La nota di aggiornamento del Documento di programmazione economica e finanziaria arriverà in Parlamento il 10 ottobre. Ma la lotta greco-romana tra i due partiti di maggioranza e il ministro dell’Economia Giovanni Tria è solo all’inizio. La sfida decisiva, come molte lo sembravano durante le ultime due settimane, è fissata per domani a Palazzo Chigi, subito prima il consiglio dei ministri che dovrà timbrare la nota del Def. E’ lì – raccontano fonti di maggioranza all’agenzia AdnKronos – che M5s e Lega, insieme, chiederanno a Tria di allentare i vincoli di bilancio ben oltre la soglia fissata dal ministero: al 2,4 per cento di rapporto tra deficit e Pil, contro l’1,6 che è il tetto che il ministro si è impegnato a rispettare nei vertici con i colleghi dell’Unione Europea.
Aggiunge l’Ansa che al momento sarebbero due le ipotesi che vedrebbero impegnato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel tentativo di mediare. La prima prevedrebbe l’1,9 per cento con il recupero di qualche altro decimale nella manovra; la seconda fisserebbe il deficit poco sopra il 2 ma con una quota importante in investimenti. Un’opzione che fa rima con una dichiarazione del capo del governo, da New York: “Ci sono tutte le potenzialità per crescere – dice ai microfoni di Cnbc – Dobbiamo solo intervenire per liberare le risorse economiche per un piano infrastrutturale serio. Quando parlo di infrastrutture parlo di quelle materiali e immateriali, creando un ambiente anche smart per la business community. Ad esempio la semplificazione burocratica sarà a costo zero”. Per il resto, come sempre, è accaduto in questi primi mesi di governo il più discreto è proprio il capo del governo: “Non do numeri sino a quando non delibereremo. Lo saprete dopo il Consiglio dei ministri”.
Nel frattempo, a Roma, la giostra non si ferma affatto D’altra parte il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio aveva parlato della necessità di coraggio come condizione senza la quale i Cinquestelle non voterebbero il documento del Tesoro. E quindi ora l’asticella sembra alzarsi di un’altra spanna: non solo reddito di cittadinanza ma anche la riforma della Fornero e le pensioni di cittadinanza – dice il Movimento – devono andare nella legge di bilancio. E’ il risultato del vertice Di Maio ha tenuto con gli altri ministri grillini. Proprio sul superamento della Fornero ci sarebbe la resistenza più forte di Tria. Eppure, ricorda il M5s, è un punto chiave del contratto di governo. Insomma, serve una manovra con “dentro tutto”. Bisogna subito dare un segnale forte agli italiani sul fatto che quello in carica è un vero governo del cambiamento, è il ragionamento. Già dalle cifre, insistono dal M5s, gli italiani capiranno subito se sono stati presi in giro o il governo farà sul serio. E Di Maio, giurano dal suo staff, “assicura che fa assolutamente sul serio”.
L’impegno è quello di “pareggiare” la visibilità dell’altro vicepremier, dell’altro socio di maggioranza. Per questo il ministro dello Sviluppo insiste nella sua campagna di comunicazione: “Stiamo per approvare il reddito di cittadinanza” che permetterà a milioni di persone – ribadisce in un video su facebook – “madri e padri divorziati, professionisti che non arrivano a fine mese, pensionati che vanno a mangiare alla Caritas” di “tirare il fiato, di uscire dalla lotta quotidiana per arrivare a fine mese”. “Non buttiamo i soldi dalla finestra – assicura – per la prima volta nella storia d’Italia si cancellerà per sempre la povertà assoluta”. Il messaggio non è diretto solo agli elettori, ma ha molti destinatari: “Lo sappiamo che in tanti posti chiave dello Stato ci sono ancora uomini di partito, tecnocrati messi lì dai politici di un tempo che anziché eseguire quello che come governo gli chiediamo preferiscono mettere bastoni tra le ruoteperché per loro il cambiamento è un pericolo. E’ una battaglia che dobbiamo portare avanti, una zavorra del vecchio sistema di cui dobbiamo liberarci perché vogliamo che il nostro Paese spicchi il volo”.
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