Di Lorenzo Vita
A Gerusalemme fremono i lavori in vista dello spostamento dell’ambasciata degli Stati Uniti voluto da Donald Trump. E Israele si aspetta una reazione a catena di Stati che seguano la linea del presidente Usa.
Il ministro dell’Edilizia Yoav Galant ha incaricato i più alti funzionari del suo ministero di iniziare il programma di pianificazione di un nuovo quartiere per le ambasciate da Paesi di tutto il mondo che sarà costruito a Gerusalemme. Il ministro lo ha rivelato oggi, da New York, dove aspetta di parlare alla Jerusalem Post Conference di domenica prossima.
Il progetto è molto ampio. Come riporta il Jerusalem Post, Anche prima dei progressi compiuti questa settimana con il possibile spostamento delle ambasciate della Repubblica ceca, della Romania e dell’Honduras, Galant aveva inviato una lettera al direttore generale del ministero dell’Edilizia Hegai Roznik e al capo architetto Vered Solomon-Maman. Una lettera in cui si chiedeva di formare una task force che avrebbe avuto come obiettivo quello di individuare un’area dove costruire tutte le nuove ambasciate.
“Potremmo dover costruire dozzine di ambasciate e avremmo bisogno di una nuovo terreno pronto per questo scopo. Ho chiesto al mio ministero di agire vigorosamente il più velocemente possibile. “
Interessanti anche le scelte dei nomi. Galant ha suggerito un paio di nomi possibili per l’area in cui saranno costruite le ambasciate. Inizialmente, si era parlato di un nome neutro: Embassy Town. Poi la mossa che spiazza tutti, ma che allo stesso tempo attrae per il grande significato politico: Trump Town.
Una scelta molto significativa che, tra l’altro, non è sarebbe neanche una prima assoluta di un luogo dedicato al presidente Usa. Il ministro dei trasporti israeliano Yisrael Katz ha annunciato a dicembre che avrebbe nominato la nuova stazione ferroviaria “Donald Trump” proprio in onore del presidente che ha voluto spostare per primo l’ambasciata a Gerusalemme, riconoscendo la città come capitale di Israele..
Una mossa politica? Indubbiamente. Conosciamo anche una certa dose di vanità del presidente degli Stati Uniti. E non è difficile credere che, questa scelta, sarebbe una mossa molto utile da parte israeliana per fortificare ancora di più i legami già molto solidi con l’attuale amministrazione degli Stati Uniti.
I legami di Trump con Israele sono forti, anche se l’uscita di scena di Jared Kushner ha un po’ raffreddato i rapporti personali fra la Casa Bianca e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. La decisione di Trump di voler ritirare le truppe Usa dalla Siria era stata un’altra crepa nei rapporti fra Washington e Tel Aviv, ma il governo israeliano sembra pronto a voler ricucire i rapporti forgiando una solida base umana, prima ancora che politica, con il presidente degli Stati Uniti.
La “Trump Town” può effettivamente cambiare la politica americana in Medio Oriente? Difficile a dirsi. Certo è che la personalizzazione della politica Usa ad opera del suo presidente apre scenari complessi: anche che questa “captatio benevolentiae” possa effettivamente modificare i progetti Usa nella regione.
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/gerusalemme-trump-town/
Fonte: http://www.occhidellaguerra.it/gerusalemme-trump-town/
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