L’associazione nazionale dei presidi non intende rispettare quanto contenuto nella circolare della ministra Giulia Grillo, ma al contrario farà riferimento solo a quanto stabilito dal decreto Lorenzin: ovvero a settembre i genitori dei bambini che andranno ai nidi e alle materne dovranno presentare il certificato di avvenuta vaccinazione rilasciato dalla Asl, altrimenti i piccoli non potranno frequentare. Il rinvio dell’obbligo di certificato è presente nel decreto Milleproroghe, che ha ricevuto solo il via libera al Senato e sarà approvato definitivamente in autunno. Anche per questo l’Anp ha preso posizione: “Il diritto alla Salute è prioritario, anche su quello all’Istruzione”, ha ribadito in una nota l’associazione dei presidi dopo che in giornata i delegati hanno partecipato a un incontro al ministero, presieduto dal capo di Gabinetto Alfonso Celotto. Il presidente dell’Anp Antonello Giannelli ha fatto presente all’amministrazione sanitaria “quello che tutti i colleghi già sanno e cioè che essi sono dirigenti dello Stato e Pubblici Ufficiali tenuti a rispettare e a far rispettare la Costituzione, le leggi e i principi di base dell’ordinamento. E che inoltre, per costante giurisprudenza della Cassazione Penale, essi sono anche titolari di posizioni di garanzia dell’incolumità di tutti coloro che frequentano gli ambienti scolastici”.
Secondo l’Anp, se il “decreto Lorenzin” fosse modificato nel senso ipotizzato, la presenza di bambini non vaccinati nelle scuole relative alla fascia di età 0-6 anni metterebbe a rischio la salute dei bambini che non si possono vaccinare e di quelli le cui difese immunitarie sono indebolite anche temporaneamente, a seguito di patologie varie”. Sulla possibilità di classi “differenziali”, composte dai soli bambini vaccinati in cui inserire i bambini immunodepressi, è stato ribadito il netto dissenso dell’Anp, “sia perché si porrebbe un grave problema di carattere organizzativo, legato alla composizione delle classi ed alla regola della continuità, sia perché i bambini non sarebbero comunque protetti nei momenti di ricreazione e nei numerosi spazi comuni e se ne violerebbe, di conseguenza, il diritto alla incolumità”.
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