Di Claudio Paudice
La crisi politica sull'immigrazione che sta affrontando in queste ore l'Unione cristiano-sociale tedesca e che rischia di trascinare con sé tutto il Governo Merkel IV fotografa plasticamente la distanza siderale tra i buoni propositi espressi a parole nei consessi dell'Unione Europea e le feroci divisioni che si celano all'interno dei singoli Paesi membri. La Germania, motore dell'Ue, non fa eccezione. Il ministro dell'Interno Horst Seehofer ha minacciato la cancelliera di andare avanti da solo nell'attuazione del piano sull'immigrazione adottando con decisione ministeriale le nuove norme se non sarà trovata una intesa soddisfacente per la Csu, partito gemello alla Cdu della Merkel ed espressione del lander della Baviera, sui respingimenti.
Seehofer è fautore della linea dura. Il suo piano, che doveva essere presentato martedì scorso ma poi slittato sine die a causa dei dissidi con la cancelliera, prevede respingimenti di massa di migranti non solo di coloro già respinti al confine tedesco che tentano di rientrare ma pure di quelli già registrati in altri Paesi Ue e di tutti quelli senza documenti validi. Una posizione troppo dura, che la cancelliera Merkel difficilmente riuscirebbe a sostenere a Bruxelles, consapevole che se dalla Germania arrivasse un segnale così aggressivo sul piano dell'immigrazione verrebbe letto come un "liberi-tutti" per gli altri Paesi, Italia inclusa visto il recente caso della nave Aquarius, ma anche per l'Austria. Alla Merkel non è piaciuto affatto quell'asse che ieri è stato saldato senza il suo placet tra il suo ministro all'Interno, l'omologo austriaco e Matteo Salvini, come annunciato dal premier austriaco Kurz. Non a caso ha provato a correggere la linea auspicando "una soluzione unitaria europea" della questione migranti. Nei fatti nel Governo tedesco si è creata una spaccatura che molti nella Csu non faticano a definire "storica" e forse insanabile.
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