e dai comportamenti su cui si è fissato.
TRATTAMENTO DELLA COSTRIZIONE IDETICA: utilizzo di tecniche (es. brainstorming) per insegnare il problem solving (non astratto ma tratto dall´ambiente domestico e lavorativo) e il pensiero creativo. Efficace anche la programmazione di piani che consistono in una graduale modificazione del comportamento attraverso l´aggiunta di complicazioni comportamentali.
TRATTAMENTO DELLA DISINIBIZIONE DEGLI IMPULSI: la totale eliminazione della impulsività è improbabile. Vengono comunque utilizzate la “tecnica del time-out” (sospensione e riduzione della stimolazione ambientale portando il paziente in un luogo solitario e quieto e/o concedendogli tempo perchè si ristabilizzi), la “Disapprovazione e approvazione sociale” e la creazione di situazioni simulate di comportamenti adeguati. I pazienti frontali sono comunque poco sensibili sia ai rinforzi cognitivi che materiali mentre risultano attratti dai rinforzi immediati soprattutto sessuali. di In caso di trauma cranico, e di accidente cerebrovascolare, le probabilità di un recupero funzionale post-acuto sono positive ma dipendono da diversi fattori variabili (natura e diffusione della lesione, età, scolarità, livello cognitivo premorboso, fattori individuali, ecc). Al contrario, nel caso di una patologia degenerativa, data la natura ingravescente dei sintomi, la possibilità di ripresa risulta nulla.
Riabilitazione Localizzazione più frequente: La regione più colpita nella sindrome frontale è quella prefrontale, costituita dall’area prefrontale (9, 10, 45 e 46 di Brodmann) e dalla porzione basomediale dei lobi (9, 13, 24 e 32 di Brodmann). E’ inoltre possibile un interessamento dell’area motoria 4 e della premotoria 6 e 8. Alcuni autori hanno suddiviso la sindrome prefrontale in tre tipologie fondamentali, legate a lesioni anatomo-patologiche diverse: a) Tipo disesecutivo (lesioni della corteccia prefrontale dorsolaterale): diminuite capacità di giudizio, pianificazione, insight e organizzazione temporale; perseverazione cognitiva; deficit della programmazione motoria (può includere afasia e aprassia); diminuita cura della propria persona. b) Tipo disinibito (lesioni della corteccia orbitofrontale): comportamento disinibito, con scarso controllo degli impulsi e dei freni inibitori, facile irritabilità ed aggressività, euforia; distraibilità; labilità emozionale; nei casi più gravi comportamenti estremamente violenti e assoluta noncuranza dell’altro, fino ad arrivare alla psicopatia (denominata sociopatia acquisita da Antonio Damasio) c) Tipo apatico (lesioni della corteccia prefrontale mediale, connessione tra cingolo e area motoria supplementare): diminuita spontaneità; diminuita produttività verbale (incluso il mutismo); diminuito comportamento motorio (inclusa l’acinesia); incontinenza urinaria; diminuita prosodia spontanea, aumentata latenza di risposte.
Altre localizzazioni: Talvolta risultano compromessi, soprattutto nelle patologie degenerative, anche i lobi temporali e parietali.
