DIDA La miniera di Bełchatów, Polonia, 2018. (Carlo Dojimi) |
Di Marina Forti
Il belvedere affaccia su una conca nerastra, percorsa da grandi tubature metalliche e macchinari industriali. È la miniera di lignite di Bełchatów, in Polonia: profonda trecento metri, lunga nove chilometri e larga tre. Un cartellone mostra ai visitatori la mappa del terreno e spiega che la miniera “cammina”, lo scavo avanza in direzione ovest. La lignite alimenta la centrale elettrica sul lato opposto della conca: un edificio imponente che racchiude decine di turbine, cinque torri di raffreddamento e due camini che rilasciano un fumo denso e scuro.
Bełchatów è la più grande centrale elettrica a carbone in Europa. E allo stesso tempo è un’anomalia. Con l’accordo sul clima firmato a Parigi nel 2015, l’Unione europea si è impegnata ad abbandonare il carbone, visto che è il combustibile più inquinante, è dannoso per la salute ed è la prima fonte di emissioni di anidride carbonica che riscaldano l’atmosfera terrestre.
Tra il 2025 e il 2030, secondo le ultime decisioni della Commissione europea, sarà eliminato ogni finanziamento pubblico per gli impianti a carbone. Ma la Polonia, con i suoi 38 milioni di abitanti, va in controtendenza: è l’unico paese europeo che progetta nuovi impianti e nuove miniere, in particolare di lignite, il carbone più inquinante.
L’argomento del governo polacco è semplice: il carbone assicura l’80 per cento dell’energia elettrica del paese – il 90, secondo il parlamento europeo. “È la base della nostra energia e non intendiamo abbandonarla”, ha detto il primo ministro Mateusz Morawiecki durante il suo discorso di insediamento, il 12 dicembre 2017. Ne ha fatto una questione di indipendenza energetica, contro l’ipotesi di importare gas naturale dalla Russia: l’ha chiamata “alternativa patriottica”.
Così, mentre il resto d’Europa comincia a disinvestire dal fossile nero, Varsavia annuncia nuove miniere e progetta di aggiungere oltre dieci giga watt di potenza alle sue centrali a carbone, di cui 3,2 in impianti attualmente in costruzione.
Morawiecki conta su una certa benevolenza: la Commissione europea permetterà al governo polacco di sovvenzionare le sue centrali a carbone. Inoltre, ha il sostegno di alcune grandi compagnie di assicurazione europee. Una rete di attivisti – tra cui l’organizzazione italiana Re:Common e Greenpeace – ha calcolato che Allianz, Munich Re e Generali dal 2013 a oggi hanno investito circa 1,3 miliardi di euro e sottoscritto almeno 21 contratti per assicurare alcune centrali a carbone in Polonia. Intanto però, delle cinquanta città più inquinate d’Europa, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, trentacinque sono in Polonia. Tra queste c’è anche Katowice, 300 chilometri a sud di Varsavia, capoluogo del Voivodato della Slesia, che per ironia della sorte nel dicembre 2018 ospiterà la conferenza delle Nazioni Unite sul clima.
Gli attivisti e il governo
“Abbiamo urgente bisogno di una transizione energetica”, dice Ewa Sufin-Jacquemart, che nel 2011 ha contribuito a fondare Strefazieleni (Zona verde), una delle prime associazioni ambientaliste in Polonia. “Ma il nostro governo continua a promettere solo carbone. Nessuna strategia per l’efficienza energetica, nessuno standard sui carburanti, le energie rinnovabili sono addirittura ostacolate. Il governo ci dice che consumare carbone è segno di crescita economica e quindi va bene”. Osserva che su una cosa si trovano d’accordo i due principali partiti del paese, Piattaforma civica (liberali) e Diritto e giustizia (destra nazionalista): sostenere l’industria carbonifera.
“Abbiamo urgente bisogno di una transizione energetica”, dice Ewa Sufin-Jacquemart, che nel 2011 ha contribuito a fondare Strefazieleni (Zona verde), una delle prime associazioni ambientaliste in Polonia. “Ma il nostro governo continua a promettere solo carbone. Nessuna strategia per l’efficienza energetica, nessuno standard sui carburanti, le energie rinnovabili sono addirittura ostacolate. Il governo ci dice che consumare carbone è segno di crescita economica e quindi va bene”. Osserva che su una cosa si trovano d’accordo i due principali partiti del paese, Piattaforma civica (liberali) e Diritto e giustizia (destra nazionalista): sostenere l’industria carbonifera.
“Da un paio d’anni però si parla molto di smog”, continua l’attivista. “L’inquinamento atmosferico è diventato un tema di conversazione. Senti discutere di allerta smog, di benzo(a)pirene e di particolato, ci sono perfino nuove app che misurano l’inquinamento”. Il 22 febbraio la Corte di giustizia dell’Unione europea ha condannato la Polonia per aver ripetutamente superato i limiti di inquinamento atmosferico tra il 2007 e il 2015.
Per evitare sanzioni, Varsavia ha annunciato nuove misure antismog, con incentivi per migliorare l’isolamento termico delle abitazioni. “In realtà il governo non vuole imporre standard sui carburanti e sui combustibili domestici”, osserva Łukasz Adamkiewicz, ricercatore di Fundacja #13 (Fondazione #13), un centro di studi sul clima e le energie rinnovabili. È diverso al livello locale, spiega: alcune regioni hanno cominciato a imporre norme più strette per i sistemi di riscaldamento. “Gli scarti di carbone, quelli troppo impuri per andare nelle centrali elettriche, sono venduti a un prezzo più basso per riscaldare le abitazioni. È un guadagno importante per le compagnie minerarie, e il governo non vuole levarglielo”.
Fonte e articolo completo: https://www.internazionale.it/reportage/marina-forti/2018/04/16/carbone-polonia-generali-italia
Articolo visto anche su http://www.labottegadelbarbieri.org/polonia-come-si-vive-circondati-dal-carbone/
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