Di Giordano Stabile
E’ finita in anticipo la visita del consigliere alla Sicurezza alla Casa Bianca John Bolton in Turchia. Il presidente turco Recep tayyip Erdogan si è rifiutato di riceverlo e Bolton ha lasciato Ankara in anticipo. La sua missione in Medio Oriente si chiude così con una rottura clamorosa. La frattura nasce da una precisa richiesta di Erdogan, e cioè che gli americani nel corso del loro ritiro consegnino alle forze armate turche, o in subordine distruggano, le “venti basi militari costruite nel Nord-Est della Siria”. Bolton si sarebbe rifiutato di accettare questa richiesta, anche perché il ritiro annunciato alla vigilia di Natale dal presidente americano Donald Trump è stato di fatto rinviato se non cancellato.
“Operazione in Siria imminente”
Erdogan è rimasto però fermo all’accordo raggiunto a dicembre nel corso di una lunga telefonata con Trump. Il ritiro delle truppe statunitensi sembrava imminente e il leader turco si era offerto di sostituirsi a loro nella lotta all’Isis. Concetto che ha ribadito anche oggi. Ankara sarebbe pronta a una “operazione”, simile a quella condotta nel cantone di Afrin, con il duplice scopo di distruggere i guerriglieri curdi dello Ypg, finora protetti dagli Stati Uniti a Est dell’Eufrate, e i jihadisti dello Stato islamico. Gli Usa però temono che lo scopo principale sia una resa dei conti con i curdi. Bolton, nella sua tappa in Israele, ha detto di volere garanzie da parte della Turchia sul fatto che non saranno “massacrati” dopo il ritiro americano. Erdogan ha risposto indignato e detto che non accetta lezioni, tanto più se provengono da Israele.
Controffensiva dell’Isis
Bolton poi ha precisato che il ritiro sarà completato dopo la totale “distruzione dell’Isis”. La battaglia è ancora in corso e vede i curdi, inquadrati nelle Forze democratiche siriane (Sdf) sostenute dagli Usa, in prima linea. L’Isis ha lanciato nella notte un contrattacco 32 combattenti curdi sono stati uccisi vicino alla cittadina di Abukamal. Lo notizia è stata data dall’Osservatorio per i diritti umani, una ong con base a Londra ma dispone di una rete di informatori su tutto il territorio siriano. Le Sdf stanno cercando da circa un anno, dopo la liberazione di Raqqa, di riconquistare una stretta striscia di territorio sulla sponda orientale dell’Eufrate, dove si sono asserragliate alcune migliaia di jihadisti, circa un terzo stranieri.
Commenti
Posta un commento
Partecipa alla discussione