Di Paolo Mauri
Dal 2006 esiste una classifica generale degli eserciti più forti del mondo compilata annualmente da un sito, il Global Firepower, che utilizzando diversi fattori e basandosi su diverse fonti, alcune anche importanti come i report – pubblici – della Cia, stabilisce un coefficiente per ogni nazione che indica il suo valore militare complessivo.
Questo coefficiente è il frutto di analisi non solo prettamente militari, ma prende in considerazione anche fattori come la geografia, la forza lavoro, il debito pubblico, la popolazione complessiva, le risorse naturali.
Il ranking finale non dipende quindi solamente dal numero di armamenti, siano essi aerei, navi o carri armati, a disposizione, e nemmeno dal numero complessivo dei soldati, ma prevede un’analisi particolareggiata di questi ultimi premiando, ad esempio, la diversità degli arsenali: quindi schierare 100 unità contromisure mine non ha lo stesso valore tattico/strategico di mettere in campo 10 portaerei, pertanto il coefficiente in questo caso sarà differente.
Le stesse scorte di armi atomiche non vengono tenute in considerazione, ma le potenze atomiche riconosciute o sospettate (come Israele) hanno comunque un bonus, oppure quelle nazioni che non hanno uno sbocco sul mare non vengono penalizzate per non avere una Marina Militare, invece quelle dotate di una carente diversità degli asset navali lo sono.
Le stesse scorte di armi atomiche non vengono tenute in considerazione, ma le potenze atomiche riconosciute o sospettate (come Israele) hanno comunque un bonus, oppure quelle nazioni che non hanno uno sbocco sul mare non vengono penalizzate per non avere una Marina Militare, invece quelle dotate di una carente diversità degli asset navali lo sono.
Anche quegli Stati che fanno parte di alleanze, come la Nato, ricevono un bonus, secondo il principio che vuole che in caso di conflitto ricevano assistenza dai propri alleati aumentando quindi la propria capacità militare offensiva o difensiva.
Stabilità economica e popolazione sono altresì fattori determinanti per la classifica generale per ovvi motivi riconducibili ad una possibile efficienza dell’economia di guerra, secondo l’assunto che maggiore è la popolazione e più elevato il grado di industrializzazione più forte sarà la produzione durante un conflitto.
Viene quindi analizzato l’equilibrio totale di uno Stato: forze armate numerose, diversificate, con mezzi idonei a portare la guerra in terra, aria e mare, supportate da una economia florida, resiliente, e da una forza lavoro importante in una nazione dai confini difendibili occupano i primi posti della classifica.
Al primo posto troviamo, ovviamente, gli Stati Uniti. Secondo l’analisi di Global Firepower il personale militare totale americano ammonta a 2 milioni 83 mila uomini con 13362 velivoli (ad ala fissa o rotante) di ogni tipo, 5884 carri armati, 415 unità navali, una flotta mercantile di 3611 navi su 24 porti maggiori ed infine una forza lavoro di 160 milioni 400 mila persone.
Al secondo posto c’è la Russia con 3 milioni 586 mila uomini impiegati nelle forze armate, 3914 velivoli, 20300 carri armati, 352 unità navali, una flotta mercantile di 2572 navi su 7 porti principali ed una forza lavoro di 76 milioni 530 mila persone.
Al terzo posto troviamo la Cina con 2 milioni 693 mila uomini in divisa, 3035 velivoli, 7716 carri armati, 714 unità navali, 4287 navi mercantili su 15 porti principali, una forza lavoro di 806 milioni 700 mila persone.
Quarta è l’India, a seguire Francia, Regno Unito, Corea del Sud, Giappone, Turchia, Germania e all’undicesimo posto l’Italia subito prima di Egitto e Iran.
Per l’Italia i dati riportati dal sito sono: 287 mila uomini nelle Forze Armate; 828 velivoli di cui 90 da caccia, 186 da attacco, 425 da trasporto, 193 da addestramento; 200 carri armati e 10688 veicoli da combattimento armati (leggeri e medi), 164 pezzi di artiglieria semovente, 90 pezzi di artiglieria trainata, 21 lanciarazzi tipo Mlrs; la Marina vedrebbe un totale di 143 unità distribuite su 2 portaerei, 14 fregate, 4 cacciatorpediniere, 2 corvette, 8 sommergibili, 10 pattugliatori e 10 unità contromisure mine più altro naviglio tipo rifornitori d’altura, rimorchiatori, cisterne ecc. La nostra forza lavoro ammonterebbe a 25 milioni 940 mila persone e la nostra marina mercantile disporrebbe di 1430 navi con 9 porti principali.
Qui però cominciano le nostre perplessità in merito ai dati riportati. Per il nostro Paese, infatti tra gli effettivi vengono riportati anche 20 mila uomini della Riserva, ma sappiamo bene che questo numero resta solo sulla carta non essendo ancora entrata in vigore la riforma che prevede l’istituzione di una quota permanente per queste funzioni. Secondariamente, per quanto riguarda i dati della totalità del numero di uomini nelle FFAA, ci risultano, al 2017 secondo le fonti ufficiali del ministero della Difesa, circa 170 mila uomini a fronte dei 287 mila riportati dal sito. Per quanto riguarda le unità navali poi, nel 2017 queste ammontavano, secondo i dati ufficiali della Marina Militare, a 1 portaerei (nave Cavour), 4 navi anfibie (compresa nave Garibaldi) 4 cacciatorpediniere, 12 fregate, 2 corvette, 15 pattugliatori, 8 sommergibili, quindi una leggera discrepanza rispetto all’analisi di Global Firepower.
Ancora diversi i numeri dell’Aeronautica Militare: solo per la linea di attacco, infatti, ci risulta, come si legge nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa recentemente redatto, che i velivoli totali siano 254 (AMX e Tornado) compresi i 16 AV-8B della MM.
Ancora diversi i numeri dell’Aeronautica Militare: solo per la linea di attacco, infatti, ci risulta, come si legge nel Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa recentemente redatto, che i velivoli totali siano 254 (AMX e Tornado) compresi i 16 AV-8B della MM.
Nella stessa classifica troviamo Israele al 16° posto, il Pakistan, potenza nucleare al 17°, la Corea del Nord al 18°, l’Arabia Saudita al 26°, la Svizzera al 34°. Negli ultimi 4 posti ci sono Sierra Leone, Suriname, Liberia e, a chiudere in 136° posizione, il Bhutan.
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