Google è al lavoro su un ultimo disperato tentativo di risolvere un problema con cui fa i conti da anni: offrire un unico e chiaro sistema per scambiarsi messaggi tramite Android. L’idea è farlo con un approccio radicale e molto ambizioso: uccidere gli SMS per come li conosciamo oggi e rimpiazzarli con un nuovo “standard” che si chiama RCS, disponibile da un decennio e sostanzialmente abbandonato a se stesso.
Google in un certo senso rinuncerà ad avere una propria app come iMessage su iOS (Apple) o Facebook Messenger, delegando agli operatori telefonici buona parte della gestione degli scambi di messaggi su Android. Il sistema si chiamerà semplicemente “Chat” e porterà probabilmente alla fine di altri esperimenti tentati di recente da Google, compresa l’app per messaggi Allo su cui riponeva molte speranze. La novità è stata raccontata in un lungo articolo da Dieter Bohn di The Verge, che ha avuto informazioni in esclusiva da Google e ha avuto la possibilità di vedere una prima versione del nuovo sistema.
Formalmente Chat non è una nuova applicazione, ma un modo diverso di far funzionare “Messaggi”, l’app predefinita di Android. È basata su Rich Communications Services (RCS), sistema proposto per la prima volta nel 2007 per aggiornare quello degli SMS, dando la possibilità di avere messaggi senza il limite dei 160 caratteri e più ricchi di contenuti multimediali evitando gli MMS, che non hanno mai preso molto piede (soprattutto per gli alti costi richiesti dai gestori per il loro utilizzo).
Anche se gli utenti non noteranno molte differenze, almeno all’inizio, Chat è un cambiamento molto importante per il mercato della telefonia: il servizio non è sotto il controllo di Google, ma degli operatori telefonici. L’introduzione del nuovo sistema non avverrà quindi nello stesso momento per tutti i proprietari di uno smartphone Android: il passaggio dipenderà dai tempi e dalle modalità scelte dai singoli operatori. Google cercherà comunque di coordinare l’iniziativa il più possibile e, secondo diversi osservatori, si è infilata in un’avventura difficile e piena di imprevisti.
Google è riuscita nello sforzo di mettere d’accordo 50 tra i più grandi operatori di telefonia mobile al mondo e una decina di produttori di smartphone, che come noto si fanno una concorrenza piuttosto spietata per prevalere in un mercato molto competitivo. Hanno tutti concordato sull’adozione del nuovo standard, ma è difficile prevedere quale sarà il loro impegno effettivo. A giudicare dagli insuccessi degli ultimi anni, Google non aveva comunque molte alternative.
La storia delle app di Google per scambiarsi messaggi è costellata di grandi lanci commerciali e cocenti insuccessi. Nel 2005 Google Talk fu accolto con favore perché offriva un sistema semplice per conversare online, utilizzando il proprio account Google. Le cose si fecero più complicate tre anni dopo, quando arrivò Android e la società pensò di offrire Google Talk sugli smartphone, oltre al servizio SMS. Fu allora che iniziò a diventare evidente un problema rimasto irrisolto per quasi dieci anni: più app per messaggi prodotte dalla stessa società, Google, e fonte di continua confusione tra gli utenti, perché sostanzialmente facevano le stesse cose, ma in modi diversi.
Nel 2011 Google complicò ulteriormente le cose con il lancio di Google+, il suo fallimentare social network. Aveva al suo interno un sistema di chat e uno per le videoconferenze tramite la nuova app Hangouts. Due anni dopo Google provò a mettere ordine lanciando Google+ Hangouts, app che metteva insieme altri precedenti sistemi per scambiarsi i messaggi. Poi nel 2016 tentò nuovamente di rilanciare i suoi servizi di chat, anche vista la concorrenza di iMessage su iOS, WhatsApp e le altre applicazioni per la messaggistica su Android. Presentò prima Messenger su Android per i soli SMS, segnando la fine parziale di Hangouts, in seguito annunciò due nuove app: Allo per scriversi e Duo per le videochiamate. La prima non ha mai ottenuto un vero successo mentre la seconda ha avuto qualche risultato positivo in più, soprattutto perché rendeva possibile l’avvio di chiamate video in modo molto semplice non solo tra telefoni Android, ma anche tra Android e iOS.
Google sembra avere preso infine coscienza dei numerosi fallimenti sei mesi fa, quando ha incaricato Anil Sabharwal di provare a risolvere una volta per tutte il problema. Sabharwal lavora in Google da diversi anni ed è considerato il principale artefice del successo di Google Foto, servizio per conservare le proprie fotografie online, cercarle e consultarle facilmente e condividerle con i propri amici. A The Verge, Sabharwal ha raccontato di essersi messo al lavoro cercando di analizzare l’esistente su Android. Si è reso conto che l’app Messaggi, quella predefinita per gli SMS su buona parte degli smartphone (Samsung ne usa una propria), ha circa 100 milioni di utenti attivi ogni mese. Questo perché non sempre è possibile comunicare con qualcuno tramite WhatsApp o Messenger, e quando succede gli utenti tornano agli SMS. Secondo Sabharwal ogni anno vengono inviati circa 8mila miliardi di SMS in tutto il mondo.