Eziologia: – Gravi traumatismi cranici. Si tenga presente che traumi frontali possono essere causati da impatti non solo anteriori ma anche posteriori, per via dello scuotimento del cervello che avviene all’interno della scatola cranica, la cui superficie interna è relativamente regolare nelle zone posteriori e più irregolare in quelle anteriori. Questa caratteristica anatomica spesso determina la lesione dei lobi frontali contro le prominenze ossee anteriori (lesioni da contraccolpo) – Stroke (sia di tipo ischemico che emorragico) nel territorio delle arterie cerebrali anteriori, medie e in quello dell’arteria comunicante anteriore – Neoplasie (meningiomi, astrocitomi, gliomi, sia in sede frontale che in altre sedi, se comprimono le strutture anteriori) – Patologie degenerative: – Morbo di Alzheimer (AD) – Malattia di Pick (demenza degenerativa di tipo NADD), che comporta una degenerazione cellulare del tessuto dei lobi frontali e dunque una sintomatologia del tutto simile a quella della sindrome frontale – Degenerazione del lobo frontale (FLD) (Gustafson e coll., 1992). Si tratta di una “demenza a tipo lobo frontale” che comporta un quadro clinico caratterizzato da precoci ed ingravescenti modificazioni della personalità, mancanza di critica e progressiva disgregazione del linguaggio, ecc – Atrofia lobare Il rapporto tra FLD, malattia di Pick ed altre atrofie lobari è tuttora materia di dibattito a causa di una sovrapposizione tra le rispettive caratteristiche anatomo-patologiche e cliniche. In questo caso si rende necessaria un’analisi bio-chimica del tessuto corticale per rivelare l’eventuale presenza dei caratteristici corpi e cellule di Pick. Rimane comunque un’incertezza diagnostica differenziale tale da far confluire tutte le forme nella casistica descrittiva di “demenza degenerativa corticale ad insorgenza atipica” (in questo caso, appunto, frontale). (Boller e Muggia in Denes e Pizzamiglio, 1996) – Disfunzioni metaboliche ed intossicazioni – Patologie infettive (virali o batteriche) – Leucotomia, lobotomia o lobectomia frontale
Considerazioni
Non è stato facile decidere quali patologie inserire alla voce diagnosi differenziale e quali alla voce eziologia. Poiché la sindrome frontale è caratterizzata da un gruppo di deficit piuttosto eterogenei é infatti spesso difficile decidere se una patologia debba essere considerata causa di FLS oppure debba essere considerata come generatrice di sintomi simili ma a sé stante. Si tenga presente che la diagnosi di una patologia multicomponenziale quale la sindrome frontale richiede di poter valutare se esistono buona parte delle caratteristiche sopra elencate. Nel caso vi siano solo deficit cognitivi si potrà parlare di “deficit delle funzioni esecutive” o “perseverazioni ricorrenti” a seconda di quale aspetto sembri essere maggiormente compromesso. Per esigenze di chiarezza in questo lavoro abbiamo messo insieme le più diverse patologie che possono causare un danno anteriore ed abbiamo chiamato questi sintomi “sindrome frontale”. In realtà un ictus in sede frontale difficilmente provocherà gli stessi sintomi di un trauma cranico che colpisca la stessa area. Al tempo stesso bisogna considerare il fatto che, dopo una lesione frontale, molti pazienti diventano disinibiti ma molti altri diventano apatici. Anche il termine “funzioni esecutive”, molto ampio ed indicante tutti i processi di controllo, viene attualmente giudicato un po’ troppo vago ed aspecifico, soprattutto in ambito neuropsicologico, in cui termini precisi spesso sono più informativi di termini generici. Sempre più spesso si tende a specificare di quali componenti delle funzioni esecutive si sta parlando. Un esempio di questo si può avere, ad esempio, in Mavaddat et al, 2000. Questi autori trovano che pazienti con rottura dell’arteria comunicante anteriore hanno un bias specifico nella presa di decisioni, mentre tutte le altre funzioni esecutive risultano risparmiate. Utilizzando un compito che prevedeva lo scommettere delle somme di denaro questi ricercatori hanno trovato che i pazienti con questa patologia rischiavano molto di più rispetto ai controlli. Questo studio ci dimostra che il termine di “Sindrome Frontale”, pur avendo una valenza didattica e teorica notevole, nella diagnosi clinica va talvolta sostituito da termini più specifici. Per questo motivo nella trattazione abbiamo tentato di suddividere i test in base alle varie componenti che maggiormente misurano.
Riadattato da Mario Bonato, da un precedente lavoro di Bonato, M., Kirchlechner, P., Mento, G., Pettinelli, C.
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