Di Umberto De Giovannangeli
L'HuffPost lo aveva anticipato ieri. Neanche ventiquattr'ore, e arriva la conferma. Sul campo. L'Italia e il generale Khalifa Haftar negoziano alla luce del sole. Sul futuro della "nuova Libia", sulla Conferenza di Roma, sulla data delle elezioni. Protagonista della svolta diplomatica è il titolare della Farnesina, Enzo Moavero Milanesi. Non è un caso, che il ministro degli Esteri fortemente voluto dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, abbia tenute per sé, e non suddivise tra la sua Vice ministra, Emanuela Del Re e i tre sottosegretari, le deleghe più spinose: Nord Africa, Afghanistan, Medio Oriente. E nel presente, la priorità nell'agenda estera dell'Italia si chiama Libia.
E Libia, per Moavero significa lavorare per una soluzione politica quanto più inclusiva, che tenga conto di una realtà estremamente composita e frammentata e di attori regionali e globali che hanno mire sul futuro del Paese nordafricano. Da qui la missione a sorpresa del ministro degli Esteri a Bengasi, per incontrare l'uomo forte della Cirenaica: il generale Khalifa Haftar. A renderlo noto è un tweet della Farnesina precisando che l'incontro è focalizzato al "dialogo politico inclusivo promosso" dall'inviato speciale Onu per la Libia, Salam, "con tutti gli interlocutori per una Libia unita e stabile".
Roma non scarica il premier del governo di Accordo nazionale, Fayez al-Sarraj, ma sa anche che senza un coinvolgimento delle forze – milizie, tribù anche della Tripolitania, oltre che il parlamento di Tobruk – che sostengono Haftar, la stabilizzazione della Libia resterà una illusione. Da qui la necessità di discutere con Haftar il senso politico della Conferenza di novembre e la necessità di definire una realistica "road map" che inserisca le elezioni, che Haftar, col sostegno di Egitto e Francia, intende mantenere nella data definita il 29 maggio nella Conferenza di Parigi, vale a dire il 10 dicembre 2018, all'interno di un piano di "institution building" che rafforzi le istituzioni nazionali libiche.
La novità positiva, confidano ad HuffPost fonti di Bengasi, è che l'incontro si è svolto in un clima "collaborativo" e che Haftar abbia ascoltato "con rispetto e attenzione le considerazioni del ministro degli Esteri italiano", garantendo il proprio impegno sia sul tema della sicurezza nel Mediterraneo che, non meno importante, per ciò che concerne gli investimenti italiani in Libia (petrolio e non solo). Il momento è di estrema delicatezza, tale da consigliare prudenza e accortezza da parte italiana. Uscire allo scoperto e incontrare Haftar è un atto politico di estrema rilevanza per l'Italia, concordano fonti diplomatiche sollecitate da HuffPost, ma questa iniziativa non deve essere vista da al-Sarraj e dalle forze che ancora lo sostengono, come un "tradimento" da parte italiana. Perché così non è.
Al-Sarraj, sottolineano le fonti, resta il primo ministro dell'unico Governo libico riconosciuto internazionalmente, dove quel "internazionalmente" riguarda e impegna anche la Francia. E questo è il segno politico della nota italiana sull'incontro di Bengasi: "Il ministero degli Esteri, dopo il "lungo e cordiale colloquio con il maresciallo Khalifa Haftar" che "ha rilanciato lo stretto rapporto con l'Italia, in un clima di consolidata fiducia", ha fatto sapere che "fra i due vi è stata ampia convergenza per un'intensa cooperazione e sul comune impegno per una Libia unita e stabile".
Lo si legge in un comunicato della Farnesina: Haftar "ha espresso il suo apprezzamento per l'impegno di politica estera dell'Italia, ritenuto imprescindibile per la Libia". D'altro canto, Haftar ritiene di poter negoziare sulla base di rapporti di forza sempre più a lui favorevoli. In diverse occasioni, l'ex uffficiale di Gheddafi ha assicurato che l'Esercito Nazionale Libico è pronto a marciare su Tripoli e che la cattura della capitale sarà "rapida". A tale scopo, Haftar ha rivelato di essere in contatto diretto con alcune milizie presenti nelle città di Misurata e Zentan. Durante luna diretta televisiva, Haftar ha annunciato che alcune milizie presenti a Tripoli sarebbero pronte a prendere d'assalto la città .
"Gli scontri degli ultimi giorni stanno cambiando la geografia della presenza delle milizie nella capitale", ha sentenziato. "Non lasceremo cadere Tripoli, lì il popolo libico dovrà vivere in sicurezza". Per quanto riguarda la Costituzione, Haftar ha detto che il progetto deve essere posticipato fino a dopo le elezioni e non prima. "Altrimenti, il popolo libico rifiuterà la nuova Costituzione" L'incontro di Bengasi tra Moavero e Haftar ha anche il segno dell'inizio di un percorso di riavvicinamento tra Italia e gli altri due player cruciali nella partita libica: il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il suo omologo francese Emmanuel Macron.