Alla fine Sabharwal si è persuaso che fosse arrivato il momento di smetterla di provare a creare nuove app per i messaggi: “Ci sono un sacco di formidabili prodotti per la messaggistica là fuori. Solo perché Google vorrebbe esserne parte non è un motivo per investire o costruire prodotti. Noi creiamo prodotti perché pensiamo che possiamo offrire migliori esperienze agli utenti”.
In realtà, la decisione è stata influenzata dal fatto che arrivata a questo punto Google non aveva più molte alternative. Se avesse provato a copiare iMessage si sarebbe messa nei guai, perché Android non è pensato come iOS per funzionare su un solo tipo di smartphone e tablet, sotto il controllo di una sola azienda. Android è impiegato da decine di produttori diversi, che lo personalizzano e installano sui loro smartphone, spesso coinvolgendo gli operatori telefonici che a loro volta aggiungono ulteriori funzionalità. Far digerire a tutti i produttori e operatori un’unica app per SMS e messaggi sarebbe stato impensabile e probabilmente avrebbe portato a qualche rappresaglia, danneggiando le opportunità commerciali che Google ottiene offrendo i suoi servizi su Android, attraverso il meccanismo della raccolta dei dati e della pubblicità. Google avrebbe potuto probabilmente farlo se avesse avuto un’app di enorme successo per i messaggi da qualche anno, ma la storia è andata diversamente.
L’unica vera cosa in comune tra tutti i produttori e operatori che adottano Android, con versioni e personalizzazioni diverse, era lo standard SMS: Google è partita da lì per provare a cambiare le cose. Anche se fermo da dieci anni e senza grandi opportunità per un radioso futuro, RCS è sembrato l’evoluzione più adatta. Senza dare troppo nell’occhio, per un paio di anni Google ha lavorato a “Universal Profile”, un progetto che ha coinvolto gli operatori per spingerli a usare sistemi e standard condivisi per assicurare il corretto funzionamento di RCS. Con l’arrivo di alcune grandi aziende di telefonia, come AT&T e Verizon, altri operatori si sono aggiunti, allettati dalla prospettiva di mantenere un controllo sui messaggi e di non restare tagliati fuori come accaduto con WhatsApp, Telegram, Signal, Messenger e le altre app per messaggi che sfruttano i piani dati.
A oggi rimane imprevedibile l’approccio commerciale che ogni compagnia telefonica deciderà di seguire. Google si aspetta che per Chat non siano applicate tariffe come per gli SMS, ma che si preferisca una modalità basata sui pacchetti dati simile a WhatsApp. È però un auspicio, non una condizione vincolante ed è completamente fuori dal controllo di Google. Gli operatori potrebbero decidere di seguire strade diverse, applicando tariffe specifiche o unendo il servizio ad altre offerte commerciali. Gli utenti avrebbero sempre la possibilità di non usare RCS e rifugiarsi dentro WhatsApp, ma questo segnerebbe un fallimento dell’iniziativa sostenuta da Google.
RCS ha inoltre un altro problema non trascurabile: come per i tradizionali SMS, non offre grandi protezioni sulla tutela dei dati. Gli operatori possono avere accesso al contenuto dei messaggi e potrebbero essere costretti a diffonderli alle autorità, nel caso di indagini, o a chi si occupa della censura nei paesi con governi antidemocratici. In questo senso, RCS offre meno garanzie rispetto a WhatsApp e allo stesso iMessage di Apple (iMessage ha lo stesso problema solo quando il ricevente non ha un iPhone e quindi riceve un SMS al posto di un messaggio criptato trasmesso tramite i server di Apple, che non può accedere al loro contenuto, anche se lo volesse). Apple per ora non sembra essere interessata alla novità, quindi un messaggio tramite Chat verso iPhone sarebbe consegnato come un normale sms, come avviene già ora tra Messaggi Android e iMessage.
Non è chiaro in che tempi avverrà il passaggio a Chat per tutti e probabilmente ci sarà qualche imprevisto, considerato che ogni operatore e produttore di smartphone avrà una certa autonomia sui tempi. Google confida comunque di coordinare l’introduzione della novità e di avere entro un anno tutte le principali società coinvolte, a partire da Samsung, il più grande produttore di smartphone al mondo. Se tutto andrà liscio, centinaia di milioni di persone in tutto il mondo potranno scambiarsi messaggi più facilmente, con un sistema universale e che coinvolge la maggior parte dei proprietari di smartphone.
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