L’autore ha studiato per otto anni le agende elettroniche del giudice, entrate e uscite troppo rapidamente dai processi sulla strage di Capaci, nonostante le richieste di approfondimento dei due consulenti che se ne occuparono, le cui perizie furono depositate nel 1992. Sono l’ingegnere Luciano Petrini (assassinato nel 1996, il colpevole non è mai stato preso) e il vicequestore aggiunto Gioacchino Genchi.
Dall’analisi delle agende, l’autore rivela un particolare inquietante inerente il marzo del 1992, quando una “circolare dei prefetti” allertava su un piano di destabilizzazione volto a colpire l’Italia, con attentati (puntualmente avvenuti) tra marzo e luglio. La notizia era emersa il 18 marzo (dopo il delitto di Salvo Lima del 12 marzo) giorno in cui Falcone si trovava a Palermo con Paolo Borsellino e con il presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Ma stranamente entrambe le agende elettroniche del giudice, su cui era annotato ogni suo impegno (perfino successivi alla sua morte) solo nel mese di marzo 1992 risultano completamente vuote. Nell’intero mese di marzo, quello dell’allarme sulla destabilizzazione dell’Italia, Falcone non risulta aver annotato nulla (nemmeno l’impegno con Cossiga e Borsellino) in alcuna delle sue inseparabili agende. E dire che il giudice rimase molto colpito dall’assassinio di Lima, tanto da scrivere su La Stampa: “Il rapporto si è invertito: ora è la mafia che vuole comandare. E se la politica non obbedisce, la mafia si apre la strada da sola”. Eppure sui suoi diari elettronici non appuntò nulla. Perché? E cos’accadde?
Ma non solo. Perché l’autore ricostruisce come Genchi e Petrini avessero recuperato l’appunto di un impegno a Washington di Falcone, datato tra la fine di aprile e gli inizi di maggio 1992. L’episodio fu sempre seccamente smentito dal ministero della giustizia nonostante diversi testimoni italiani e americani ne avessero parlato ben prima che i consulenti recuperassero l’appunto. Dal confronto tra le agende elettroniche e le dichiarazioni in aula dei testimoni, l’autore ha scoperto tuttavia come nessuno sappia ancora dire dove si trovasse Falcone tra fine aprile 1992 e i primi giorni di maggio, quando i suoi cellulari non chiamarono né ricevettero telefonate. Sullo sfondo spunta l’ipotesi di un incontro con Tommaso Buscetta perché, tempo dopo, il pentito, dal suo rifugio negli Stati Uniti fu in grado di profetizzare le stragi del 1993 al patrimonio artistico italiano prima ancora che i corleonesi decidessero di attuarlo. Cosa sapeva Buscetta? E perché lo sapeva? Era al corrente di un piano di destabilizzazione dell’Italia e ne aveva messo al corrente il giudice?
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