Nei giorni scorsi a Cernobbio, Moavero aveva ribadito che il governo al-Sarraj è il governo legittimamente riconosciuto in una situazione complessa come quella dello scenario libico. Lo scopo, nella visione del ministro, è arrivare ad un processo politico pacifico e inclusivo nella prospettiva delle elezioni nel Paese africano per le quali per non ancora stata fissata una data. Con il generale Haftar, che tre giorni fa si era detto pronto a far saltare le consultazioni se non avrà la garanzia della loro "trasparenza", Moavero punta a condividere obiettivi e finalità della Conferenza internazionale che si terrà in novembre in Italia. Una conferenza, aveva sottolineato il ministro a Cernobbio, che "intende percorrere la strada della stabilità , della pacificazione ma soprattutto la strada della sensibilizzazione di tutti gli attori interni ed esterni alla Libia che sono interessati a favorire un'evoluzione positiva di questo Paese verso una maggiore stabilizzazione e consenta al popolo libico di esprimersi al meglio come tutti i popoli hanno diritto di fare". Concetti che il capo della diplomazia italiana ha ribadito nella sua audizione alle commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato.
"La nostra posizione è che quando fare le elezioni lo devono stabilire i libici e le loro istituzioni. Noi non fissiamo date", aveva ribadito in quella sede Moavero, aggiungendo che: "Su questa questione esiste una dialettica, dentro e fuori l'Italia. Ma è curioso che le date siano stabilite dall'esterno".. Ma il titolare della Farnesina non è un uomo dedito alle bordate, e, pur ribadendo la posizione italiana sul voto, prova a non rinfocolare polemiche con l'Eliseo. "C'è un nemico di tutti in Libia ed è d'estremismo, il fondamentalismo. Non è questione solo di bisticci, competizione con questo o quell'altro Paese europeo", ha avvertito il capo della diplomazia italiana., ricordando che "con la Francia abbiamo fatto una dichiarazione appena due giorni fa, anche l'1 settembre. Mi riconosco nelle dichiarazioni del presidente Macron sulla necessità di dialogare con tutti e sostenere lo sforzo dell'Onu".
Moavero non viene meno alla necessità del dialogo convinto che "l'approccio inclusivo del dialogo con tutti gli attori - comporta che noi già da tempo stiamo dialogando con tutti, nessuno escluso". Il che significa che il governo italiano intende lavorare "con tutti gli Stati, sia quelli che condividono le nostre visioni, sia con quelli che non le condividono, sia con quelli che sono animati da una certa competitività nei nostri confronti". Includere significa rilanciare la carta politica in una situazione segnata dal caos. Un caos armato. Nello stesso giorno della missione di Moavero a Bengasi, un attacco al quartier generale della la compagnia petrolifera libica (Noc) a Tripoli fa vacillare la fragile tregua tra le milizie nella capitale. A sferrare l'offensiva è stato un commando di almeno sei uomini armati, che sono stati tutti uccisi dopo aver causato la morte di due guardie di sicurezza e una decina di feriti.
L'attacco si è concluso dopo alcune ore e non è stato ancora rivendicato, ma il governo ha subito accusato l'Isis. Nell'attacco alla Noc (National Oil Corporation), almeno tre kamikaze si sono fatti esplodere all'interno della sede che si trova a meno di 200 metri dall'ufficio del premier libico, Fayez al-Serraj. Una colonna di fumo si è alzata dall'edificio, mentre le forze di sicurezza hanno circondato la sede e hanno bloccato le strade limitrofe. Secondo diversi media locali, gli attentatori erano di origine africana. Durante l'attacco alcuni dipendenti sono stati presi in ostaggio, ha riferito dal portavoce della Forza di deterrenza, Ahmed Bin Salem. Una squadra di vigili del fuoco è giunta sul posto per spegnere l'incendio causato dalle esplosioni, mentre diverse ambulanze hanno portato i feriti lontano dalla scena dell'attacco. Le forze di sicurezza sono riuscite poi ad evacuare la sede della della Noc e la situazione è tornata sotto controllo.
Si è temuto per la sorte del presidente della compagnia, Mustafa Sanalla, che è però stato tratto in salvo e ha poi riferito di aver udito due esplosioni. La milizia libica Forza di deterrenza, che opera a Tripoli come un corpo di polizia, ha accusato l'Isis in un comunicato pubblicato sul profilo ufficiale Facebook. La missione di sostegno delle Nazioni Unite nel Paese (Unsmil) ha tenuto domenica a Zawiya una riunione per discutere il consolidamento del cessate il fuoco tra le milizie rivali di Tripoli, raggiunto il 4 settembre dopo 9 giorni di battaglia nella capitale, che hanno causato una sessantina di morti.
Tutte le parti si sono impegnate a rispettare la tregua e istituire un meccanismo di monitoraggio e di verifica dell'accordo sul campo, avviando inoltre diversi colloqui sulle misure di sicurezza nella zona della capitale e nei dintorni. Le milizie rivali "si sono impegnate a firmare un documento" che prevede il "riposizionamento dei gruppi armati nelle località stabilite; lo sviluppo di un piano per il ritiro dei gruppi armati dalle posizioni delle istituzioni legittime e dalle infrastrutture fondamentali di Tripoli; l'assegnazione delle funzioni di sicurezza nella capitale alle sole forze armate regolari e alla polizia".
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